Storie di donne, letteratura di genere/ 529 – Di Luciana Grillo
Veronica Ronchi, «Donne ai vertici» – Storie di donne capaci di mettersi al servizio degli altri con competenza, determinazione e generosità
Titolo: Donne ai vertici. Sguardi ed esperienze di
ventidue cooperatrici
Autrice: Veronica Ronchi
Editore: Scripta, 2021
Pagine: 230, Brossura
Prezzo di copertina: € 18
«Donne ai vertici» è una preziosa pubblicazione di «Donne in cooperazione» di Trento che raccoglie le testimonianze di tante donne che hanno fatto della cooperazione un loro modus vivendi, intervistate da Veronica Ronchi.
Nell’introduzione Elsa Fornero apprezza tanto le storie raccontate, «che esprimono anche, e sempre in forma non enfatica, amore per la terra di origine o nella quale sono immerse le radici familiari; sensibilità operosa nei confronti della comunità di appartenenza; professionalità e impegno nel lavoro».
È il primo libro che mette al centro le donne della cooperazione, in una società prevalentemente pensata al maschile dove le donne sono spesso marginalizzate, costrette ad essere caregiver, ignorate dai media, guardate più che ascoltate, vittime quasi quotidianamente di femminicidi, dove la medicina è «tarata» sul maschio…
Altre annotazioni interessanti toccano il tema dell’impegno politico, della disuguaglianza salariale, delle carriere che non raggiungono il soffitto di cristallo.
E dopo un’ampia disanima sugli obiettivi del lavoro di ricerca, si arriva alle testimonianze dirette di ventidue donne cooperatrici.
Posso citarne solo alcune, e per prima una persona davvero speciale, scomparsa poco più di un anno fa, Graziella Anesi che, benché affetta da una patologia severamente limitante, si è impegnata sia per l’abbattimento delle barriere architettoniche, sia per dare lavoro e dignità a chi è diversamente abile.
Ha fondato prima la cooperativa «Siarta», ha insegnato per conto dell’Agenzia del Lavoro, ha fondato poi e presieduto la cooperativa HandiCREA, che ha «raccolto tutte le leggi sui disabili… proposto alla Provincia un accordo e recentemente vinto un bando che ci assegna gli sportelli», si è impegnata in politica, con straordinaria dedizione e incredibile ottimismo: racconta con semplicità la sua vita, l’amore dei familiari, l’apprendimento dell’informatica, l’arrivo della carrozzina a motore (e la conseguente indipendenza!).
Con apprezzabile ironia racconta vari episodi in cui l’interlocutore «dava per scontato che io non fossi quella che cercava… Quando è andato via, ormai ci davamo del tu, io gli ho detto: “ti aspettavi una donna alta, bionda e bellissima?” E lui ha risposto: “Effettivamente sì”».
Quanto alla condizione femminile, Graziella sa che le donne che lavorano fuori casa hanno una vita complicata, tanti doveri, tante incombenze e sostiene che «bisognerebbe favorire maggiormente le politiche per la famiglia… cambiare la cultura maschilista che sbeffeggia le donne che lavorano… oltre a quella fisica, c’è questa quasi violenza verbale, un po’ nascosta, che non si vede ma si sente».
E le quote rosa non la convincono, «non credo che questa sia la strada… valorizzare le donne non in quanto donne… Io ho condiviso le idee femministe, ho anche marciato con le femministe di una volta, che volevano il diritto al divorzio, all’aborto e alla parità. Io oggi penso che questi movimenti non debbano essere più femminili, ma movimenti condivisi per i diritti di tutti… bandiere di tutti.»
Le domande si susseguono, ce n’è una sul post-pandemia e un’altra sulla cooperazione, sull’associazionismo femminile – a cui Graziella non risponde – e sull’essere donna («Vivo una condizione di diversità molto marcata… è tutto più difficile… l’approccio verso un uomo o una donna è diverso. Non ne faccio una colpa, è uno stereotipo. Bisogna sgomitare per farsi valere e se fossi nata uomo sarebbe stato meno difficile. Però sono contenta di essere donna. Non aggredisco: aspetto, guardo, rifletto»).
Di altre trascrivo brevi note, per non tediare lettrici e lettori.
È complicato scegliere fra tante donne che hanno risposto con sincerità disarmante alle domande.
Scelgo qualche profilo originale: Diana Sartori ha lavorato nei teatri di produzione – tra cui il Piccolo di Mlano e la storica cooperativa Teatro dell’Elfo prima di trasferirsi nelle montagne biellesi dove amministra una cooperativa di produzione e lavoro; Elena Palma Silvestri, sociologa con Master di secondo livello in Direzione, Management e Coordinamento delle strutture sanitarie e socioassistenziali territoriali, opera da venticinque anni nel Terzo Settore ed è Presidente del Consorzio di cooperative sociali «La rada», della cooperativa sociale «La città della Luna» di Salerno e membro del CdA del Gruppo Cooperativo “Gino Mattarelli”; Francesca Gennai, sociologa toscana, vive in Trentino ed è Presidente della cooperativa «La Coccinella» che gestisce asili nido, Vicepresidente del Consorzio Con.Solida e della Fondazione Demarchi; Iolanda Cerrone, napoletana trapiantata in Calabria dove ha fondato la cooperativa «L’isolachenonc’era» di cui è Presidente e Coordinatrice Pedagogica, si occupa di scuola e servizi per l’infanzia, è Vicepresidente di Coonfcooperative Calabria e referente del comitato educativo 0-6 Calabria, gruppo di servizi educativi nato durante la pandemia.
Leggendo le storie di queste donne, non soltanto ne ho apprezzato la grinta, la tenacia, il coraggio, ma ho anche capito che in ogni angolo d’Italia c’è una donna capace di mettersi al servizio degli altri con competenza, determinazione e generosità.
Luciana Grillo - [email protected]
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