«Storie di donne»: a Davide Bacchilega il primo premio

La cerimonia di premiazione si è svolta sabato 25 maggio all’auditorium di Palazzo dei Panni di Arco

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Il racconto «Invece di notte» di Davide Bacchilega (Lugo, RA) ha vinto il primo premio del concorso letterario «Storie di donne».
La cerimonia di proclamazione dei vincitori e di premiazione si è svolta sabato 25 maggio all’auditorium di Palazzo dei Panni, intervallata da intermezzi musicali lirici di Alessandra Borin e dalla lettura di estratti dei racconti premiati.
Organizzato dalla biblioteca civica «Bruno Emmert» in collaborazione con l'ospedale San Pancrazio, il concorso, giunto alla diciannovesima edizione, è aperto a tutte e tutti. I partecipanti concorrono con racconti brevi (non oltre novemila battute) dedicati alla vita, alle esperienze e ai sogni del mondo femminile.
Secondo posto per il racconto «Lettera aperta» di Leonardo Taddei (Prato); terzo per «Macbeth nella nebbia» di Alessandro Frailis (Sardegna).
 
«Una storia straordinariamente commuovente raccontata attraverso espedienti letterari efficaci e dinamici –recita la motivazione della giuria – il racconto parte con una descrizione della città notturna, chi legge sembra fluttuare dall'alto e avvicinarsi mano a mano alla scena principale.
Una storia di riscatto sociale e amore familiare che fa sperare a tutti noi in un futuro più roseo per chi soffre nel presente.
Si aggiudica il primo premio della sezione generale grazie all'originalità della trama e alla maestria nella scrittura».
 
Oltre alla sezione generale, c’è una sezione speciale promossa in collaborazione con l’ospedale San Pancrazio, dedicata quest’anno a due temi: «donne e comportamenti da dipendenza» (alcool, gioco d’azzardo, social media e tutti i comportamenti che si possano considerare dipendenze) e «donne come vittime di genere» (violenza domestica, violenza psicologica, stalking, molestie, mobbing).
 
Per il tema «donne e comportamenti da dipendenza» il primo premio è andato a «Senza ombrello, in comunità» di Bruno Centomo (Santorso, VI):
«Il cuore della farfalla batterà! – si legge nella motivazione della giuria. – Un bel messaggio di speranza e di buon auspicio si fa largo fra le storie drammatiche delle compagne di comunità.
«Le coinvolgenti descrizioni di queste persone e le belle immagini metaforiche scelte, forniscono una valida rappresentazione di esistenze al limite.
«Con la narrazione in prima persona l’autore fa vivere alla protagonista una esperienza di vita molto particolare e normalmente fuori dagli sguardi di molti.
«Assieme al messaggio di cauta, quanto realistica, speranza, trapela un caldo invito al cogliere tutte le possibilità per praticare la cura di sé.»
 
Secondo premio a «Basta un passo» di Francesca Boi (Quartu Sant’Elena, CA); inoltre, la giuria ha segnalato un ulteriore racconto, «Mascherarsi per scoprirsi» di Ambeta Gojani (Chiari, BS).
Per il tema «Donne come vittime di genere» il primo premio se l’è aggiudicato «Anna» (o «Dagli occhi di lui») di Agnese Garufi (Torino), con la seguente motivazione:
«Ho paura che ci veda qualcuno. Spero che qualcuno arrivi ad aiutarci… è anche con contraddizioni come questa che l’autrice riesce a rendere questa storia cosi coinvolgente e a portare un tema così grave e controverso.
«C’è poi il ricorso alla narrazione dei due punti di vista, prima quello di lui, poi quello di lei a dare ulteriore supporto alla suggestione. Il brano si chiude con un finale che, a mio modo di vedere, non è completamente rassicurante.
«Si lascia intendere che la relazione si concluda senza troppe sbavature, la realtà ci racconta però quali derive si possano raggiungere in situazioni come questa e non ci consente di immaginare la prosecuzione della vicenda come risolta».

Terzo premio a «Noi, come le case di Riva» di Luigiandrea Luppino (Altopiano della Vigolana).
 


 Le altre motivazioni  
«Lettera aperta» di Leonardo Taddei. Un racconto che convince sia per la fluidità della narrazione sia per l'argomento trattato, che mette in luce il delicato rapporto madre e figlia a confronto sul tema della discriminazione femminile.
Il gap generazionale sembra apparentemente creare distanza, ma la scelta finale conferma la forza solidale che nasce fra donne impegnate a difendere fino in fondo i propri diritti e la propria dignità.
 
«Macbeth nella nebbia» di Alessandro Frailis.
Abbiamo assegnato il terzo premio al racconto «Macbeth nella nebbia» per il modo in cui il testo dà voce, in maniera credibile ed efficace, ad un profondo doppio dolore: uno più recente, la perdita della propria casa a seguito di un terremoto, uno più antico, la scomparsa della madre a seguito della malattia.
Questo sentimento è stato messo in scena dall’autore con uno stile in crescendo consapevole e incisivo, che descrive l’evoluzione dei sentimenti della protagonista in modo naturale, passando dallo smarrimento all’accettazione e alla consapevolezza, fino ad arrivare alla speranza e alla volontà di rialzarsi e ricostruirsi.
Si parla di una tragedia che è allo stesso tempo un’occasione per ricominciare, presentata con uno stile informale e diretto ma non esente da immagini vivide e ben riuscite: «Demoliranno insieme a lei tutto ciò che ero prima del terremoto».
 
«Basta un passo» di Francesca Boi.
Cronaca di un naufragio. Questo è un possibile titolo di questa bella storia che riporta efficacemente le drammatiche vicissitudini di una donna che si rivolge all’alcol come perversa risposta ad un lutto. Il tonfo viscerale arriva non appena si comprende il coinvolgimento di una neonata.
L’instaurarsi nella madre di una problematica di alcol dipendenza rischia seriamente di portarsi via anche lei, per fortuna l’autrice vuole un finale positivo e, almeno parzialmente, risolutivo! Le due naufraghe vengono soccorse e tratte in salvo.
 
«Mascherarsi per scoprirsi» di Ambeta Gojani.
Il brano propone uno sguardo addentrato in una vicenda alquanto realistica con a tema il mondo dei social media e l’esasperata attenzione all’aspetto esteriore come quasi unico metro di giudizio del proprio valore.
L’autrice propone una svolta verso la realtà facendo preferire alla protagonista l’autenticità, pur con i suoi difetti, rispetto al mondo virtuale, facilmente filtrato e modificato a nostro piacimento alla ricerca spasmodica di offrire agli altri la migliore versione possibile di noi o di quello che ci piacerebbe essere.
 
«Noi, come le case di Riva» di Luigiandrea Luppino.
Non è chiaro che fine faccia lui, d’altra parte sembra ricevere ciò che si merita. La storia è avvincente e particolarmente realistica, l’ambientazione ci riporta nella Riva degli anni Settanta.
Ebbene sì, c’era la violenza sulle donne anche a quel tempo! L’autore ci accompagna efficacemente nell’immedesimazione di ciò che accade ad una donna vittima di violenza agita dal marito.
Fortunatamente erano gli anni Settanta e le cose stavano cambiando. L’aiuto di alcune altre donne non tarda ad arrivare, il terremoto fa il resto.
Nasce dunque il parallelismo appropriato fra il terremoto reale e quello metaforico riferito alla violenza subita.