L’identità sarebbe l’unico valore vero di una casa editrice
Prendere un'idea e trasformarla in un oggetto: è questo il lavoro dell'Editore
Gian Arturo Ferrari, direttore
generale della Divisione Libri del Gruppo Mondadori, era la persona
giusta per inserirsi nel tema del Festival dell'Economia e
sviscerare quel che significa oggi "Identità", anche in epoca di
crisi, per le grandi imprese editoriali. Per la serie di incontri
"Intersezioni", Ferrari, introdotto da Stefano Salis come un
"filosofo della scienza prestato al mondo editoriale", ha tenuto
una vera e propria lezione di storia su come il libro e tutto il
mondo che gli gira attorno è andato sviluppandosi, evolvendosi e
cambiando a partire da tremila anni fa (quando con la diffusione
dei poemi omerici nasce anche l'idea di "libro") per giungere fino
ai successi e ai problemi di oggi, ai best seller, anzi, ai "mega
seller" di Stieg Larsson, di Saviano, di Stepheny Meyer oppure di
Khaled Hosseini, sulla cui origine però rimangono ancora molti
misteri.
Tremila anni fa nacque il libro: ha esordito così Gian Arturo
Ferrari di fronte ad un uditorio numeroso, attento e, soprattutto,
mediamente giovane.
«Nasce quando cominciano a circolare i poemi omerici e continua a
diffondersi in tutto il mondo via via conosciuto, fino verso la
seconda metà del Cinquecento.»
Se fino al Rinascimento per fare una sola copia di un libro ci
volevano un intero gregge di pecore per procurarsi le pergamene e
la vita intera di un uomo per realizzare fisicamente il grosso
volume, «a partire dall'invenzione dei caratteri mobili per la
stampa e dall'introduzione della carta, nasce la prima idea di
editoria».
Una strana editoria, quella che dalla fine del sedicesimo secolo
fino alla fine del diciannovesimo si diffonde prima in Europa e poi
in America: «Era un'editoria che assommava in sé anche le funzioni
dello stampatore e quelle del libraio. Dobbiamo attendere proprio
la fine dell'Ottocento perché l'editore si liberi delle macchine
tipografiche e affidi ai librai la vendita dei suoi libri: nasce
insomma l'editore puro».
Tutto il Novecento è stato, per l'Italia, ma pure per il vecchio e
il nuovo continente, una storia scritta anche dagli Editori, che
hanno subito capito una cosa.
«L'editore è colui che il libro non lo scrive, non lo stampa e non
lo vende - ha avvertito Ferrari. - E dove sta allora la sua
funzione? Qual è la sua importanza? Che ci sta a fare, l'Editore?
L'Editore è quella persona o, meglio, quel gruppo di persone, è
insomma l'impresa che prende un'idea, prende un testo scritto da un
autore e lo trasforma in un oggetto, in un prodotto.»
E la forza di questo prodotto dove sta? Che cosa spinge i lettori
ad acquistare questo piuttosto che quel libro?
«La forza di un libro sta nell'identità della sua casa editrice,
sta nella storia della griffe editoriale, sta nella credibilità di
chi il libro lo confeziona. Ogni casa editrice che ha percorso il
Novecento ed è sopravvissuta fino ad oggi ha subito compreso che
per poter resistere sul mercato doveva puntare su un'identità
unica, originale, riconoscibile, vendibile. Ed ogni casa editrice,
almeno quelle che hanno avuto successo, questa identità se la sono
costruita in modo quasi mitico".»
Ecco il gruppo di giovani torinesi dar vita alla Einaudi,
individuando in Giulio Einaudi il proprio eroe fondatore, mentre la
sua missione era quella di diffondere in modo pedagogico libri su
libri per educare gli italiani e per riscattarli
dall'ignoranza.
Diversa fu l'identità della Mondadori, ma simile la costruzione del
mito: «Arnoldo Mondadori, con la sua istruzione ferma alla seconda
elementare, fu l'eroe fondatore, mentre la missione editoriale
nacque dalla necessità di dare all'Italia e agli Italiani una
grande casa editrice che fosse capaci di riscattarli dalla
povertà.»
E siamo all'oggi.
«La questione dell'identità - ha proseguito Gian Arturo Ferrari,
virando decisamente a questo punto sulla sua esperienza personale
alla Mondadori, - mi porta a dire che, a maggior ragione in una
nazione che legge poco come l'Italia e che oggi è pure in crisi, le
diverse case editrici devono affinare le proprie identità.
«Dirò di più. La Mondadori, in realtà, è una compagine che
controlla più case editrici. Bene, la nostra scelta è stata ed è
quella di conservare e di valorizzare quelle singole identità: ogni
nostra casa "consorella" ha il proprio marchio, il proprio brand,
la propria storia, ognuna è una società autonoma con propri
autonomi piani editoriali. E facciamo questo non tanto perché noi
si sia buoni o generosi, ma perché l'identità è veramente l'unico
valore reale e monetizzabile che una impresa editoriale
possegga.»
Ma l'identità la si misura anche su cose molto più concrete.
«È vero. L'identità nasce dal modus operandi di ogni editore. C'è
chi, come noi di Mondadori, puntiamo sulla scelta degli autori e
sulle logiche di diffusione di un libro, mettendo in secondo piano
ad esempio la fisicità del volume, il suo apparato grafico, la sua
riconoscibilità aziendale, mentre altri, come ad esempio Einaudi,
puntano a identificarsi e a caratterizzarsi con la veste fisica del
libro. Un libro Einaudi lo vedi subito da lontano, lo distingui per
il carattere tipografico, per la scelta dell'immagine di copertina,
anche se questa scelta deve presupporre comunque una scuderia di
autori di prim'ordine.»
E il best-seller? Lo si può costruire a tavolino? Ferrari a questo
punto lascia aperte molte strade.
«Per me il best seller è il libro che vende mediamente 100mila
copie ed è il frutto raro, è il risultato sperato di quel progetto
editoriale che abbiamo fin qui sinteticamente descritto. Il vero
fenomeno dei nostri tempi però è il libro che vende un milione, tre
milioni, cinque milioni di copie, è quello che noi chiamiamo il
mega seller alla Stieg Larsson, alla Saviano, alla Stepheny Meyer,
alla Khaled Hosseini...»
E come nasce questo fenomeno?
«Difficile rispondere: forse il mega seller nasce da internet e dal
passa parola che in rete provoca vere ondate di vendite, degli
tsunami che investono le librerie; forse nasce dal grande pubblico
degli adolescenti che viaggiano preferibilmente su internet, oppure
dai grandi punti di vendita che trattano i libri come i
supermercati trattano i detersivi, facendo ruotare e mettendo nelle
posizioni migliori delle librerie i titoli che via via tirano di
più... Forse dipende da un mix di queste ragioni, ma se mi
chiedeste di essere più preciso, mi troverei in difficoltà.»
Ma vivrà ancora il libro? Ha un futuro la carta stampata?
«La concorrenza del digitale e dell'informatica è grande,
l'evoluzione tecnologica ci conduce verso lidi che possiamo ben
prevedere, con prodotti altamente sofisticati che costano sempre di
meno. Staremo a vedere quel che accadrà, continuando però a
lavorare come abbiamo sempre fatto, per tradurre un'idea, una
storia, un testo in un libro. Rispettosi dell'identità che ci siamo
costruiti o che abbiamo ereditato.»