Il Milan degli invincibili: «La squadra più forte di sempre»

Al Festival dello Sport buona parte della rosa rossonera che ha trionfato per anni guidata da Sacchi in panchina ha entusiasmato la platea dell'auditorium S. Chiara

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Esplode l'auditorium di Santa Chiara. Entra sul palco Carletto Ancelotti, giocatore del Milan degli Immortali e degli Invincibili, allenatore del Milan dei meravigliosi.
Il boato è da finale di Champions League. Carletto quasi si commuove, poi scherza: «Qualcuno ancora si ricorda di me...»
Entrano via via uno dopo l'altro, annunciati dalla storica voce rossonera Carlo Pellegatti, i vari Giovanni Galli, Pinato, Filippo Galli, Roberto Mussi, Billy Costacurta (altra ovazione), Angelo Colombo, Daniele Massaro e Ariedo Braida. 


 
Quindi tutti ancora in piedi per gli ingressi di Adriano Galliani, Capitan Franco Baresi e Arrigo Sacchi. Ma è nulla rispetto a ciò che succede quando arriva, preceduto da Frank Rijkaard, «il Cigno di Utrecht... Marco Van Basten!», urla Carlo Pellegatti.
Partono cori da stadio, quindi è show anche a parole. Stimolati da Luigi Garlando e Andrea Schianchi, ecco il siparietto fra Sacchi e Van Basten.
 

 
Marco ricorda: «Sì, Sacchi mi mandò in panchina alla seconda gara forse perché parlavo di tattica ed esprimevo giudizi. Ma in Olanda era normale parlare di tattica e di allenatori. In Italia no. Io parlavo senza malizia, e i giornali italiani esageravano e dicevano che attaccavo Sacchi. In generale il mio primo anno fu inizialmente difficile non solo per la caviglia, dovevo ambientarmi in un calcio diverso, dovevo capire come si faceva e poi avevo bisogno di imparare la lingua...» 


 
Irrompe Sacchi: «Marco è stato un grandissimo giocatore, e io non lo avrei mai lasciato andare via. Credo che il Milan gli abbia permesso di esprimere tutto il suo potenziale. E secondo me, fra tutti i miei ex giocatori, è quello che da allenatore si è avvicinato di più alle mie idee. Marco un giorno mi disse: “Mister da quando alleno, ho capito quanti problemi le ho creato...”. E io: “Marco, sereno, me ne hai risolti anche molti”. Ripeto: io non avrei cambiato Van Basten con nessuno. E la nostra forza era proprio nei giocatori di maggiore talento. Giocavano tutti per e con la squadra. Rijkaard, appena arrivato, si meraviglio e disse: qui corre anche Gullit.... Che risate!»
 

 
 I grazie di Rijkaard 
Ecco Frank: «Dirò per sempre grazie al signor Sacchi che mi ha permesso di giocare in una squadra grandissima. Lui ha cambiato il calcio italiano. Ero in mezzo a fenomeni veri. E il mio Maestro fu Carlo Ancelotti: mi ha insegnato lui a capire velocemente ciò che serviva da me. Quando vedo Carletto, mi si apre il cuore. E se devo fare un altro nome, dico Franco Baresi: parlava poco, gli bastava però una smorfia per metterci in riga. Baresi sarà per sempre il mio Capitano.»
Ancelotti è lì accanto, e regala una battuta delle sue: «La verità è che era un Milan di fenomeni, Frank compreso: io Massaro, Filippo Galli e Colombo eravamo i più scarsi...»
 

 
 La nascita della leggenda 
Adriano Galliani non ha dubbi: «Nell'aprile del 1989 andammo a Madrid, semifinale d'andata di Coppa dei Campioni, pareggiamo 1-1 ma dominammo per l'intera gara. Fu l'apoteosi di ciò che voleva Berlusconi: dominare, imporre il gioco su tutti i campi. Sì, è quella sera che nacque la squadra più forte di tutti i tempi.»
Poi, il Milan nella gara di ritorno vinse 5-0, andò in finale e ne diede quattro allo Steaua.
Ecco il ricordo di Van Basten: «Arrivammo tutti in condizioni straordinarie, non succede praticamente mai in una finale. Ricordo la felicità che ci travolse a fine gara, ricordo gli occhi di Sacchi, Galliani e Berlusconi... Fantastico!»