Gentiloni: «Migrazioni, crisi da gestire, vecchi e nuovi confini»
Il ministro: «Le tensioni internazionali mettono in difficoltà le leadership europee»
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Appena tornato da Arabia Saudita e Francia, Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, a confronto con Marta Dassù, direttrice di «Aspenia», questo pomeriggio al teatro Sociale, è stato subito sollecitato dal moderatore Enrico Franco a parlare di migrazioni internazionali, fra problemi e opportunità.
«È chiaro che la questione migratoria è esplosiva dal punto di vista politico, non solo in Europa, anche se qui ha avuto un impatto fortissimo e ha messo in crisi molte leadership.
«Ricordo che un anno fa in Austria il cancelliere Faymann aveva espresso sul tema posizioni molto coraggiose.
«In pochi mesi tutto è cambiato. La discussione attorno al Brennero sfiora l'assurdo. I flussi migratori attraverso quella frontiera negli ultimi mesi sono addirittura diminuiti.»
«La situazione quindi è assolutamente normale, eppure la politica la trasforma in esplosiva, – commenta il Ministro degli Esteri. – È importantissimo che oggi la cancelliera Merkel abbia detto che la chiusura del Brennero porterebbe alla fine dell'Europa.
«Attenzione: questo tema è molto presente anche nella campagna elettorale americana, nonostante il saldo alla frontiera fra Usa e Messico ormai sia a zero se non leggermente favorevole all'uscita dagli Usa. Eppure Trump ne ha fatto un punto centrale della sua campagna.
«Intanto Obama ha indetto una conferenza internazionale nel corso della quale ogni paese dovrà dichiarare quanti profughi siriani è disposto ad occupare.
«È quello che in Italia si sta facendo con i canali umanitari aperti ad esempio dalla Comunità di Sant'Egidio. Ho saputo dal presidente Rossi che oggi 30 profughi sono venuti anche in Trentino. E in Canada, paese che ha aperto le porte ai corridoi umanitari.
«Se continuiamo su questa strada, il problema potrà essere gestito e potrà esprimere anche potenzialità positive, specie per paesi in forte crisi demografica.»
Sul tema migrazioni Marta Dassù ha concordato con il ministro Gentiloni che l'impego dell'Italia è lodevole, pur distinguendo fra profughi e migranti economici.
«C'è un problema legato ai conflitti in Medio Oriente – ha detto – ma nella fascia sottostante c'è un'Africa che cresce in maniera impressionante sul piano demografico.
«Nel 2015 la sola Nigeria si avvicinerà al miliardo di abitanti, il doppio dell'Europa. Ci vuole insomma un global compact, un'assunzione di responsabilità globale.
«L'America è più abituata a gestire il fenomeno, lo diceva già Tocqueville. L'Europa un po' meno.
«C'è poi un altro tema, importante e spinoso: come fare ad attirare non solo chi lascia il proprio paese a causa di una crisi, ma i migranti di cui abbiamo davvero bisogno?»
Migranti anche come capitale umano, quindi. Ma una migrazione affidata ai barconi sembrerebbe essere tutto il contrario di quella governata posta in essere dal Canada.
Non solo: «C'è una nuova ondata migratoria che si sta generando a causa dei cambiamenti climatici, – ha ricordato Gentiloni. – In questo caso non si tratta di emergenze ma di fenomeni di lungo periodo.
«Dobbiamo sforzarci pertanto di gestirli nel modo migliore possibile. Cercando di evitare che le posizioni politicamente più ragionevoli vengano nel frattempo spazzate via. Dopodiché, ci sono alcuni punti fermi: il principio fondamentale è che i rifugiati sono uguali, indipendentemente da provenienza, titolo di studio, ceto, attitudini, hanno tutti diritto alla protezione internazionale.
«Diversa la questione dei migranti economici, ma anche qui non è facile distinguere. Ad esempio: chi sono i migranti dalla Nigeria? In parte profughi, quelli che vengono dalle regioni del Nord, dove agisce Boko Aram.
«Poi c'è il racket della prostituzione. E poi ancora, i migranti economici. In prospettiva, credo che si dovrà accogliere in maniera coordinata e globale coloro che hanno diritto all'asilo.
«Al tempo stesso, bisognerà agire per aprire canali di emigrazione legale per i migranti economici che oggi, invece, per venire in Europa, si mettono nelle mani delle organizzazioni criminali, degli schiavisti, dei trafficanti di esseri umani.
«Nel frattempo, bisogna gestire l'emergenza. Continuano a dirci di rafforzare i confini esterni. Ma che significa? Qualcuno pensa che nel Mediterraneo si possa fare una politica di respingimenti? E' contrario a tutti i nostri principi.»
Il disfacimento degli stati che si affacciano sul Mediterraneo pone anche altri problemi all'Italia. Pensiamo alla Libia, ancora divisa internamente, nonostante il Governo di unità nazionale.
Nello scacchiere arabo vi sono poi altri paesi molto ricchi, come l'Arabia Saudita, in incredibile evoluzione, sul piano economico. Come impatterà tutto questo sull'Italia?
«Il Mediterraneo – ha detto Gentiloni – è visto come uno degli epicentri dell'instabilità, anche dagli Usa, tant'è che lo stesso Obama aveva coniato lo slogan go to Asia, prendendo simbolicamente le distanze.
«Il punto è che per molto tempo abbiamo pensato che la globalizzazione, ma anche gli organismi sovranazionali, come l'Unione europea, avrebbero reso obsoleta la vecchia idea di sovranità.
«Invece oggi siamo in un mondo al tempo stesso post-sovrano e iper-sovrano. Il terrorismo è un fenomeno che va oltre la sovranità degli stati. Così anche l'economia e le tecnologie.
«Al tempo stesso, nel Mediterraneo, gli attori territoriali hanno ancora moltissimo potere. Anzi, vi sono paesi, come la Turchia, o l'Iran, che non si fanno più imporre le scelte dalle superpotenze.
«Che fare dunque dei confini? Che fare dei confini delineati artificialmente dalle potenze europee un secolo fa in Medio Oriente? Scherzare con i confini, in questo momento, è da irresponsabili.
«In Libia, ad esempio, innanzitutto bisogna lavorare per contrastare le spinte centrifughe.
«Al tempo stesso bisogna coltivare un approccio multilaterale, dialogando con una molteplicità di soggetti, dagli Usa alla Russia ai partners europei e africani.
«È uno sforzo molto faticoso: ma qui per l'Italia si apre un ruolo straordinario. Sapete perché piacciamo ai nostri interlocutori? Perché diamo l'idea di non avere agende nascoste né velleità egemoniche.
«Ma sappiamo tessere rapporti. E siamo un partner economico importante.»
Ci sono insomma, nel panorama internazionale, incognite ma anche potenzialità. In molti paesi africani si registrano tassi di crescita economica notevoli.
«Bisogna fare attenzione, a non fare gli stessi errori che sono stati fatti in passato, a non incoraggiare politiche predatorie.
«In realtà come l'Arabia Saudita, invece, ci sono questioni spinose poste dai diritti umani – ad esempio la pena di morte – ma anche segnali di dinamismo.
«Ad esempio, è emersa la volontà di fuoriuscire dalla dipendenza dall'export del petrolio. In questo scenario l'Arabia Saudita ha chiesto esplicitamente più Italia, anche per il contributo dato dal nostro Paese all'epoca della saudizzazione di Aramco.
«Il nostro export, le nostre imprese, la nostra tecnologia, hanno lì moltissime opportunità, – ha concluso Gentiloni. – A volte noi sottovalutiamo l'influenza che l'Italia può esercitare nel mondo. Che è economica, culturale e di soft power.»