Maria Dolens, Patrimonio dell’Umanità – Di Elena Albertini
Non solo simbolo di verità eterne ma è il simbolo della donna nuova che sa ogni volta rialzarsi dalle macerie e ricostruire il proprio futuro
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Sotto i colpi di un relativismo e di un individualismo sempre più aggressivi, sembrano ridursi in macerie i paradigmi culturali, politici ed economici che hanno sorretto per secoli la vita di noi abitatori occidentali, lasciandoci in balia del vuoto e della precarietà esistenziali.
Eppure nel sottosuolo, direbbe il compianto filosofo Emanuele Severino, la verità continua a lavorare per costruire nuovi germogli di civiltà, nuovi valori, nuove coscienze, nuovi linguaggi.
Perché tutto può essere frantumato tranne la verità.
Ecco allora che tra le macerie continua a trovare la via per parlare di memoria e di pace, il suono di Maria Dolens, non soltanto quale retaggio antico di un Visionario che contro ogni logica fece di armi e cannoni un simbolo di pace, ma quale eterna testimonianza della verità della vita.
Punto granitico sul quale poggiare i piedi e ripartire.
La Campana di Rovereto, infatti, dal sottosuolo di antiche verità, continua a raccontare l’alfa e l’omega di ogni essere vivente oscillante fra la morte e la rinascita, la sofferenza e la gioia, le lacrime e il sorriso, la guerra e la pace.
In altre parole continua a testimoniare al di là delle mode effimere ciò che vale la pena vivere per capire il mondo e capire cosa noi ci facciamo in questo mondo.
Ma ciò che più affascina della Campana è chiamarsi con un nome femminile: Maria Dolens, perché in questo senso diventa il monumento simbolo della donna dolente che, nello spazio-tempo di cento rintocchi, rimette in connessione la propria vita con il senso di ogni vita, donando a chi la ascolta una prospettiva di valore intorno alla quale ricostruire nuovi linguaggi e nuovi orizzonti.
E se Rovereto e la Fondazione Campana dei Caduti hanno l’onore e l’onere di essere custodi di questo immenso patrimonio culturale e valoriale, il complesso monumentale di Maria Dolens dovrebbe diventare Patrimonio dell’Umanità, perché è non solo simbolo di verità eterne ma è il simbolo della donna nuova, che seppure piegata dal pianto cosmico della guerra e delle inenarrabili violenze continuamente subite, sa ogni volta rialzarsi dalle macerie e ricostruire il proprio futuro armata di tutta la sua intelligenza e di tutta la sua forza morale propositiva fatta di speranza in un mondo migliore e di amore per tutte le creature che questo mondo migliore hanno il diritto-dovere di abitare.
Prof.ssa Elena Albertini
Membro del Consiglio di Reggenza della Fondazione Campana dei Caduti di Rovereto