Domenica si vota, ma non ci sarà una maggioranza di governo

Ci saranno tre forze più o meno equidistanti: per il bene del Paese speriamo che il buonsenso porti a soluzioni mediate

Ai lettori non sarà certamente sfuggito che abbiamo dedicato poco spazio alla campagna elettorale che porterà alle elezioni politiche del 4 marzo.
Le ragioni sono molteplici.
La premessa è che la legislatura conclusa è una delle più brutte che si ricordi, perché c’è stato più un clima di rissa generale che di volontà costruttiva.
Ogni argomento è stato una buona scusa per criticare pesantemente, ma soprattutto apoditticamente, il pensiero propositivo altrui.
E non c’è nulla di più deleterio che vedere litigare per tematiche marginali. Infatti non parliamo dei grandi temi, ma di qualsiasi quisquiglia messa in campo.
Inevitabilmente, anche la campagna elettorale è stata la più brutta che si ricordi.
 
Berlusconi, che ha dato il via alle promesse epocali, era partito benissimo con l’idea di portare le pensioni minime a mille euro mensili. Ma poi ha esteso benefici su tutti i fronti, al punto che non potrà esserci più nulla per nessuno.
La flat tax (in italiano: tassa forfettaria, letteralmente tassa piatta, cioè in percentuale uguale per tutti) è un sistema fiscale proporzionale e non progressivo tranne quando sia accompagnato da Deduzione fiscale o detrazione, nel qual caso, anche se l'aliquota legale è costante, l'aliquota media è crescente.
L’idea della Flat Tax non sarebbe male, a partire dal concetto che è comunque necessario rivedere l’intero impianto fiscale del Paese, giunto a un insieme farraginoso di norme e contronorme raccolte in decine di pagine che il contribuente non è in grado di interpretare. Ma l’idea di voler un unico coefficiente per tutti è decisamente fuori della logica costituzionale. Almeno tre coefficienti Berlusconi avrebbe potuto prevederli come accade nei paesi dove è stata introdotta.
Berlusconi tuttavia ha dimostrato per l’ennesima volta una grande padronanza della comunicazione. La notizia diffusa oggi (a tre giorni dalle elezioni) per cui il suo Presidente del Consiglio in pectore è Antonio Tajani (che ha accettato) è stata una mossa vincente. All’interno della sua coalizione Forza Italia sarà la Numero Uno.
 
La Lega ha indubbiamente sbordato in campi non più vicini alle proprie origini. Se non parla più di secessione, si sta portando sempre più a destra, la destra classica.
L’uscita dall’Euro e le minacce all’Europa sono i temi ricorrenti di Salvini, utilizzati per dire che l’Italia da sola funzionerebbe meglio. Berlusconi fa fatica a contenere l’irruenza di Salvini in questo suo antieuropeismo.
Che in Europa ci sia bisogno di un cambio di rotta è sotto gli occhi di tutti. Ma l’idea di tornare ai tempi del passaporto per andare in Austria e di cambiare la moneta prima di andare in un altro paese europeo ci lascia profondamente perplessi.
 
L’ossimoro di Giorgia Meloni che si trovava meno a destra di Salvini è stato cancellato in questi giorni con il suo viaggio a Budapest. L’idea di mettersi dalla parte di chi non vuole ricevere migranti sbarcati in Italia suona maledettamente male.
Insomma, un viaggio politico decisamente inopportuno che fa dimenticare altri lati positivi della leader, come ad esempio le politiche per la famiglia.
 
Il Partito Democratico vuole aggiungere 80 euro in busta paga oltre a quelli già concessi dal governo Renzi. Non male, ma non si parla di farne una legge fiscale perché altrimenti coinvolgerebbe anche i lavoratori autonomi. Come se quelli non fossero lavoratori
Il PD peraltro esce male dalla legislatura, non tanto per il fallimento dei referendum - comunque pesante nella logica elettorale - quando per il fatto che ha subito scissioni importanti.
I padri fondatori del Partito Democratico hanno sopportato male le novità di Renzi e le proprie sconfitte, i presidenti di Camera e Senato hanno pensato bene di cavalcare l’onda del malcontento. Infine non sono mai scomparsi gli orientamenti comunisti.
Insomma, il partito che alle Europee aveva raggiunto il 40 percento, adesso è ridotto a poco più della metà. Resterà una forza importante, ma alla pari con altre due.
 
Liberi e Uguali ha promesso l’iscrizione gratuita all’università. Principio lodabile, se non fosse che già la legge aiuta gli studenti che non hanno i mezzi. Aiutando tutti, si aiuta anche chi non ha bisogno di soldi. Il che non sarebbe male, però ci pare poco di sinistra.
Ad ascoltare in campagna elettorale i discorsi di Pietro Grasso e di Laura Boldrini, ci pare che che i due siano dotati in termini istituzionali ma poco attrezzati dal punto di vista politico.
E, comunque sia, la nascita di questo nuovo partito fondato dai presidenti di Camera e Senato fa pensare a chi abbandona la barca che sta affondando.
 
Il Movimento 5 Stelle è l’aspetto più nuovo ma anche più inquietante della situazione. La proposta politica è piuttosto improvvisata e gli slogan che il partito propone sono la riduzione degli stipendi ai parlamentari e la lotta agli sprechi. Ovviamente hanno tante altre iniziative, ma il chiodo fisso è divenuto la portante di una campagna che per tanti versi ha convinto molta gente, anche se non dispone di molti risultati apprezzabili da presentare a garanzia.
Altro punto fermo dei 5 Stelle è impedire che qualche parlamentare lasci il partito per cambiare casacca. La costituzione in questo è precisa: il parlamentare deve rispondere alla propria coscienza e non al proprio partito.
In verità un po’ tutta la crescita del movimento ha dei lati piuttosto scomposti. Tra le cose che lasciano perplessi, il recente invio dei nomi della squadra di governo al Presidente della Repubblica. Una prassi certamente inusuale, di cui non si avvertono gli scopi. E comunque è la prima volta che vediamo costituire un governo ombra prima che un partito abbia perso le elezioni.
 
Una serie di altri partiti si è affiancata alle due portanti principali. Tra questi la Civica Popolare di Beatrice Lorenzin, il Più Europa di Emma Bonino e altri ancora.
La Lorenzin, autrice della lodevole legge sui vaccini (chi è contrario è perché non ha una memoria storica), pagherà il danno generato dall’abbandono del suo leader Angelino Alfano.
La Bonino, giunta a ricoprire l’incarico di Ministro degli Esteri nel Governo Letta, è riuscita a rientrare nella competizione politica per il buco della cuffia grazie a un valido sostegno trovato all’ultimo momento.
In entrambi i casi ci si augura che superino la soglia di accesso, ma sembra improbabile che possano entrare in un prossimo esecutivo.
 
Ciò premesso, la situazione si sta delineando in maniera abbastanza precisa: la sera del 4 marzo ci troveremo di fronte a tre forze politiche, nessuna delle quali in grado di trovare da sola la maggioranza sufficiente per formare un governo.
Oggi, sia il M5S che il Centrosinistra e il Centrodestra dichiarano che mai scenderanno a compromessi con altre forze politiche. Il che non sarebbe esattamente un bene per l’Italia, perché l’impossibilità di formare un esecutivo è una delle disgrazie peggiori per un Paese.
I pentastellati hanno dichiarato che accetteranno l’appoggio di chi sosterrà le proprie linee politiche. Piuttosto singolare che i 5 Stelle possano sperare nei voltagabbana altrui.
I leader di Centrodestra e di Centrosinistra hanno peraltro lasciato trapelare che PD e Forza Italia potranno abbandonare i propri alleati per costruire la maggioranza necessaria per formare un governo, ma a sentire le dichiarazioni ufficiali delle parti, al momento sembra una strada impercorribile.
La Merkel è riuscita in sei mesi di duro lavoro trovare l’accordo che ha portato alla Grande Coalizione. Non resta che sperare che il buonsenso possa portare anche da noi a una soluzione mediata dal buonsenso.

G. de Mozzi