Pravis, un’azienda agricola al femminile – Di D. M. Bornancin

Giulia Pedrini è una giovane donna, titolare di un’azienda vinicola che interpreta il futuro con tanta passione e conoscenza

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Questo nuovo confronto, tutto al femminile, della rubrica «Scenari» esplora un mondo peculiare e prezioso per il territorio trentino: quello vitivinicolo.
Il Trentino è una delle aree viticole che, grazie alla posizione geografica ricca di zone climatiche diverse, di terreni in gran parte di montagna, produce vini di qualità, spesso caratterizzati da sapori particolarmente gradevoli, di assoluto rigore sensoriale.
La morfologia alpina del suolo trentino presenta vigneti che si estendono dalle miti sponde del lago di Garda, per passare al fondo valle, e salire fino alle pendici delle dolomiti.
 
Un’ampia superficie, di una viticoltura che si estende per circa 10.500 ettari, con fasce climatiche, con terreni eterogenei tra loro e piantagioni tra i 200 e i 1.000 metri di quota.
Negli anni l’offerta produttiva si è evoluta, grazie alla sapiente sinergia tra soggetti e operatori diversi del sistema vitivinicolo trentino, come le aziende private, la cooperazione, vignaioli, imprese agricole, appassionati coltivatori, imbottigliatori; anche perché tutti hanno anteposto il territorio, i propri paesi, quale identità riconosciuta, ancor prima delle proprie aziende e delle proprietà.
 
In quest’ambiente, in questo habitat è ubicata da anni, ai piedi di Castel Madruzzo, l’Azienda Agricola PRAVIS di Lasino in Valle dei Laghi.
Situata in un lembo di terra con una temperatura unica, dove i venti creano un clima mite e ventilato adatto alla coltivazione della vite, e che rappresenta l’evoluzione del settore oggetto del nostro incontro odierno. 
Certo, una piccola azienda da anni sul mercato, che ha fatto del vino, dello spumante e della grappa, non solo una missione, ma ha creato nel tempo metodi di coltivazione innovativi, tecniche nuove, sperimentazioni particolari, nel rispetto dell’ambiente, della storia e delle tradizioni, per giungere a prodotti di alta qualità conosciuti in tutto il mondo. 
 
In questa cornice del Made in Italy, o meglio del Made in Trentino, per comprendere meglio la vita reale di quest’azienda, delle famiglie fondatrici e del sistema di gestione quasi completamente femminile, ne abbiamo parlato con Giulia, una delle titolari, giovane imprenditrice con grandi capacità, che, con passione, preparazione e volontà, ha assunto la direzione di uno dei settori chiave dell’organizzazione aziendale.
Ecco lo scambio d’idee, oggetto della conversazione con Giulia Pedrini, che rappresenta la seconda generazione della PRAVIS di Lasino.
 

 
Giulia, parliamo della Vostra azienda, della sua storia, dei fondatori?
«Pravis è il nome di un terreno, qui vicino, è un toponimo agricolo, dove nel 1970 sono state piantate delle viti che hanno dato i primi frutti con la vendemmia del 1974.
«Una realtà che ha superato i 40 anni. I fondatori sono stati tre amici vignaioli: Gianni Chistè, mio padre Domenico Pedrini, Mario Zambarda, i quali per amicizia hanno voluto creare quest’azienda agricola con la coltivazione e produzione, inizialmente del vino Muller Thurgau.
«Fin da subito i tre amici e titolari di questa impresa si sono ripartiti i compiti così: Gianni si occupava della campagna e delle coltivazioni, Domenico della cantina, della nascita e della cura del vino, della commercializzazione, Mario della parte amministrativa e commerciale e dell’imbottigliamento.
«Tutto era sempre condiviso, in una visione dove la vite e la vita avevano ed hanno un unico significato: il rispetto della natura, il lavorare insieme per creare una cultura vitivinicola con le caratteristiche della ruralità, portando sempre nella mente e nel cuore le radici trentine.
«Anche la cantina rispecchia questo spirito, adagiata a valle, ai piedi di Castel Madruzzo, a ridosso delle rocce della montagna confinante, vuole essere il simbolo dell’operosità contadina, un segno nel territorio, l’identità stessa della nostra comunità.
«Edificio che funge da centro dei filari di vigne, posti nel fondo valle e che circondano appunto questi suggestivi e nello stesso tempo semplici, ma moderni spazi.
«La struttura racchiude in sé la sala degustazione, la zona dove il vino dimora e lentamente matura, le botti di legno per l’invecchiamento, i contenitori per le sperimentazioni, l’imbottigliamento e vestizione delle bottiglie e l’ampio parcheggio per i visitatori e clienti. Un’opera d’arte della storia vinicola di questa valle circondata dalle acque dei laghi.»
 

 
Oggi siete giunti alla seconda generazione, come vive questa sua esperienza?
«Il passaggio generazionale è uno dei più importanti cicli di vita delle aziende, una sorta di consegna del testimone nella gestione e nella continuità dell’organizzazione aziendale.
«Oggi molti imprenditori si trovano a dover affrontare il tema della continuità come protagonisti diretti, dove i titolari o fondatori dell’azienda stanno per trasmettere le competenze della gestione, il patrimonio delle esperienze, il ruolo di essere impresa, per garantire così che l’unità produttiva condotta fino ad oggi continui con successo e con prospettive di miglioramento e di crescita.
«Devo dire che i soci fondatori ci sono ancora regolarmente, anche se dedicano meno tempo, rispetto all’avvio, ma contribuiscono con i loro consigli, le loro idee, e anche a volte con le rispettive verifiche.
«L’organizzazione del lavoro aziendale è così suddivisa: In campagna: Gianni Chistè (fondatore) e i figli Alessio (28 anni) e Silvio (20anni), agronomi;
«In cantina: Domenico Pedrini (fondatore) e la figlia Erika (34 anni) enologo ed enotecnico;
«In ufficio: Mario Zambarda e Giulia Pedrini figlia di Domenico, laureata a Trento in Economia e gestione aziendale e diploma di enotecnico a S. Michele.
«Erika ed io, ma anche Alessio e Silvio, siamo nati in azienda, abbiamo iniziato con piccoli ruoli, è poi maturato l’interesse e ora rivestiamo incarichi che ci impegnano, ma che ci danno soddisfazione, diciamo che la strada era già scritta.
«Mio papà è stato bravo perché ci ha sempre lasciato libere, mia sorella ed io, all’interno dell’azienda di scegliere cosa fare, l’importante era che ci rendesse felici di farlo.
«Ora mi occupo principalmente della commercializzazione e promozione dei prodotti, ma anche delle nuove produzioni e delle tecniche sperimentali.»
 
Mi parla dell’azienda?
«Il capitale dell’azienda agricola è ripartito in parti uguali tra i rappresentanti della prima generazione, ossia i fondatori, e noi della seconda generazione. I dipendenti sono 9 fissi compresi i titolari, e durante il periodo della sfogliatura delle viti e della vendemmia si aggiungono stagionali.
«Da sempre è stato creato un clima familiare, o meglio del “tutti per uno – uno per tutti”.
«Noi della seconda generazione ci siamo divisi le aree in base alla propria indole, alla vocazione personale e agli studi: Alessio e Silvio seguono la parte agricola e delle coltivazioni, Erika, la vinificazione e la cantina, io la commercializzazione e la promozione, la clientela, la degustazione.
«Applichiamo giornalmente criteri e linguaggi trasparenti, per il bene familiare e dell’azienda.
«Anche i nostri dipendenti, che non riteniamo debbano essere dei meri esecutori, devono entrare nella nostra visione e cultura aziendale, devono sentire l’azienda come la casa loro, abbiamo instaurato un rapporto che si basa sulla chiarezza del dialogo, sollecitando pareri, suggerimenti, iniziative, utili al miglioramento della qualità aziendale.»
 
 
 
Entriamo nelle varietà produttive, nelle novità della Pravis?
«Le nostre coltivazioni di circa 36 ettari di terreno si trovano nella Valle di Cavedine e raggiungono i 600 metri di altitudine. Il terreno è calcareo, con filari di vigneti sospesi tra la freschezza dei laghi e il cielo delle Dolomiti di Brenta, dove il microclima, accompagnato dal vento dell’Ora del Garda, favorisce la coltivazione di nuove sperimentazioni, ma soprattutto varietà di viti autoctone come il Nosiola, ma abbiamo anche recuperato specie a rischio estinzione, come il Negrara e poi per primi in Trentino siamo riusciti, anni fa, a salvare il Gropello, raro vitigno di Revò in Val di Non.
«Produciamo altri tipi di vino, ad esempio il Souvignon, il Solaris, il Cabernet Cortis e il Johanniter, tutti prodotti a impatto zero.
«Queste varietà, nate all’Istituto di Freiburg in Germania, possono essere coltivate in zone difficili e sensibili dal punto di vista ambientale, vicine alle abitazioni, parchi, strade e non hanno bisogno di trattamenti di copertura come lo zolfo e il rame, fatta eccezione dell’acqua piovana e di fonte, con moderni impianti d’irrigazione. Quindi solo acqua, sole, aria, sfogliatura e tanta passione.
«Queste sono piante di viti che resistono naturalmente da sole, alle malattie funginee. Questa è la prima azienda agricola italiana ad essere riconosciuta come centro di sperimentazione vitivinicolo.
«Tra le novità lo spumante Trento Doc, metodo classico, chiamato Blau Dorè, prodotto esclusivamente con uve Pinot Nero, con un procedimento di maturazione di minimo 24 mesi sui lieviti e una produzione di 5.000 bottiglie.
«Il nome ha origine dall’unione della traduzione, in italiano, della parola Pinot Nero, che nei Paesi tedeschi si dice Blaubungunder e in quelli Francesi Plant Dorè; da questi due termini abbiamo inventato il Blau Dorè Pravis, E’ stato utilizzato il Pinot Nero, particolarmente vocato alla spumantizzazione e vinificato in bianco, che nasce da uve coltivate sopra Cavedine a 600 metri di altezza, in terreno calcareo molto adatto a questo tipo di varietà e con buona esposizione al sole. Una novità molto apprezzata dal mercato, per gusto, qualità e per il colore dorato del vino.
«Nel 2018 la nostra azienda ha prodotto 180.000 bottiglie, con 20 tipi di vino e grappe. Il mercato riguarda per il 60% l’Italia e il 40% la Germania, il Belgio, la Svizzera, la Russia, l’America e il Giappone.
«Una specificità, le nostre etichette sia dei vini bianchi sia di quelli rossi, sono accompagnate dai nomi delle zone dei territori, dove sono coltivate le viti, ad esempio: Madruzzo, Polin, Cros del Mont, le Frate, per un criterio d’identificazione delle località produttive, ma anche come chiara informazione.»
 
Per finire, come donna d’impresa, in base alla sua esperienza, qual è l’augurio che intende fare al Trentino del domani?
«Il Trentino deve avere più fiducia in se stesso, deve essere più orgoglioso, più conscio dei propri prodotti e delle capacità produttive locali.
«A livello ambientale ci sono poche zone così strutturate, con la presenza di montagne, laghi, valli, per questo bisogna valorizzare di più il territorio nella sua completezza. Importante è prima il territorio, poi le aziende.
«Questo perché se si lavora solo per la propria azienda è un lavorare fine a se stesso, mentre se si lavora con una visione più ampia, si lavora anche per la comunità. La storia, la cultura, il territorio, questo insieme è, di fatto, la qualità della nostra azienda.»
 
Grazie Giulia e auguri di nuovi successi per la vostra azienda.
 
Un’esposizione questa, di una piccola azienda che esprime qualità in tutti i comparti, ma che rappresenta l’identità familiare, anche perché nel vino si trova l’espressione della famiglia stessa, la passione, l’impegno, la volontà di andare sempre avanti apportando miglioramenti per ottenere nuovi e proficui risultati.
Posso completare questa mia esposizione evidenziando che qui ho toccato con mano una realtà dove si percepisce il piacere di coltivare uva, solo per fare vino e soprattutto vino di alta qualità.

A cura di Bornancin Daniele Maurizio