Lettere al direttore – Ivana Merlo
Il «giallo» del capriolo: è possibile chiedere trasparenza?
Gentile Direttore,
La storia del Bambi zoppo prigioniero delle acque, è stata riportata, nelle sue fasi, da tutti i nostri quotidiani, catturando occhi e mente, suscitando compassione, interventi, constatazioni e commenti più critici che benevoli.
In estrema sintesi: Un capriolo ferito ad una zampa, bloccato nel greto del torrente Leno, non viene soccorso se non dopo settimane di appelli dei cittadini e delle Associazioni animaliste, in particolare l'Oipa con i suoi legali.
Alla fine, il dott. Raffaele De Col, dirigente provinciale foreste e fauna, con uno scarno comunicato fa sapere che nella notte del 6 gennaio l'animale è finalmente entrato in un baule, che la veterinaria reperibile dell'Apss lo ha anestetizzato, trovato in buona salute e fatto liberare in luogo idoneo.
Ma nessun documento visivo comprova il risveglio dalla sedazione, l'uscita dal cassone e la corsa liberatoria nel bosco!
Nessuna foto a dimostrazione della conquistata libertà della bestiola. Forse perché è andata male?
I roveretani Mauro e Roberto che fin dall'inizio si erano presi a cuore il destino di questa femmina di capriolo non potranno accettare solo delle affermazioni, e nemmeno l'Oipa che si è spesa per il salvataggio vorrà accontentarsi di parole, ma nemmeno i lettori che non difettano di acume.
Un modo di agire così sprovveduto e incauto non è proponibile né credibile.
I soli video in circolazione palesano che il Bambi inizialmente era perfettamente sano di zampe e poi vistosamente claudicante in cerca affannosa di una via d'uscita dalla sua prigione d'acqua.
Nell'ultimo filmato si vedono due uomini, presumibilmente forestali, nel buio fitto spostare un cassone simile ad una bara, seguiti da una terza persona che guarda.
Poi brusca interruzione del video. La cassa che gira di notte non sarà diventata la bara della capriola che non si è più risvegliata dalla narcosi come successe all'orsa Daniza nel 2015?
Se invece è viva chiediamo che escano le immagini, così come il nome della veterinaria, che sicuramente è in possesso delle prove del suo operato e che potrà esibire pubblicamente.
La capriola che correva nei boschi trentini non è di proprietà della veterinaria né della provincia, pertanto noi chiediamo, a buon diritto, trasparenza.
Grazie, Ivana Merlo