L’Europa e l’insostenibile pesantezza del debito pubblico

A «Focus» lo scenario, talvolta inquietante, dell'Italia descritto dall'economista Jürgen von Hagen



La crisi ha portato a revisioni delle regole della politica fiscale nel contesto dell'euro-zona.
Le misure però rischiano di intervenire troppo tardi e di non essere sufficienti.
Ciò di cui abbiamo bisogno è una cornice comune all'interno della quale affrontare i rischi di ripudio del debito sovrano nell'area dell'Euro.
L'economista Jürgen von Hagen indica le misure: politiche fiscali solide e basate su interessi comuni.

Jürgen von Hagen è il classico docente tutto d'un pezzo, cresciuto nel rigore dei dettami della scuola economica tedesca. Oggi è docente di Economia presso l'Università di Bonn e direttore dell'Institut für Internationale Wirtschaftspolitik, oltre che editore della «European Economic Review», ma sopratutto è stato consulente economico del Fondo Monetario Internazionale (FMI), della Banca Mondiale, della Commissione europea e della Banca Centrale Europea (BCE), e di molti governi in Europa e oltre.

La sua lettura del debito pubblico che grava sull'Europa e sulle prossime generazioni del nostro continente, è una lezione che partendo dall'economia politica, abbraccia i principi del coordinamento politico nelle economie aperte, per arrivare all'integrazione economica europea, senza dimenticare la finanza internazionale e pubblica, e la temuta teoria politica e monetaria.

L'economista tedesco indica due principi - politiche fiscali solide e basate su interessi comuni - su cui concentrare gli orientamenti di massima anche per le politiche di risanamento e sui quali i Governi hanno incominciato a trovare le prime intese.
«Fino ad oggi - spiega il docente - gli Stati europei cercano delle intesi comuni, anche se in Europa non c'è ancora obbligo di applicazione dei principi.»

L'Euro gruppo non ha capacità sanzionatorie, né ha capacità di farsi ascoltare da parte dei singoli Governi. L'idea di sostenibilità delle finanze pubbliche, ovvero finanze solide, è strettamente legato al concetto di vincolo di bilancio, con cui si impone ad ogni Stato il limite di spese riferito alle risorse disponibili.
«La tendenza attuale - dice von Hagen - vede invece i governi interessati a pagarsi i debiti nel lungo termine di pagarsi.»

L'unione ha interesse di limitare il debito pubblico, così come il limite di bilancio deve valere per l'Unione ma non per i singoli stati.
«Sulla base di questa osservazione - ha continuato von Hagen - uno Stato indebitato e in difficoltà può essere salvato se gli altri stati decidono di intervenire in suo soccorso. Certo è che maggiore è il rischio per gli stati grandi perché nessun stato piccolo potrebbe intervenire in suo soccorso ed assumersi l'onere del risanamento.»

In altre parole, l'Italia non può essere salvata dal debito pubblico, cosa invece che potrà succedere per Grecia e Portogallo.
Le politiche fiscali non dovrebbero essere limitate nel breve termine mentre l'obiettivo è la stabilità del lungo periodo ed è in questa prospettiva che vanno insediate le misure di salvataggio di qualsiasi stato.

A partire dagli anni '90, il debito pubblico è andato aumentando negli stati maggiori, con un'inversione verso la metà degli anni 90, quando il debito è aumentato negli stati più piccoli.
L'arrivo della crisi ha toccato gli stati grandi e questo significa che i ministri dei grandi paesi non hanno interesse a rientrare nei parametri comunitari.