«Solo un nuovo Umanesimo ci salverà dalla omologazione»

Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, sferzante con il mercato fondato su velocità, bisogni indotti e spreco

Mercato globale e identità, omologazione e libertà: caratteri diversi, spesso contrastanti, di una contemporaneità che a volte si fatica a comprendere ed accettare. Su questa apparente idiosincrasia si sono misurati questa sera due Testimoni del nostro tempo - Carlo Petrini (vedi l'intervista - NdR), fondatore di Slow Food, e Innocenzo Cipolletta, presidente del Gruppo Ferrovie dello Stato - che con generosità e senza tatticismi hanno accettato una sfida davvero globale.

Petrini si è calato nel ruolo del bonario (ma non troppo) saggio ancorato alla tradizione popolare che per secoli ha retto equilibri sociali legati alla Terra Madre: «Siamo i nuovi partigiani chiamati alla Resistenza».
Cipolletta, per contro, ha vestito gli scomodi panni del difensore di una modernità ricca e globale: «Lo spreco è anche simbolo di ricchezza e di libertà».
Ne è uscita una serata «leggera», nel senso nobile del termine, su temi drammatici e laceranti.

In apertura, Petrini ha enfatizzato la nuova rivoluzione della globalità che ha permesso la diffusione della conoscenza, ovvero la Rete.
«L'economia locale in rete è potente ed oggi gli strumenti ci consentono di valorizzare e dare valore alle diversità. È grazie alla Rete che siamo riusciti a condividere valore messi in discussione da una concezione violenta della globalizzazione. L'identità è un valore forte e importante, ammesso che noi riconosciamo che non esiste identità senza scambio. È il meticciato che rafforza l'identità.»

Poi, riproponendo lo stile sarcastico, Petrini ha ricordo quando i giornalisti, quasi per sfida, gli chiedono il suo piatto preferito.
«Da italiano - ricorda il fondatore di Slow Food - rispondo pasta al pomodoro ma né la pasta né il pomodoro sono italiane. È lo scambio che rafforza l'identità, anche quella del cibo, per passare a quella culturale e artistica. Il cibo entra nella nostra cultura e nella nostra identità e perché allora non riconoscere la positività dello scambio di culture e di persone.»

Una chiave di lettura che ha trovato d'accordo Cipolletta: «La globalizzazione è scambio di identità, anch'io non credo nell'identità chiusa. Io mi chiedo come si può difendere l'identità ed essere contrari alla globalizzazione».
Una convergenza durata il tempo di un respiro, quello necessario a Petrini per puntualizzare: «Esiste globalizzazione e globalizzazione. Dobbiamo mettere in evidenza che deve esistere una globalizzazione virtuosa ma esiste anche la globalizzazione del pensiero unico che umilia l'identità di milioni di persone. A livello globale è stato portato avanti con perseveranza la cancellazione di culture, ed oggi dobbiamo correre ai ripari».

«Il mio giudizio - ha dibattuto Cipolletta - sulla globalizzazione non è negativo e non sempre la globalizzazione è omologazione negativa. Ad esempio l'omologazione sulla libertà e diritti umani rappresentano un fattore positivo, che può essere universalmente speso, ma non sempre culture locali accettano valori per noi acquisiti.»

E su questo aspetto Cipolletta ha insistito: «La gente sceglie i valori che in qualche maniere si addicono di più. Noi non possiamo imporre con la forza culture lontane alla gente, alla quale dobbiamo riconoscere la libertà di far propri valori che ritengono migliorativi"»

Con Petrini in sala non poteva mancare il tema del cibo, introdotto dal suo «avversario», Cipolletta: «Noi oggi produciamo cibo per 12 miliardi di persone e noi siamo in 6 miliardi e mezzo. Certo esiste il problema, che non è banale, della distribuzione ma a cui dobbiamo trovare una soluzione.»
«La logica del consumismo - ha chiosato Petrini - ci ha preso l'anima e si basa su tre pilastri: velocità, creazione di bisogni indotti e lo spreco. E' lo spreco la follia del consumismo: dobbiamo combattere questa logica perversa. Bisogna andare in profondità e passare a consumi sostenibili, dove si privilegia la qualità alla quantità, dove si educano i giovani contro lo spreco, dove si educa ad una diversa attenzione al mercato. Non sono alchimie ma è la volontà di creare un nuovo umanesimo. Io, questo nuovo umanesimo, non ce l'ho, lo cerco e lo auspico, ma sono convinto che ci dobbiamo misurare con i tre pilastri.»

All'ironia sferzante di Petrini ha risposto Cipolletta, con il sorriso del realismo che, quasi scomodo, ricorda i vantaggi di un benessere acquisito: «Lo spreco fa parte del nostro mercato, la nostra ricchezza che si basa anche sullo spreco. Domandiamoci come si fa a vivere in una società in cui noi abbiamo il prodotto che ci serve, quando ci serve e come ci serve. E una società simile al Grande Fratello. Ci hanno provato i Paesi Socialisti del secolo scorso, ma ad un certo punto il grande cervellone dello Stato che pensava a tutto è scoppiato, mandando al collasso il sistema. La civiltà dei consumi significa che io ti metto a disposizione una scelta vasta e il commerciante ti mette a disposizione una scelta di prodotti e quindi la sovrabbondanza e quindi anche lo spreco».
E che dire del tempo, terreno favorevole a Petrini che ha trovato una prateria aperta: «La vita è lunga ma siamo noi che la bruciamo. Non abbiamo più tempo anche se lavoriamo meno. Passiamo più tempo a dimagrire che a mangiare. Ma siamo tutti matti».

E poi via a parlare di giovani, di agricoltura, di immigrazione, di barriere sociali e culturali, temi altrettanto globali sezionati con lenti di ingrandimento diverse, utilizzate ad arte da due oratori abili e abituati a tenere il palcoscenico, fino al punto di confondere i ruoli assegnati loro da un copione impossibile.

A conclusione dell'incontro, Tobias Piller nomina alcune situazioni economiche del nostro paese che forse troverebbero una maggior comprensione applicando i tre ingredienti del modello Kranton-Akerlof: tra questi, l'approccio al lavoro (con tutto il recente dibattito sui cosiddetti fannulloni), la diffusione di aziende familiari e i distretti industriali.
A questa imbeccata di Piller, il pubblico del Festival ha risposto con numerose domande.