Il prof. Alan Krüger al Festival dell’Economia

«Dobbiamo temere la bassa produttività, non i cambiamenti tecnologici»

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«Non dobbiamo avere paura dei robot a patto che si sappia affrontare la sfida del cambiamento tecnologico, che non sta comunque avvenendo in fretta ed anzi sta rallentando, dobbiamo temere invece una bassa crescita della produttività.»
Si dice «ottimista» per il futuro Alan Krueger, che al Festival ha portato anche le sue valutazioni sull'Italia: «Il reddito di cittadinanza? Vedrei meglio una sorta di "assicurazione sul salario" e investimenti per creare nuove industrie nelle aree meno sviluppate e per formare i lavoratori, perché è questo che aumenta la produttività e il Pil.»
 
Professore alla Princeton University, già capo dei consiglieri economici di Obama, Alan Krueger smentisce subito l'idea che l'introduzione dei robot faccia aumentare la produttività, cambieranno però i lavori o almeno parti di esso saranno sostituiti dall'intelligenza artificiale.
«La mia preoccupazione principale – spiega intervenendo alla Sala Depero, introdotto da Marco Zatterin – non riguarda la scomparsa del lavoro ma una pressione verso il basso del reddito dei lavoratori meno qualificati.
«Ci sono due scelte che possono fare i politici: rallentare o impedire il progresso, oppure prepararsi a questo cambiamento tecnologico, ammortizzarne gli effetti negativi sfruttando i miglioramenti che la tecnologia può apportare alla nostra vita.»
 

 
I primi ad avere paura del cambiamento tecnologico, e Krueger lo ha ricordato, sono però sempre stati proprio gli economisti.
Keynes nel 1930 si diceva preoccupato della «disoccupazione tecnologica» che si sarebbe creata, ma dal 1939 in poi l’occupazione in USA è cresciuta del 500% ed oggi la disoccupazione è al 3%.
Ma quali sono i lavori che rischiano più di altri di essere sostituiti, in tutto o in parte, dai robot?
«L'industria automobilistica, ad esempio, impiega largamente i robot, ma accanto a loro ci sono anche le mansioni svolte dai lavoratori; anche nel settore dell’insegnamento l’intelligenza artificiale avrà un enorme sviluppo, ma ciò aumenterà la qualità dell’insegnamento.
«In alcune aree la tecnologia avrà più difficoltà a sostituire mansioni ora coperte dall’uomo.
«Molti studi hanno assegnato una percentuale di rischio dell’automatizzazione: è stato calcolato che in USA dal 25 al 50 dei lavori rischiano di venire automatizzati.
«Può anche essere che non il lavoro in sé ma una o più parti dello stesso lavoro siano sostituiti dalla tecnologia.»
 

 
E l'Italia?
«Il vostro Paese ha un rischio simile agli USA, forse un po’ più alto per il maggior numero di lavoratori manifatturieri e agricoli. L'Italia ha però la forza lavoro più anziana e questo rende difficile la transizione a lavori diversi.
«Nell'ultimo decennio la produttività non è aumentata, ecco perché la crescita è stata così lenta e c'è una stagnazione dei livelli di vita.
«La tecnologia ha sull’occupazione degli effetti negativi, al netto nel tempo sono stati però di più quelli positivi, ci permette di creare lavori e servizi completamente nuovi.
«Non voglio creare panico, anche l’Italia ha un rischio maggiore, ma i lavori cambiano da molto tempo, non è un’ondata particolare. Sono ottimista.
«L'unica strada per attutire gli effetti negativi del cambiamento tecnologico è lavorare meglio, aumentando la nostra produttività.»