Contratto Famiglie Cooperative, muro contro muro

Paola Dal Sasso: «Serve una nuova stagione di relazioni sindacali che tenga conto del contesto che è profondamente cambiato»

La trattativa sindacale per il rinnovo del contratto integrativo provinciale di 1.900 lavoratori e lavoratrici delle Famiglie Cooperative, attualmente bloccata da un muro contro muro tra sindacati e datori di lavoro, merita qualche chiarimento e un breve riepilogo delle puntate precedenti.
Serve una nuova stagione di relazioni sindacali che tenga conto del contesto che è profondamente cambiato.

Il contratto integrativo provinciale delle Famiglie Cooperative è scaduto nel 2017.
Da quella data sono partite le trattative per il rinnovo, e nel frattempo il contratto è sempre stato ugualmente applicato dalle aziende in regime di proroga, fino a disdetta di una delle parti.
Una disdetta che la Federazione ha inviato nel 2023, e successivamente più volte prorogata proprio per facilitare il confronto al tavolo sindacale.
In mancanza di significativi passi in avanti, è giunta infine alla decisione obbligata di darvi concreta applicazione dal 30 aprile 2024 con la disapplicazione dell’integrativo.
 
Vale la pena ricordare che, con senso di responsabilità, la delegazione delle Famiglie Cooperative ha posticipato la disapplicazione perché in attesa del rinnovo del contratto nazionale del settore, cosa avvenuta il 29 marzo, con il relativo incremento retributivo.
Si poteva accordarsi senza arrivare all’estrema decisione di non applicare l’integrativo?
Certamente sì, ma a colpi di veti e di tabù non si va da nessuna parte.
 
 
 Dunque, cosa chiedono le Famiglie cooperative?  
«Non è retorico affermare – e speriamo non si faccia ironia su questo – che le aziende cooperative hanno a cuore il benessere, e quindi anche lo stipendio, dei propri dipendenti, perché è solo grazie a loro se ogni giorno si aprono le saracinesche e si accolgono con un sorriso e professionalità i soci e clienti», – afferma Paola Dal Sasso, vicepresidente per il settore consumo della Federazione Trentina della Cooperazione.
«Detto questo, occorre armarsi oltre che di buona volontà anche di realismo, e fare i conti con la compatibilità dei bilanci aziendali. Non possiamo permetterci costi rilevanti - aggiuntivi al contratto nazionale - se le aziende non sono in grado di sostenerli.
«Tralasciamo anche il fatto che mediamente la contrattazione collettiva della Cooperazione è più vantaggiosa per i lavoratori per una serie di condizioni normative, oltre che economiche, rispetto a quella degli altri concorrenti. Finché è possibile, siamo orgogliosi di questa differenza.»
 
«Ma fino a quanto ciò è possibile? E chi lo può fare? – Si domanda la Dal Sasso. – Molte cooperative anche quest’anno hanno chiuso i bilanci in attivo, alcune molto in attivo.
Altre invece hanno dovuto fare i conti con le perdite, anche significative e continuate nel tempo.
«Occorre introdurre elementi di flessibilità nel contratto integrativo che comprendano elementi premiali per i lavoratori, purché legati ai risultati di bilancio.»
Il contratto integrativo provinciale che ci lasciamo alle spalle vale il 9,5% in più della retribuzione prevista dal contratto nazionale, appena rinnovato con un incremento medio di 240 euro a regime.
 
«Prima di arrivare alla disapplicazione di fine aprile, la delegazione della Federazione ha offerto una sospensione degli effetti della disdetta a determinate condizioni.
«Il sindacato si è rifiutato, non solo di definire tempistiche, che da parte nostra sembrava doveroso nei confronti dei lavoratori, ma anche di iniziare a discutere della variabilità della retribuzione integrativa, cosa già in essere nelle altre realtà concorrenti.
«Quanto? Tutto da discutere e definire assieme. Questa posizione ci ha messo in condizione di non poter far altro che confermare la disdetta», – prosegue Dal Sasso.
«Ma il tema rimane comunque sul tavolo, ed è quello che non tutte le Famiglie Cooperative possono sostenere un incremento fisso del 9,5% rispetto al contratto nazionale.
«Non per sempre, ci auguriamo, ma fin tanto che non è possibile chiudere il bilancio in utile.»
 
 Una nuova stagione di relazioni sindacali  
Quello che si chiede ai rappresentanti sindacali è quindi un approccio diverso alla trattativa, un cambio di mentalità che permetta di uscire dalla logica dei veti e della contrapposizione.
Serve inaugurare una nuova stagione di relazioni sindacali in cui le parti possano sedersi ad un tavolo e trovare un punto di equilibrio guardando al presente e al futuro, non alle logiche passate.  
Crediamo che introdurre una quota di retribuzione variabile rispetto a quella fissa nell’integrativo possa essere oggetto di contrattazione, ma non può essere una barriera pregiudiziale per continuare la trattativa.
Eppure, il traguardo non è lontano. È solo che innalzando muri non lo si vede.