Storie di donne, letteratura di genere/ 525 – Di Luciana Grillo

Hannah Arendt, «L’umanità in tempi bui» – Da leggere in occasione della Festa della donna… anche se non c’è molto da festeggiare

Titolo: L'umanità in tempi bui
Autrice: Hannah Arendt
 
Editore: Mimesis, 2023
Traduttrice: Beatrice Magni
 
Pagine: 296, Brossura
Prezzo di copertina: € 22
 
In occasione della Festa della Donna che si continua a celebrare l’8 marzo, benché non ci sia nulla da celebrare, tra femminicidi che aumentano e disparità salariali che non finiscono, ho pensato di mettere insieme due libri che parlano di donne (e non solo), di tempi bui come quelli che stiamo vivendo, di esperienze traumatiche, di abbandoni dolorosi.
Arendt individua alcune figure di intellettuali che hanno conosciuto i tempi bui, che hanno combattuto in prima linea, che non si sono lasciate cadere nel disimpegno.
 
Ad esempio, Rosa Luxemburg, a lungo figura marginale e non compresa della sinistra tedesca, «gettata dalla Polonia – sua terra d’origine – dentro al partito socialdemocratico tedesco».
In realtà, dopo la sua morte, avvenuta nel gennaio 1919 per mano dei Freikorps, che rappresentavano un’organizzazione paramilitare ultranazionalista e ufficialmente illegale, il governo di Bonn finì con il considerare l’assassinio come «un’esecuzione conforme alla legge marziale», quindi lecito perché aveva impedito che la Russia si impadronisse della Germania.
 
Da quel momento, la scissione fra socialisti e comunisti fu inevitabile e «la morte di Rosa Luxemburg divenne così lo spartiacque fra due epoche della Germania e un punto di non ritorno per la sinistra tedesca».
Fu poi la pubblicazione di alcune lettere private di Rosa a demolire l’idea che si trattasse di una sanguinaria «femminuccia litigiosa… romantica… né realista… né scientifica… marxista non ortodossa».
 
In realtà, di Rosa Luxemburg, dei suoi scritti e delle sue parole non è rimasto nulla, mentre si sa che ebbe rapporti affettuosi con tutti i suoi familiari che non avevano inclinazioni verso il socialismo, ma la protessero e la sostennero durante la prigionia.
Studiò la sua vita «il sig. Nettl… il suo è il primo ritratto plausibile di questa donna straordinaria», eppure nel definirla «consapevolmente donna» dimentica che «era una outsider, non solo perché era e restava un’ebrea polacca in un paese che detestava e in un partito che ben presto iniziò a odiare, ma anche perché era una donna».
 
Questo saggio affascina e incuriosisce, invita alla conoscenza di una donna di cui tutti pronunciamo il nome, ma di cui molti ignorano la vita.
Altra donna, altra storia: Karen Christentze Dinesen, che conosciamo come Karen Blixen, scrittrice danese che scrisse le sue opere in inglese, in omaggio al suo amante deceduto, cercava di restare nell’ombra, non amava le luci della ribalta, tanto da aver scelto uno pseudonimo maschile, Isak Dinesen.
A venti anni aveva al suo attivo la pubblicazione di alcuni racconti, ma solo verso i quaranta decise di fare della scrittura la sua professione, anche se aveva la sensazione di finire in una trappola.
Una sola volta «inventò una storia per guadagnare del denaro…per guadagnarsi da vivere… avrebbe potuto fare due cose soltanto, cucinare e... forse scrivere».
 
Furono poi gli eventi, il dover lasciare l’Africa e la morte del suo amante a farla diventare una scrittrice vera. Ha scritto di lei Eudora Welty: «Di una storia ne faceva un’essenza; dell’essenza ne faceva un elisir, e con l’elisir iniziava daccapo a comporre la sua storia».
Hemingway, quando gli fu assegnato il premio Nobel, disse che lo avrebbe meritato, più di lui, il «meraviglioso scrittore Isak Dinesen».
Karen Blixen, che aveva lasciato la Danimarca protettiva e forse invadente per l’Africa selvaggia e libera, capì che «ogni dolore può essere sopportato se può essere messo in una storia o se si potrà raccontare una storia su di esso» e che lo scrivere e il descrivere il dolore l’avevano resa una donna saggia. «La saggezza è una virtù della vecchiaia e arriva, pare, solo a coloro la cui giovinezza non fu né saggia né prudente».

Queste sono solo due delle vite che racconta Hannah Arendt, sufficienti comunque a stimolare la lettura dell’intera opera.

Luciana Grillo - [email protected]
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