Sarnonico si prepara per il Giorno della memoria

Il Teatro Litta presenta «Il venditore di sigari», di Amos Kamil, sabato 18 gennaio

Per ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione nazifascista sfociata nello sterminio di undici milioni di persone, tra ebrei, rom, omosessuali, oppositori politici e internati militari, sabato 18 gennaio 2014 alle ore 21.00, al Teatro Litta di Sarnonico va in scena «Il venditore di sigari», di Amos Kamil.
Traduzione di FlaviaTolnay con la collaborazione di Alberto Oliva con Gaetano Callegaro e Francesco Paolo Cosenza, per la regia di Alberto Oliva, assistente alla regia Francesca Prete.
 
«Il sigaro intorpidisce i dispiaceri e riempie le ore solitarie con milioni di deliziose immagini.»
Nella Germania appena uscita dalla guerra, due uomini soli si incontrano tutte le mattine alle sei e trenta in un negozio di tabacchi.
Uno ne è il proprietario, l’altro è un professore ebreo. Entrambi si portano dietro un segreto e alcuni frammenti della Storia, che ha appena sconvolto e quasi annientato un popolo presente in tutto il mondo con diverse nazionalità ma un’unica fede.
Questo li chiama ad assumersi la responsabilità della loro appartenenza e a definire la loro posizione.
 
Attraverso un dialogo serrato e di forte tensione, in cui si rinfacciano reciproche colpe e recriminano sui torti subiti, i due protagonisti arriveranno a scoprire chi sono veramente e quanto gli avvenimenti storici hanno condizionato la loro vita.
La partita si gioca su un piano in cui è impossibile giudicare, in bilico tra la vita e la morte, la devastazione della guerra e le ipocrisie della ricostruzione.
Come la Storia ha segnato chi si sentiva non solo ebreo, ma anche cittadino dell’Europa? Un Ebreo ha il diritto di sentirsi anche Tedesco?
È il dilemma dell’appartenenza, dell’etichetta, che ognuno si porta dietro da quando nasce e alla quale è costretto ad aderire o a ribellarsi, ma non può restare indifferente.
 
«Affrontare questo testo, da non ebreo, è per me l’occasione di indagare sulla difficoltà universale di scegliere se rimanere nascosti a combattere il nemico da dentro, o partire, abbandonando le proprie radici per combattere il nemico da lontano, ma a viso aperto.
«Penso a uno spettacolo che, partendo dalla questione ebraica, sappia trascenderla e arrivare a parlare di tutti, perché tutti prima o poi siamo chiamati a fare i conti con la nostra identità e a scegliere i tempi e i modi della nostra partecipazione sociale, oggi più necessaria che mai.»
Alberto Oliva.