Federalismo imprenditoriale? – «E’ la strada giusta»

Secondo gli ospiti dell'incontro quella delle partnership è la ricetta giusta per affrontare la globalizzazione

Le piccole e medie industrie italiane hanno trovato la ricetta per uscire dal tunnel del cosiddetto declino. E' stato un incontro in cui l'ottimismo per la nostra situazione economica ha fatto da comune denominatore a tutti gli interventi. Sarà forse a causa delle conclusioni del Governatore della Banca d'Italia Draghi che l'altroieri ha messo nero su bianco quello che molti economisti pensavano già da qualche tempo.

E così, nell'incontro a cura di Vedior dal titolo «Il federalismo imprenditoriale», i relatori - coordinati dalla giornalista de Il Sole 24 ORE Serena Uccello - hanno detto la loro partendo dal tema della mattinata ma allargandosi nel dare un giudizio su come versa la nostra industria produttiva.

Gli interventi sono stati anticipati dalla presentazione della società Vedior. Massimo Franceschi - direttore generale di Vedior, agenzia per il lavoro - ha spiegato come la sua società sia nata e come si sia sviluppata. Quasi un perfetto esempio di quel federalismo imprenditoriale tema cardine della conferenza.
«La filosofia che ha diretto la rotta della trasformazione di Vedior è stata quella di mantenere le realtà territoriali che vengono man mano acquisite dalla multinazionale e che sono principalmente PMI che si occupano di risorse umane lasciando però il management ed il marchio locale.»
«Si tratta - ha proseguito Franceschi - di una logica federalista nella quale però il globale svolge un ruolo importante, per esempio reinvestendo profitti nelle varie realtà locali per potenziarle. Il segreto è lasciare autonomia e operatività all'imprenditore che conosce le peculiarità della sua zona d'azione».

Per Gabriele Pilliteri, anima di Vedior, «la situazione attuale parte da lontano. Con il rallentamento dell'economia degli anni Novanta, molte grandi multinazionali si sono smembrate in unità produttive autonome per essere più flessibili e veloci nel soddisfare il cliente».
Un quadro che viene ben delineato dalla metafora della pulce che deve salire sulla schiena dell'elefante.
«Il global market è superato soprattutto nei servizi - ha continuato Pilliteri - e infatti le grandi aziende soffrono l'aumento della concorrenza per beni e servizi».

Paolo Preti - docente di organizzazione aziendale all'università della Val d'Aosta e alla Bocconi - dopo aver fatto i complimenti al Festival («sembra fatto apposta per una città come Trento in cui è facile muoversi e incontrarsi per scambiarsi opinioni»), ha lanciato una provocazione.
«Per me siamo all'inizio di un terzo grande momento di sviluppo per il nostro Paese. Dopo gli anni Sessanta e gli Ottanta/Novanta vedo i segnali di una nuova fase di grande crescita. Del resto come si faceva a parlare di declino? C'è stato sì un calo in quantità nelle esportazioni ma ampiamente controbilanciato da un aumento di quelle in valore! Se pensiamo al vino si è passati dal metanolo al top. Con le bottiglie italiane si esportano marchi, ricerca, qualità».

Secondo Maurizio Decastri - docente di organizzazione aziendale a Roma Tor Vergata - il cui intervento ha chiuso i lavori. «I dati ci dicono che le grandi imprese - che sembrano così invincibili vedendole da fuori - stanno scientificamente copiando le PMI italiane. Sembra incredibile ma è così. Copiano soprattutto la velocità decisionale, la leggerezza nelle procedure, in una parola la flessibilità che una piccola impresa ha perché per cambiare non deve convocare un consiglio di amministrazione in mezzo mondo. Basta che il suo titolare abbia un'idea che il giorno dopo la può realizzare».

(ms)