Ricerca e innovazione tecnologica – Di Maurizio Bornancin

Di fronte alla concorrenza dei Paesi in via di sviluppo, non si può competere sui costi di produzione: Senza innovazione e ricerca il nostro sistema rischia di morire

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La globalizzazione dei mercati, avvenuta a partire dagli anni novanta, ha accentuato il ruolo del capitale immateriale, del trasferimento delle conoscenze, delle tecnologie, quale fattore chiave dello sviluppo economico.
Su questo terreno da tempo si stanno misurando tutti i paesi europei, in una sfida che vede nella realizzazione di nuovi prodotti e di nuovi processi produttivi un sistema di confronto tra le imprese e tra le varie realtà economiche.
L’Italia, per rimanere al passo con tale fenomeno, ha cercato anche con nuove disposizioni legislative nazionali e delle Regioni e Province, di riconoscere la ricerca e l’innovazione quali priorità assolute per i prossimi anni.
Ricerca, creatività, innovazione sono le fonti della competizione e sono i punti principali dei vari progetti portati avanti dalle pubbliche amministrazioni in collaborazione con le categorie economiche e le università. Investire su queste peculiarità significa dare al mercato risposte di produttività e di sviluppo occupazionale.
La ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica, oggi più di sempre, sono considerati fattori di progresso e di miglioramento dell’economia, tanto da far crescere gli investimenti e gli stanziamenti finanziari sia del pubblico sia del privato.
 
La ricerca in Italia ha avuto un certo sviluppo sia industriale che scientifico e tecnologico negli anni settanta, quando sono nati i primi centri di ricerca: E.N.E.A, C.N.R., Istituto Donegani, il Centro Fiat ricerche e altri a livello privato.
In quel periodo, oltre ad alcune importanti scoperte energetiche, la ricerca industriale italiana caratterizzata da una buona creatività, da una certa flessibilità, raggiunge traguardi di notevole livello economico, che consentono a certi settori come l’auto, l’alimentare, il chimico e il farmaceutico di aumentare le produzioni e la qualità dei prodotti, in un mercato sempre più dinamico ed in crescita.
Negli anni ottanta e novanta, nascono collaborazioni con le Università e i primi consorzi con Istituti sia italiani sia europei, fino alla creazione di strutture particolari conosciute come «Parchi Scientifici».
Nonostante ciò il nostro Paese rimane in posizioni defilate per la spesa di ricerca, sia a matrice pubblica che privata rispetto ad altri paesi del Nord, Europa, dell’America, della Cina.
Il sistema produttivo è caratterizzato da piccole imprese e da una mancanza di capitale di rischio, strutture queste che impediscono al sistema privato di far nascere masse di risorse compatibili con lo sviluppo di nuove tecnologie in grado di portare vantaggi al settore industriale.

Ecco anche la necessità che il ruolo centrale delle logiche della ricerca e della conoscenza tecnologica sia improntato su base pubblica, in condivisione con le realtà economiche categoriali.
Rimane comunque il fatto che quando si parla di ricerca è necessaria una distinzione tra:
•    Ricerca scientifica, di base o pura: studio finalizzato a produrre nuove scoperte, nuove teorie scientifiche, nuove conoscenze, nuovi dettami tecnici, nuove formule;
•    Ricerca tecnologica: è il passaggio successivo, che parte da una conoscenza tecnico-scientifica e si prefigge di costruire o inventare metodi particolari usando un insieme di processi tecnologici come: studi, risultati di prove di laboratorio, risultanze tecniche, applicazioni sperimentali;
•    Ricerca applicata e industriale: è un nuovo metodo di lavorazione, un nuovo studio atto a migliorare il processo produttivo alla nascita di nuovi prodotti, nuovi metodi di lavorazione, nuovi macchinari di produzione, può portare a nuovi brevetti, a nuovi prototipi di strumentazioni.

L’intervento pubblico in materia di ricerca in Italia nasce con la Legge 46/1982 che istituisce due fondi: uno per la ricerca applicata, dove hanno usufruito alcune grandi industrie e il fondo per l’innovazione tecnologia che ha interessato le medie imprese.
Compaiono così i programmi nazionali di ricerca con le diverse tipologie di settori e materie. Impostazione questa di seguito richiamata anche dalle varie leggi a livello regionale.
Con gli anni ottanta anche in Trentino si sviluppa il sistema industriale e si verificano le prime ristrutturazioni e ammodernamenti produttivi in alcuni casi con riduzione dell’occupazione.
Sono stati definiti alcuni disegni di legge in materia di lavoro, di salvaguardia dell’occupazione, di riassetto finanziario aziendale, di acquisto di macchinari ed impianti e di edifici industriali e commerciali.
Una certa innovazione in materia di aiuti all’economia viene data dalla L.P.4/81, più volte modificata, che introduce anche disposizioni in materia di ricerca applicata.
Le finalità principali di tale legge riguardavano la nascita di nuove imprese e l’ammodernamento delle industrie.
Tra gli strumenti d’intervento vi erano appositi incentivi per la ricerca, per lo sviluppo di processi industriali, per il trasferimento tecnologico, per l’organizzazione aziendale.
 
Le norme di attuazione di tale legge erano racchiuse, per la prima volta, in uno specifico «Piano di politica industriale» che, per quanto concerne le misure a sostegno dell’innovazione e della ricerca, individuava una serie di temi di ricerca nei settori del risparmio energetico, recupero degli scarti, della valorizzazione delle risorse idriche, del fibre ottiche, del legno e del porfido, delle apparecchiature elettroniche, elettriche e delle telecomunicazioni, delle biotecnologie, delle automazioni di macchine e processi produttivi (hardware e software), dell’impiego dei microprocessori, dei materiali sinterizzati, nuovi materiali, della chimica farmaceutica.
In questo periodo molte aziende trentine hanno beneficiato di aiuti per progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di ammodernamento e organizzazione aziendale.
Negli anni novanta il legislatore locale, attraverso la L.P. 6/99, meglio conosciuta come legge sull’economia, ha unificato gli incentivi per i vari settori del patrimonio economico trentino, senza creare distinzioni, ma ha posto così sullo stesso piano l’industria, l’artigianato, il commercio, la cooperazione e il turismo.
Gli aiuti per progetti di ricerca che venivano valutati da un Comitato Scientifico hanno avuto un mutamento in termini di percentuali di contributo, di voci di spesa, con l’inserimento anche dei costi di ricercatori assunti per lo studio e sviluppo della ricerca, che veniva divisa in ricerca industriale e di sviluppo sperimentale
In materia di ricerca, con la L. P. 14 del 2005 viene però riordinato il sistema di ricerca e innovazione, con l’inserimento di alcune particolarità per gli Istituti ed i Centri di ricerca, ai fini di valorizzare la crescita del capitale umano, lo sviluppo delle imprese e per la diffusione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche.
 
Gli Enti e le Organizzazioni che operano nel campo della ricerca hanno subito una trasformazione finalizzata alla realizzazione di un sistema provinciale della ricerca. Nascono le Fondazioni che sostituiscono L’istituto di San Michele e l’IRST.
Ai fini della programmazione della ricerca viene approvato il programma pluriennale (2006-2008) della ricerca che prevede l’istituzione di appositi bandi per la realizzazione di progetti di ricerca e l’istituzione di un Comitato Tecnico Scientifico per la valutazione e sostenibilità tecnica e finanziaria dei progetti sia industriali che delle fondazioni.
Il nuovo Piano pluriennale della ricerca per il 2013 – 2018 ha indicato un percorso impegnativo, che prevede il tentativo di unire la ricerca con il nostro tessuto economico imprenditoriale.
Certo, il settore della ricerca con i suoi 3.914 occupati e una parte di fondi stanziati dal bilancio provinciale, pari a circa 116 milioni nel 2014 e 136 nel 2016, 132 nel 2017, è sicuramente di notevole interesse per la Provincia, ma il punto nodale delle ricadute sul territorio, della nascita di nuove e durature attività imprenditoriali, rimane come punto fermo, forse non facilmente risolvibile.
È necessario un coordinamento più incisivo degli operatori della ricerca, una sorta di HAB della ricerca, per innalzare ancora di più il sistema di ricerca trentino. In altri termini un Consorzio tra Università, Fondazione Mach e Fbk, con Trentino Sviluppo, per meglio intercettare le ricadute economico e sociali sul territorio.
 
Oggi, il settore della ricerca, per confrontarsi con l’esterno, con i nuovi mercati, con le realtà scientifiche e tecniche dei vari Paesi, che vivono di una accelerazione e dinamismo del mercato che non hanno precedenti, sono importanti gli stanziamenti e gli aiuti alle imprese e agli Enti e Fondazioni, ma è necessario anche un cambio di rotta per unire le forze, parlare un unico linguaggio, percorrere un unico tragitto che si sostanzia nel:
-    assicurare strumenti semplificati per progetti di minore dimensione per le piccole imprese;
-    sostenere nuovi strumenti finanziari per garantire l’apporto di capitale di rischio alle nuove iniziative imprenditoriali.
-    credere nelle potenzialità del made in Trentino.
 
Maurizio Bornancin