Cartoline di Bruno Lucchi. Il sogno: le ninfee di Monet

Non ho potuto incontrare il «più grande scultore» vivente? Allora proverò a conoscere «il più grande pittore» vivente

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Lancia 12 hp del 1908.
La mia prima autovettura.
Una fiammeggiante «quattro cilindri».
Velocità 90 chilometri orari.
La libertà chiavi in mano.
Prima meta: Parigi.
Scopo: Ammirare dal vivo l'opera più importante di Auguste Rodin: «Il Pensatore».
Traccio sulla cartina il percorso. Escludo i passi alpini.
Decido per un percorso non breve:
Ventimiglia. Costa Azzurra. Marsiglia, per poi andare su, verso Nord.
È l'estate del 1910.
 
L'idea di raggiungere la Capitale non solo della Francia ma del mondo dell'arte,
suscita in me una forte emozione.
«Le Penseur», dopo l'Esposizione Universale del 1900, viene elogiato sia dalla critica sia dal pubblico. Dopo averlo visto in qualche immagine sbiadita di qualche rivista specializzata, ora, finalmente, ho la possibilità di guardarlo, di toccarlo. Di scrutarlo. Di girargli attorno. Fotografarlo.
 
Durante il viaggio accarezzo l'idea di visitare lo Studio di Rodin.
È qualche mese che, con Auguste, non ci incontriamo.
Da Lione contatto la nostra curatrice Sarah Tyson Hallowell,
che collabora con noi alla promozione delle nostre opere in America.
«Auguste – mi fa sapere - si è trasferito da poco all'Hotel Biron.
«Se è fortunato lo può trovare.»
 
Ed è lì, all'Hotel Biron, che mi dirigo appena arrivato a Parigi.
Mi presento al congierge chiedendo di August.
Garbatamente, il portiere, mi risponde che il Maestro, da qualche giorno, si è recato a Londra per lavoro. «Farà rientro in città fra quindici giorni», – conclude con un sorriso.
 
Non mi resta che andare ad ammirare la maestosa scultura che domina la Piazza del Pantheon.
Leggo la didascalia: «Le Penseur» (1880-1902) Bronzo. Auguste Rodin.
 
L'opera è un invito a pensare.
Non ho potuto incontrare il «più grande scultore vivente»!?!
Allora, proverò a conoscere «il più grande pittore» vivente.
 
La sua casa-atelier a Giverny, acquistata nel 1833, dopo la morte di Eduard Manet, padrino del gruppo degli Impressionisti, Claude Monet l'ha trasformata in un'opera d'arte.
 
E così, dopo la deludente avventura Parigina, mi dirigo “in sella” alla mia fiammante Lancia 12 HP, alla volta della cittadina dove vive il grande maestro francese.
 
Rue Claude Monet 84 è un vortice di colori.
Di verdi, soprattutto.
 
Dal parcheggio intravedo la grande architettura in metallo dell'atelier, pensato e progettato da Monet stesso, per avere la luce zenitale; indispensabile per dipingere le sue grandi opere, ora esposte al Musée de l'Orangerie a Parigi.
 
Sono i colori - in perfette armonie geometriche -
e i fiori - dalle mille sfumature multicolori - che attraggono lo sguardo.
È fusione perfetta tra pittura e natura. Moltitudini di quadri da appendere alle pareti.
È ambiente fuori dal tempo. Dallo spazio.
In contrasto con la campagna circostante. E' opera di Land Art.
Fiori di terra e fiori di acqua: vera trasposizione dell'arte, più che modello per quadri.
 
Claude non lo vedo.
«Viendra plus tard», – mi dice un giardiniere.
La casa-museo nel suo fascino permette, anche con l'artista assente, a un incontro con «l'uomo Claude» nella sua quotidianità.
La pregevole cucina, l'ampia sala da pranzo. Le stanze gremite di quadri firmati da artisti di cui Monet ha forte ammirazione: Delacroix, Renoir, Cézane, Sisley e alcuni dipinti di artisti che sostiene, come Signac.
Una grande collezione di opere d'arte che rende la palazzina un vero scrigno dell'Impressionismo.
 
Il tempo, quando sei immerso nella bellezza, sfugge.
 
Prendo il viale che porta al cancello.
In cartello giallo recita: «uscita».
Un secondo: «al parcheggio».
La mia Lancia HP 12, mi attende da ore, impaziente.
Mentre sto per prendere posto e riprendere tra le mani l'emozione dei 90 km orari,
lo vedo.
Appoggiato al parapetto del ponticello sopra lo stagno.
La folta barba bianca.
L'enorme cappello di paglia che lo ripara dal sole.
È intento a guardare le «sue» ninfee.
Raccoglie ispirazioni - penso.
Per la fretta, chiudo con forza la portiera della vettura.
Claude, sente il rumore.
Volta lo sguardo verso di me....
 
Driiiin!!!!
 
La sveglia suona.
È ora di alzarsi.
Il programma della giornata prevede, con Graziella e i compagni di viaggio,
la visita alla Fondazione Monet a Giverny. Ottanta chilometri a nord di Parigi.
 
Quanti sogni «con» e «nell'Arte».
Alcuni solo immaginari, molti vissuti e chissà quanti da realizzare.
 
Bruno Lucchi.































 Bruno Lucchi 
Via Marconi,87 - 38056 Levico Terme – Trento
[email protected]
+39 (0)461 707159 studio - +39 329. 8632737
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