Storie di donne, letteratura di genere/ 413 – Di Luciana Grillo

Teresa Porcella, «Aiutiamoli a fare da soli - Maria Montessori si racconta» – La storia di Maria, mamma di tutti i bambini, «i suoi veri compagni di vita, i suoi maestri»

Titolo: Aiutiamoli a fare da soli.
            Maria Montessori si racconta

Autrice: Teresa Porcella
Illustrazioni: Marta Pantaleo
Editore: Editoriale Scienza 2021
Lettura: da anni 11 in su
Pagine: 123, più pagine bianche per Note, Rilegato
Prezzo di copertina: € 12,90
 
Noi adulte e adulti sappiamo molto di Maria Montessori, conosciamo scuole che ne portano il nome e adottano il suo metodo, ricordiamo che è stata una donna forte, dalla cultura vasta, medica e pedagogista, femminista e scienziata.
Dunque, seppe capire il valore delle donne, ne diventò testimonianza vivente, a prezzo anche di sacrifici e umiliazioni.
Questa accattivante pubblicazione, dedicata ai ragazzi, arricchita da disegni vivaci, è una specie di autobiografia, in cui Maria racconta la sua vita, descrive i genitori (il papà che «fuori di casa tutti descrivevano come uno serio e rigoroso, io devo dire che, con me e mamma, lui rideva spesso e forte…. Aveva la mania di misurare e contare tutto… Persino sulla lunghezza dei suoi baffi neri era implacabile: se li misurava tutti i giorni e, se superavano i 5 centimetri, li spuntava subito, senza pietà!», la mamma, capace di «trasformare le cose tristi in cose allegre in un istante, con la velocità che solo hanno i cuori capaci di accordarsi ai battiti altrui»), si presenta con schiettezza dichiarando la sua volontà di diventare un’attrice: «A me piaceva osservare, imitare, ballare, travestirmi, inventare storie e personaggi… Mamma lo aveva capito bene già da allora, e nonostante essere attrice non fosse un mestiere ritenuto serio per una donna, lei non mi fece e non mi ha mai fatto mancare il suo appoggio».
E confessa candidamente che non le piace studiare, ma ha compreso che «s’impara solo osservando, imitando e divertendosi. Se gioco mi diverto, se mi diverto imparo…».
 
E per imparare, sceglie scuole frequentate dai maschi, come la Regia Scuola Tecnica M. Buonarroti, poi l’Istituto Tecnico maschile Pietro da Vinci, che per lei «fu un’ottima palestra per il futuro», infine la Facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali frequentata per un biennio, prima di accedere alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma nel 1891.
In realtà la richiesta di Maria viene rifiutata dal prof. Baccelli, e lei senza indugio si rivolge al Papa Leone XIII che la incoraggia scrivendole che «la medicina è un nobile ufficio per la donna». Così Baccelli deve ammetterla al terzo anno!
Maria si laurea nel 1896, affrontando una tesi sperimentale in psichiatria, ma si rende conto che, siccome è una donna, tutto per lei è più complicato, dal voto di laurea – non il 110 che avrebbe meritato, ma 104 – alla pubblicazione della sua tesi per un convegno, firmata a quattro mani…
«Sul lavoro non c’era nessuna parità tra uomini e donne, nessuna. Se fossi stata maschio, il voto di laurea sarebbe stato 110 e la firma su quella ricerca una sola, la mia… dovevo dimostrare che una donna medico vale quanto un uomo medico… ben presto io divenni famosa, ovviamente come poteva esserlo una donna medico quei tempi e cioè famosa non in quanto medico, ma in quanto donna che voleva fare il medico…».
 
E così via, i giornali parlano di lei, scrivono che è carina ed elegante, «pessime cose! Stiamo parlando di un medico a un convegno scientifico, e non di una bambolina a un’esposizione di giocattoli!».
Per Maria la battaglia si combatte su tre fronti: deve «essere un medico, essere donna ed essere rispettata», e deve combattere come ormai si combatte in Europa, a cominciare dall’Inghilterra, dove le donne pretendono che sia riconosciuto a loro il diritto di voto.
In Italia ha la fortuna di incontrare donne straordinarie come Ersilia Bronzini Majno e Anna Kuliscioff e tante altre, ma si dovrà aspettare il 1946 perché il diritto di voto sia concesso alle donne! Intanto, a pochi mesi dalla laurea, Maria fonda l’Associazione Per la donna, viene eletta delegata al Congresso Internazionale delle Donne di Berlino (1896) e vi partecipa con il sostegno economico di tante donne e persino del Comune di Chiaravalle, la sua Chiaravalle.
 
Il tema che le è più caro è quello dell’istruzione: «Non può esserci equità in uno stato se non si garantisce il diritto all’istruzione e la parità nel lavoro tra i sessi».
Tre anni dopo è a Londra, delegata del governo (per volere del prof. Baccelli!) al II Congresso Femminista, i suoi interventi sono pubblicati, il successo che riscuote è indiscutibile. Intanto lavora come pediatra e presso la Clinica psichiatrica, poi all’Istituto Medico Pedagogico e si innamora di un collega, Giuseppe Ferruccio Montesano, con il quale condivide l’interesse per i bambini, «quegli esserini dai pensieri strappati e stropicciati».
E un bambino tutto loro arriva inaspettato, Mario. Avevano deciso che non si sarebbero sposati, e non si sposano; Maria sa - e la madre glielo conferma - «che l’opinione pubblica non era per niente benevola nei confronti felle donne che volevano fare professioni da uomo… che per le donne nubili e madri (anche se istruite e di un certo livello sociale) non c’era nessuna possibilità di mantenere un lavoro… che il prezzo di quella situazione non lo avrei pagato solo io, ma anche mio figlio: sarebbe stato messo ai margini e deriso… Non devi sposarti, Maria. Non sei né la prima né l’ultima donna che avrà un figlio senza essere sposata. Ma sei l’unica donna, oggi, che può combattere per la libertà e i diritti di tutte le donne e per tutti i bambini…».
 
Dunque il bambino viene affidato ad altri, secondo Maria «l’amore e il dolore puoi solo viverli fino in fondo e custodirli in silenzio».
Anche con Giuseppe il rapporto si va spegnendo, a Maria che gli comunica un nuovo metodo per entrare pienamente in sintonia con i bambini Giuseppe risponde con un sorriso solo gentile.
La mamma capisce, «agli uomini non piacciono le donne troppo intelligenti, soprattutto quando si muovono nel loro stesso ambito di lavoro… agli uomini non piace il ruolo di comprimari…».
Alla rottura con Giuseppe, segue un periodo molto difficile, perché lo stesso nome della Montessori viene messo in ombra, cancellato! Delusioni e dolori colpiscono Maria, che non demorde, chiede un incarico di insegnante al Magistero, riesce persino ad aprire a Roma nel 1906 la prima casa-scuola d’Italia.
E finalmente le intuizioni e le capacità di Maria non vengono più messe in discussione.
 
Questa ricca e suggestiva quasi autobiografia si chiude con una postilla di Mario che parla di sua madre: «io me la sono dovuta conquistare: non l’ho avuta in dono alla nascita, come succede alla maggior parte dei bambini» e ne ripercorre la vita, il trionfo in America e in Spagna, la fuga in Inghilterra dopo la chiusura delle scuole montessoriane ordinata dal Fascismo, la permanenza in India, le tre candidature al Premio Nobel, infine la morte serena in Olanda nel 1952, mentre alla sua età - era nata nel 1870 - progettava un viaggio in Ghana.
Grande donna, Maria, figlia di una grande mamma e mamma di tutti i bambini, «i suoi veri compagni di vita, i suoi maestri»!

Luciana Grillo - [email protected]
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