Storie di donne, letteratura di genere/ 558 – Di Luciana Grillo

Francesca Romana Mormile, «Di quel che c’è, non manca niente» – Un impietoso ma indiscutibile giudizio dell’autrice: «…tutti imputati in contumacia, gli adulti»

Titolo: Di quel che c'è, non manca niente
Autrice: Francesca Romana Mormile
 
Editore: Marlin (Cava de' Tirreni), 2024
Genere: Letteratura contemporanea femminile
 
Pagine: 368, Brossura
Prezzo di copertina: € 17
 
Un titolo un po’ criptico, una copertina in cui fa da sfondo un’ombra, mentre da una «pizza» si srotola la pellicola sfiorata dal piede di un ragazzo… mi incuriosisce questo romanzo scritto da Francesca Romana Mormile di cui ho letto già due lavori e che ho avuto il privilegio di presentare sia a Maratea che a Trento nel corso del 2022.
Questo romanzo ha un taglio tutto speciale: è strettamente connesso al cinema, tanto che ogni capitolo ha come titolo la citazione di un film, da «La mia Africa» a «Chi ha incastrato Roger Rabbit?», dal «Diario di Bridget Jones» a «Blow Up», e così via, senza trascurare i film per ragazzi come «Pippi Calzelunghe» e «Alice nel Paese delle meraviglie.
 
La storia sembra semplice: una madre sola, un figlio che prende strade sbagliate, burocrazia e pandemia.
Superfluo raccontare lo stato d’animo di Ludo, una mamma coraggiosa che pensa: «Vorrei essere la gamba normalizzata da un gesto veloce e invece sono al chiodo per Miguel, che oscilla tra una sparizione e un chissenefrega, tra l’indifferenza apparente dei suoi anni e l’angoscia smisurata dei miei…», che ricorda «un tempo lunghissimo in cui siamo stati in grado di capirci senza parlare e certi di un legame che nessuna tormenta avrebbe potuto spezzare. Fesserie», che ha portato con sé il bimbo Miguel in Togo, dove «l’adolescenza è un ponte rotto e da figli a padri si passa in un baleno».
 
La morte del nonno per Miguel è senz’altro un grande dolore, Ludo pensando ai suoi quattro figli si dice: «ho cominciato a fare il padre con la partenza del loro, poi ho cercato di fare il nonno e non mi è riuscito neanche un po’. È rimasta un’icona, almeno lui».
Mormile entra con scioltezza in campo, scrive in assoluta libertà, comunica a chi legge pensieri emozioni dolori e speranze di Ludo che deve occuparsi di tutto, anche se non ne ha voglia, mentre «una montagna di panni sgualciti mi fissa da settimane» e lei deve pensare a Miguel, «attivare un sostegno psicologico per il figlio minore…» eccetera eccetera. Ludo ha le amiche con cui scambiare quattro chiacchiere, gli altri figli che vanno a trovarla, ma poi partono per le loro destinazioni; conquista infine lo specialista che deve occuparsi di suo figlio, ma con Miguel è sempre un testa a testa.
 
Ciò che emerge in questa storia è l’indifferenza di chi dovrebbe intervenire, i silenzi di chi finge di non sentire, l’impotenza di chi vorrebbe ma non sa o non può o non vuole, e insieme il coraggio di una madre che sa giocare con le parole, che sa ironizzare in certe situazioni, che sa alleggerire i discorsi pesanti.
Quando insieme vanno in pizzeria, Ludo vede in Miguel Pinocchio e Lucignolo, «due in un ragazzino solo» che davanti ai Carabinieri abbassa la testa, che decide di non andare a scuola e di non fare la terapia.
Irrompe nella vita di tutti i giorni l’allarme coronavirus, si è obbligati a stare in casa, ma Miguel ignora l’imposizione, solo il referente di San Patrignano che lavora nel Lazio sembra capire il problema e Ludo si consola: «per la prima volta sento una lingua che riconosco, senza rimedi, sottintesi o allusioni a possibili ingigantimenti».
 
La solitudine diventa insopportabile, è amareggiata profondamente Ludo quando scrive:
«Latitano, gli adulti, si imboscano per non farsi trovare dai propri anni, dai ruoli che dovrebbero interpretare. Nessuno è salvo… Tutti usciti dal vocabolario dei sinonimi e contrari, tutti elusivi e ambivalenti: i genitori affidatari e quelli assenti non giustificati, i giudici, gli assistenti sociali, gli educatori, per non parlare di quanti utilizzano tematiche spinose per farne spot da campagna elettorale».

Chiudo qui, non ho parole da aggiungere, il giudizio di Ludovica è indiscutibile.
«…tutti imputati in contumacia, gli adulti».

Luciana Grillo - [email protected]
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