Crisi Ucraina, ce ne parla Mario Raffaelli – Di Nadia Clementi

«Putin sarà costretto ad accettare la pace quando si convincerà che non può vincere»

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Forte preoccupazione per la crisi russo-ucraina viene espressa dal gruppo politico «Azione di orientamento liberale», che auspica la prosecuzione di intense azioni diplomatiche per recuperare la situazione e scongiurare i rischi di un conflitto peggiore di quello scoppiato nel 2014 con la crisi di Crimea, che ha provocato non solo devastanti perdite umanitarie, ma anche pesanti effetti economici di lungo periodo per le imprese italiane.

«Il problema ucraino è un problema nostro, è in ballo la democrazia e il modello di libertà che l'Occidente promuove, – dichiara Mario Raffaelli. – Fino a quando Putin avrà la speranza di vincere, non si creeranno le condizioni per un proficuo negoziato, Proprio per questo bisogna accelerare e rafforzare i supporti affinché comprenda come la vittoria in Ucraina sia impossibile. A quel punto potrà iniziare un serio e probabilmente equilibrato processo di dialogo.»

In occasione dell’incontro pubblico dedicato all’attuale situazione e gli scenari futuri della crisi Ucraina, che si è svolto a Trento lo scorso 16 gennaio abbiamo intervistato l’on. Mario Raffaelli, che dal 2022 è segretario provinciale di «Azione» per la Provincia Autonoma di Trento, responsabile tematico per la politica estera e membro della Direzione Nazionale del partito.

Il profilo di Mario Raffaelli, già deputato e Sottosegretario agli Esteri ed esperto in affari internazionali è disponibile a questo link.


Incontro a Trento sull'Ucraina.
 
Onorevole Raffaelli, dove affonda le sue radici questo conflitto Russo-ucraino?
«Russia e Ucraina hanno una storia intrecciata fin dal Medioevo con fasi alterne e momenti drammatici, il più importante dei quali (rimasto profondamente inciso nella memoria degli ucraini) è il cosiddetto Holodomor il nome con il quale si designa lo sterminio per fame di milioni di persone (da 4 a 6) perpetrato dal regime sovietico a danno della popolazione ucraina.
«Stalin mise in atto una prima operazione speciale nel 1932-33 per eliminare i piccoli imprenditori agricoli (Kulaki) che si opponevano alla collettivizzazione forzata delle terre (vedi nostro servizio storico). Anche in virtù di questo ricordo la stragrande maggioranza della popolazione ucraina russofona non ha alcuna intenzione di tornare sotto il dominio della Russia.
«Più recentemente, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e l’indipendenza dell’Ucraina (1991), si è aperto progressivamente un contenzioso in relazione alla presenza di minoranze russe nell’est del paese (il Donbass) culminato nell’inizio di un conflitto in quell’area (2014).
«Tale conflitto ha visto il supporto diretto della Russia, prima con l’invio di truppe mascherate da ribelli locali, poi con l’intervento aperto e l’occupazione della Crimea.
«Il conflitto fu poi congelato in seguito agli Accordi di Minsk (2014-2015), negoziati da Russia, Ucraina, Donetsk e Lugansk: gli accordi prevedevano la cessazione delle ostilità, il ripristino del controllo delle frontiere orientali da parte di Kiev, l’organizzazione di elezioni in Donbass, seguite dalla reintegrazione delle repubbliche separatiste nell’Ucraina con uno statuto di autonomia speciale.
«In realtà gli accordi hanno prodotto solo una riduzione della intensità dei combattimenti, mentre per il resto., si sono sempre scontrate due interpretazioni diverse degli accordi e della sequenza con cui applicare gli impegni.»
 

Il pubblico dell'incontro a Trento.
 
Condivide l’affermazione di Putin, per cui la NATO sta facendo una guerra per interposta persona?
«Se la Russia non avesse aggredito e invaso l’Ucraina non ci sarebbe stato alcun intervento della Nato e dei paesi occidentali. Ed è falsa anche l’idea che Putin abbia reagito alla cosiddetta espansione della Nato.
«Nel 1994, con un memorandum firmato a Budapest, l’Ucraina cedette alla Russia l’ingente arsenale nucleare che possedeva (circa 4.000 testate). In cambio, Russia, Us e UK si si impegnavano a rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina e a non interferire nella sua politica interna.
«Tale impegno, ribadito nel 2009 (ai tempi di Obama e Putin) è stato violato da Putin nel 2014 con l’annessione militare della Crimea e nel febbraio dell’anno scorso con la tentata invasione dell’intera Ucraina. Un attacco che sarebbe stato impossibile se Kiev avesse mantenuto il controllo del deterrente nucleare.
«Inoltre, nel 1997 era stato stipulato un accordo fra Nato e Urss, nel quale si stabiliva che nei paesi ex Unione Sovietica che avessero aderito alla Nato negli anni successivi non sarebbero state dislocate armi nucleari. Quindi, firmando tale accordo, la Russia era consapevole che ciò sarebbe accaduto e lo accettava.
«La Nato ha sempre rispettato tale accordo mentre, nel frattempo, la Russia ha dislocato a Kaliningrad (l’ex Königsberg) missili con testata nucleare che possono raggiungere in un minuto tutte le capitali europee.
«Infine, nel tentativo di scongiurare l’intervento russo, sia Macron che Scholz si sono recati a Mosca alla vigilia del conflitto chiarendo che non c’era alcuna intenzione di far entrare l’Ucraina nella Nato (per un tempo prevedibile, che in linguaggio diplomatico significa mai) e proponendo di tornare al tavolo di Minsk per riprendere ili negoziato.
«In realtà le ragioni che hanno condotto Putin ad attaccare sono vocazione imperiale che costituisce il tratto distintivo di tutta la storia russa (dagli zar all’epoca sovietica, al Russkiy Mir di Putin) e il timore di veder crescere un sistema democratico (con il suo potere attrattivo) alle proprie frontiere.»
 

 
A quasi un anno dall’inizio del conflitto, si assiste a un sostanziale «pareggio». Non le pare giunto il momento di obbligare le parti a un cessate il fuoco? L’Occidente potrebbe obbligare Zelenskj… ma Putin?
[Ci si riferisce alla necessità che l’Ucraina debba rinunciare a parte dei territori, come la Crimea, che è stata russa finché Krusciov non l’ha ceduta a Kiev in piena URSS]
«Il cessate il fuoco e un negoziato serio non potranno mai avvenire con l'accettazione da parte ucraina della situazione attuale e un’ulteriore perdita del proprio territorio.
«Non sono le due parti che devono essere costrette al cessate il fuoco e al negoziato. È Putin che deve essere costretto ad accettare questa via e non lo farà mai fino a quando non si convincerà del fatto che non può vincere.
«Solo a quel punto potrebbe accettare quindi di ritirare lei proprie truppe almeno fino alle linee del 24 febbraio 2022. Se facesse questo allora si potrebbe stabilire un vero cessate il fuoco e iniziare un negoziato sullo status delle regioni contestate. Tale negoziato potrebbe durare anche anni ma si svolgerebbe in assenza di guerra aperta e, nel frattempo, potrebbe essere affrontato il problema della ricostruzione dell’Ucraina.
«Inoltre, bisogna tener presente che la pace non è mai il frutto di buone predicazioni ma della costruzione delle concrete condizioni per far si che le parti ritengano possibile (o necessario) sedersi al tavolo anziché sparare per tutelare i propri interessi. Per questo le pressioni diplomatiche, economiche e anche (quando inevitabile) militari non sono un’alternativa al negoziato ma sono spesso il presupposto per arrivarci.»
 
 
 
La Russia non può perdere e l’Ucraina deve restare uno stato sovrano. A quale soluzione si può pensare?
«Alla vigilia della Prima guerra mondiale c’era una escalation da parte di tutti i paesi europei, ora l’Unione Europea è un sistema di relazioni che ha assicurato un’era di pace senza precedenti. L’interesse dell’Europa (e degli Usa) non è certo quello di dar vita ad una escalation. E l’aiuto militare limitato fornito all’Ucraina deriva proprio dalla volontà di non dare alibi a Putin (sarebbe stata sufficiente l’imposizione di una no Fly zone per fermare l’invasione russa).
«C’è un difficile equilibrio da perseguire per evitare non scontro diretto senza consentire alla Russia non solo di compiere un crimine internazionale ma stabilire anche un precedente che impedirebbe in radice e per un tempo indefinito la possibilità di costruire un ordine internazionale più pacifico e cooperativo.»
 
L’Italia manderà i missili antimissile. È d’accordo che si tratta di armi difensive e non offensive?
«Trattandosi di armamento antiaereo è difensivo per definizione.»
 
L’ambasciatore russo a Roma continua a diffondere notizie che Crosetto definisce false. Potrebbe aiutare lei a fare chiarezza?
[Ci si riferisce alle mine antiuomo che l’Italia ha bandito con l’accordo di Ottawa nel 1998]
«Le falsificazioni russe sono evidenti a chiunque abbia potuto vedere i talk show delle loro televisioni (superano abbondantemente i nostri che pure abbondano di stupidaggini).»
 

 
Lei è d’accordo sull’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea?
«Prima dell’invasione russa era impensabile, oggi una necessità. Ovviamente, però, questo ulteriore allargamento (con un paese dalle enormi dimensioni) comporta necessariamente la riformulazione dell’Unione Europea, individuando un cerchio più stretto dove è possibile un'integrazione economica, politica e militare sia più stretta e un cerchio più ampio per la cooperazione di tutti i paesi aderenti.
«È una discussione già in corso.»
 
È ancora discutibile, l’entrata della Ucraina nella Nato?
«L’aggressione russa ha già provocato la richiesta di Svezia e Finlandia (prima impensabile) e accettata dai paesi Nato (tranne finora la Turchia).
«La posizione dell’Ucraina potrebbe trovare una soluzione nell’ambito di una trattativa che ne accolga le richieste e, d’altro canto, preveda la sua neutralità.
«È il caso, per esempio dell’Austria che è parte dell’Unione Europea ma ha uno statuto di neutralità (non fa parte infatti della Nato).»
 
Secondo lei, basterebbe un accordo USA-Cina per porre fine al conflitto?
«Un accordo Usa-Cina potrebbe certamente determinare una svolta. Già oggi la posizione cinese che, pure alleata della Russia difende il principio dell’integrità delle frontiere e rifiuta qualsiasi ipotesi di utilizzo dell’arma nucleare contribuisce a rendere difficile una escalation incontrollata.
«La Cina del resto è interessata a mantenere una stabilità internazionale e a non interrompere la libera circolazione internazionale delle proprie merci (fondamentale per sostenere la sua crescita). Un suo ruolo più attivo e costruttivo sarebbe quindi molto utile.»

Nadia Clementi - [email protected]
Mario Raffaelli - [email protected]