Comunità di Valle in Trentino, il dibattito – Di Paolo Farinati

Ricordiamoci le parole di Alcide Degasperi: «Dobbiamo essere sempre capaci di fare meglio con minori risorse»

Si ritorna a dibattere in Trentino sulle Comunità di Valle, della loro esistenza futura o meno, del loro ruolo politico e amministrativo, della loro sostenibilità. Confronto ripartito dopo che la Giunta provinciale del Presidente Maurizio Fugatti e dell’Assessore delegato alla materia Mattia Gottardi hanno steso un primo documento di riforma degli enti intermedi territoriali.

Confronto più che opportuno, l’importanza di questa riforma o revisione è tale che va giustamente aperta alla voce e al contributo dei Sindaci e delle singole nostre comunità.
Ma vorrei tentare di fare una riflessione più complessiva. Il Trentino ha una superficie di circa 6.207 km quadrati, una popolazione di circa 542 mila persone, una densità di popolazione di 87 abitanti per km quadrato e può contare su 166 Comuni. Il vicino Alto Adige Sudtirol ha un’estensione di circa 7.398 km quadrati, una popolazione di circa 521 mila persone, una densità di 72 abitanti per km quadrato e si divide su 116 Comuni.
 
Il territorio delle due Province Autonome lo possiamo considerare assai simile, laddove la presenza delle montagne è considerevole, oltre che molto apprezzata ambientalmente e turisticamente, e si alterna a numerose valli di diversa morfologia. Sappiamo che questo comporta una conduzione politico – amministrativa non sempre facile. Basti pensare le difficoltà di portare e gestire su tale territorio servizi primari quali la sanità, l’istruzione, il pubblico trasporto, la distribuzione dell’energia elettrica, dell’acqua, del riscaldamento, dei rifiuti urbani, solo per fare alcuni semplici esempi.
Fin dai secoli scorsi le nostre comunità, sia di valle che di montagna, si sono per questo organizzate e unite per garantire la miglior qualità dei servizi alle famiglie e alle imprese e per abbatterne i costi medi. In tal senso, va detto e riconosciuto, senza alcuna presunzione, che il Trentino è certamente oggi modello positivo. Ma, va doverosamente aggiunto, sempre migliorabile.
 
I circa 4.500 milioni di euro a disposizione ogni anno della Provincia Autonoma di Trento non sono poca cosa, anzi. A mio modesto parere, vanno monitorati, razionalizzati, non sprecati e meglio allocati. I capitoli della parte corrente del bilancio dovrebbero e possono essere ridotti in maniera significativa, portando risorse verso le voci in conto capitale, ovvero in favore degli investimenti. Investimenti che, se ben programmati, garantiscono qualità della vita e maggior benessere futuro alle nostre comunità.

Una sana e lungimirante programmazione degli investimenti richiede enti forti e affidabili, anche e soprattutto finanziariamente. La Provincia di Trento lo è certamente: a parte i cugini della Provincia di Bolzano, in Italia non vi è altra comunità di poco più di 540 mila abitanti che può contare su 4.500 milioni di euro di risorse pubbliche. Dobbiamo essere onesti con noi stessi. Ma i 166 Comuni del Trentino sono alla stessa maniera forti e affidabili finanziariamente? La mia trascorsa esperienza di pubblico amministratore e i contatti che ancora oggi ho con vari attuali Sindaci e Assessori comunali, mi fa dire assolutamente di NO(!).
 
Vi sono Comuni che scarseggiano di personale operativo e di risorse economiche, anche per opere minori e servizi importanti per i loro cittadini. Ne paga spesso la qualità della vita in quei Comuni, esiste frequentemente l’incapacità di dare risposte pronte alle richieste anche tanto attese dalle persone.
Ecco che allora, se fossi il Presidente Fugatti, l’Assessore Gottardi o un qualche Sindaco, indifferentemente se di Comune grande o piccolo del Trentino, coglierei la positiva occasione della «revisione» delle Comunità di Valle per andare alla radice del vero problema: l’eccessivo numero dei nostri Comuni trentini. Ben 50 in più rispetto all’Alto Adige Sudtirol, Provincia quest’ultima che è pure più estesa della nostra(!).

Unire alcune dei nostri Comuni li renderebbe più forti, anche contrattualmente verso la PAT, più affidabili nelle loro risorse e più capaci di riscontri concreti ai propri abitanti. Le condizioni ci sono tutte. È sempre questione di lungimiranza, di sana umiltà, di minor «mal de campanil», di fare un passo indietro singolarmente per farne poi dieci assieme in avanti. Argomento principe non devono essere le poltrone in meno, ma la qualità offerta quotidianamente alle persone che vivono in Trentino.
 
In conclusione, laddove anche la spesa pubblica dell’Italia e il suo debito sono quelli che purtroppo ben sappiamo, da cittadino chiedo alla politica locale di fare uno sforzo: uniamo i Comuni, i due livelli istituzionali costituiti dalla Provincia e dai Comuni (di minor numero!) sono più che sufficienti per governare 540 mila persone e 6.207 km quadrati di territorio.
Ricordiamoci le parole di Alcide Degasperi, riferite all’ottenimento e al mantenimento in futuro della nostra Autonomia Speciale: «...dobbiamo essere sempre capaci di fare meglio con minori risorse…».

Paolo Farinati