A cent’anni dalla Marcia su Roma, il nostro commento
La Marcia fu figlia del suo tempo. E la dittatura fu figlia di una Costituzione modificabile a piacimento, senza alcuna protezione giuridica e istituzionale
Nelle sei puntate con le quali abbiamo raccontato i cent’anni dalla Marcia su Roma, abbiamo solo riportato i fatti, senza esprimere alcun parere.
Questo perché oggi tutti sanno condannare la Marcia su Roma, ma pochi sapevano che cosa fosse accaduto realmente.
Speriamo di aver fatto chiarezza.
Adesso però vogliamo esprimere un giudizio anche noi.
Nel primo dopoguerra l’Italia era sconvolta da una guerra civile strisciante, che lasciava vittime un po’ in tutto il Paese. Quattro anni di guerra avevano abbassato pesantemente il senso legalitario e il valore della vita.
Oggi sembra pura follia, ma allora non si facevano scrupoli a fare violenza, a rapinare, a uccidere, a distruggere.
D’altronde, come fai a obbligare i ragazzi a sparare per uccidere «legalmente» perché sei in guerra e poi pretendere che nel giro di qualche giorno tornino a vangare i campi o a lavorare serenamente in una catena di montaggio?
Poiché lo Stato preferiva non intervenire, nacquero le Bande Nere per contrastare le Bande Rosse e difendere i cittadini.
La differenza tra le bande rosse e quelle nere stava in più fattori. Il primo è che i rossi non accettavano una guida, un comando. Quindi agivano di testa propria, senza un disegno ben preciso che andasse più in là dell’azione immediata. Per molti rossi perfino le elezioni andavano condannate perché erano una sorta di riconoscimento dello stato democratico
Le bande nere invece avevano una struttura gerarchica, propria di chi è stato nell’esercito. Quindi erano abituate a ricevere ordini. Ed eseguirli.
Ma soprattutto avevano una guida decisamente sopra la media: Benito Mussolini. Possiamo dire tutto quello che si vuole, ma certamente era un uomo politico sopra la media.
Lo stesso Lenin aveva criticato i comunisti italiani, dicendo «In Italia avevate un solo rivoluzionario, e voi ve lo siete fatto sfuggire». Si riferiva a Mussolini.
Senza Marcia su Roma, il Duce non sarebbe mai diventato presidente del Consiglio, con i suoi soli 40 seggi.
Grazie al Re, assunse l’incarico in una situazione decisamente eversiva, ma alla fin dei conti coerentemente con la democrazia di allora.
Altro che la fiducia del Parlamento… Nel suo primo discorso alla Camera, Mussolini aveva detto che avrebbe mandato a casa i parlamentari. E i parlamentari lo applaudirono… A Parte Matteotti.
Già. Proprio Matteotti segnò il passaggio da democrazia a dittatura. Oggi, dopo l’uccisione di un deputato che, direttamente o indirettamente veniva quantomeno fatta risalire a lui, Mussolini avrebbe dovuto dimettersi. Punto e basta.
E invece, la dittatura cominciò da lì.
Come fu possibile? E qui sta un altro punto fondamentale. Allora la Costituzione poteva essere cambiata con la facilità con cui si cambia uno statuto condominiale. Oggi, come abbiamo visto, sarebbe del tutto impossibile.
Per concludere, la solidità della Costituzione è l’unica garanzia di una vera democrazia.
E quando vediamo paesi come la Russia e la Cina che, per consentire al leader di continuare a governare, modificano la costituzione a piacimento, vediamo subito la differenza tra chi ha una democrazia solida e chi non ce l’ha. E annusiamo il pericolo.
Sì, perché alla lunga un capo del governo deve andare a casa.
Mussolini nei primi anni di governo fece cose strabilianti. Sanò il debito pubblico, rivalutò la Lira, ridusse la disoccupazione, impose la pace nel Paese. I capi di stato stranieri arrivarono a dire che l’Italia era fortunata ad avere un capo come lui.
Ma divenne un dittatore. E come tutti i dittatori fu deleterio. E portò il Paese al disastro.
Il regalo che ci hanno fatto i padri fondatori della Repubblica Italiana dandoci una Costituzione così bella e intoccabile, è il simbolo della resurrezione di un Paese che per 20 anni aveva visto calpestare tutti i valori.
Guido de Mozzi