Uno sguardo globale verso un’economia sostenibile a km zero
«L’unica bottiglia ecologica che non inquina è quella che non si compra»
Oggi alla Fondazione Franco Demarchi nell’ambito del Festival dell’Economia si è svolto un confronto per mettere in luce nuove prospettive di un’economia emergente, solidale, sostenibile ed ecologica che potrebbero aiutare a riportare al centro un’economia territoriale di valore.
In merito sono intervenuti Paolo Cacciari, esperto di economia solidale, autore di «101 piccole rivoluzioni - Storie di economia solidale e buone pratiche dal basso», Daniel Tarozzi, giornalista e fondatore dell’«Italia che cambia», e Pietro Valenti, consulente che opera in Asia nel settore tessile.
Tanti gli spunti di riflessione emersi dai relatore che, pur con diversi approcci, concordano nel dire che il contributo dei cittadini in termini di sostenibilità consiste nel consumare meno.
Daniel Tarozzi, giornalista fondatore dell’«Italia che cambia», raccontando la nascita del suo movimento caratterizzato dalla raccolta di esperienze progettuali create dal basso, ha sottolineato quanto sia importante nei movimenti di cambiamento il ruolo dell’informazione.
«Sono tante le cose che non conosciamo – ha spiegato Tarozzi – e per conoscerle dobbiamo andare a vederle. Il modello economico attuale non è più sostenibile.
«Una soluzione? Consumare di meno. L’unica bottiglia ecologica che non inquina è quella che non si compra.»
Pietro Valenti, riprendendo la questione della sostenibilità ha raccontato che l’industria tessile è la seconda realtà più inquinante al mondo, la prima è quella petrolifera.
«Il problema dell’industria manifatturiera in termini di sostenibilità sono i suoi volumi. Dai 9 milioni di tonnellate di merci in movimento sul pianeta del 2000 siamo passati oggi ad averne 20 milioni.
«Affinché una catena di produzione sia sostenibile deve ridurre la quantità di risorse utilizzate e limitare l’inquinamento rispetto al quale siamo tutti responsabili.
«Il cittadino per un consumo sostenibile dovrebbe consumare meno e in maniera diversa, informarsi, ma non sui social, leggendo le etichette di ciò che compra per capirne la composizione e la biodegradabilità.
«Potrebbe inoltre pensare ad un noleggio di vestiti e premere sulla politica perché possa legiferare sull’argomento.»
Paolo Cacciari ha evidenziato che là dove ci sono meno regole e dove i costi di mano d’opera sono inferiori, meno è anche la salvaguardia nei confronti dell’ambiante.
L’economia a basso costo riprendendo l’enciclica di papa Bergoglio ha, infatti, delle ripercussioni sull’ambiente.
Siamo entrati in una spirale di geocidio, biocidio ed ecocidio. Le forme di economia dovrebbero cercare di produrre cose che durino e che non inquinino.
Ci sono tanti soggetti impegnati, ad esempio nell’agricoltura biologica e nei GAS. È da qui, secondo Cacciari, che dobbiamo partire.
I principi di queste economie sono la ri-collocazione, la ri-territorializzazione.
E proprio queste che ci possono indicare la strada per una trasformazione.