Una data da ricordare: il 22 maggio – Di Maurizio Panizza

Legge 194/78. 42 anni fa venne approvata in Italia la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza

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Il 22 maggio 1978 in Italia diventò legge la possibilità per la donna di richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi novanta giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari.
A distanza di tanti anni, quella è una data che racconta di un’infinità di vicende dolorose che ancora oggi, per loro stessa natura, sono in grado di dividere l’opinione pubblica. Tuttavia, al di là del credo politico e religioso, della morale pubblica e della coscienza privata, per la maggior parte delle donne italiane la Legge 194/78 fu una grande conquista di civiltà. E c’è un perché.
 
L’aborto era sempre esistito fin dall’antichità, ma nessuno ne parlava apertamente a conferma di quanto fosse amaro quell’argomento.
Fino ad allora, quelli erano segreti che si tramandavano sottovoce di generazione in generazione.
C’erano anche figure specializzate, come le famose «mammane», che senza alcuna conoscenza medica o igienica operavano in casa donne e ragazze.
I rimedi erano per lo più casalinghi, dal tristemente noto intruglio al prezzemolo, al ben più cruento ferro da calza: la realtà per le donne che non volevano avere figli, in passato era fatta soprattutto di morte, ma anche di processi e di condanne.
 

Il Corriere della Sera nell’edizione del 19 maggio 1981.

Ma poi qualcosa cambiò. Arrivarono i contraccettivi e arrivò la Legge 194/78 che depenalizzava l’aborto a patto che venissero rispettate le condizioni previste.
Prima del 1978, qualsiasi forma di interruzione volontaria di gravidanza veniva punita con il carcere sia per il medico che per la paziente.
Fino a quel momento, l’aborto era ancora vincolato alle leggi fasciste che lo inserivano fra i delitti «contro l’integrità e la sanità della stirpe».
Grazie a quella normativa, che oggi compie 42 anni, tutte le donne che si trovano a quel bivio della vita (mai preso comunque alla leggera), hanno garantita la possibilità di abortire in strutture pubbliche in modo consapevole, gratuito e sicuro.
 
La regolamentazione decretata per legge non avrà tuttavia vita facile. Il 17 maggio 1981, infatti, si votò in Italia per cinque referendum abrogativi, di cui due sull'abrogazione di parti della Legge 194.


Un convegno contro l’aborto che precedette il Referendum.

Nel caso riguardante l’aborto i quesiti sottoposti a referendum erano di opposto orientamento.
La prima proposta era del Movimento per la Vita, di matrice cattolica, e mirava in sostanza alla totale abrogazione dalla Legge 194.
L’altra era del Partito radicale, che mirava a un allargamento ulteriore della possibilità di abortire e proponeva l'abrogazione di tutti i procedimenti e controlli di tipo amministrativo così come di tutte le sanzioni per l’eventuale inosservanza delle modalità configurate dalla legge.
 
Nel periodo che precedette il referendum, l'opinione pubblica risultò particolarmente divisa sul tema dell’aborto e ci furono manifestazioni anche molto aspre in tutto il Paese, ma il voto alla fine decretò la volontà del popolo italiano di mantenere una legge riconosciuta dalla stragrande maggioranza come legge di civiltà.

In seguito, il dato confortante che si è evidenziato con gli anni è che pur avendolo regolamentato per Legge, dalla fine degli anni ’70 in poi la percentuale di aborti in rapporto al numero di popolazione è via via calata sensibilmente attestandosi su valori che pongono oggi l’Italia fra i Paesi al mondo che si rivolgono meno all’interruzione volontaria della gravidanza.
Un dato significativo che sottolinea, fra l’altro, come il ricorso all’aborto terapeutico ora avvenga solo in casi di estrema necessità.
 
Maurizio Panizza