Il Torrione restituito alla città di Trento piace anche ai turisti

Dopo anni di chiusura, ora finalmente si può bere un caffè o dormire nella torre medievale – La soddisfazione della Fondazione Crosina Sartori Cloch

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Il Torrione di piazza Fiera è uno degli edifici più iconici di Trento.
Di proprietà della Fondazione Crosina Sartori Cloch, nel 2017 è stato oggetto di un bando per affitto e ristrutturazione, che sollecitava i privati a presentare un progetto capace di dargli nuova vita.
La sfida è stata raccolta da Giovanni Battista Cozzio e Daniele Maffezzoni e, oggi, il Torrione ospita un bar al piano terra e 15 camere ai piani superiori.
Sono diversi i trentini che, rivolgendosi al personale e ai titolari dell’attività, affermano di non esserci mai entrati prima, pur avendolo sempre ammirato da fuori.
 
Per la Fondazione si tratta di un’opportunità importante di valorizzazione del patrimonio. Come spiega la presidente Debora Vichi.
«La nostra mission è l’erogazione di servizi sociali e socio-assistenziali a favore di nuclei familiari in difficoltà con minori.
«La nostra attività principale è quella di soddisfare il loro bisogno abitativo attraverso l’assegnazione di alloggi, ma siamo anche promotori di altre attività, erogando contributi a realtà del terzo settore.
«Siamo un’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona, ma non godiamo di finanziamenti pubblici.
«Le nostre attività sono possibili grazie alle rendite derivanti da terreni agricoli, locali commerciali ed edifici come questo, che fanno parte del nostro patrimonio.»
 

 
La ristrutturazione è stata un’avventura professionale immersa nella storia, che ha coinvolto i due imprenditori. È Cozzio a raccontare qualche dettaglio.
«Da un’epigrafe del 1595, tuttora visibile al bar, sappiamo che in quell’anno la struttura subì numerosi lavori di ristrutturazione.
«Questa è la fonte più antica che possediamo sul Torrione Madruzziano, eretto come baluardo di Porta Santa Croce.
«Di origine medievale, fu modificato intorno all’800 e nuovi importanti lavori furono realizzati nel 1834 quando il caffettiere Donato Perghem lo trasformò
 
«Abbiamo rimosso le saracinesche dell’ultima attività commerciale che è stata ospitata al piano terra (un fotografo) e questo ha fatto emergere le insegne in ferro battuto, che testimoniano l’attività di Perghem.
«Per questo ne abbiamo mantenuto il nome sui vetri della porta d’ingresso del bar.
«Gli infissi, per quanto possibile, sono stati conservati e quelli mancanti sono stati copiati dalle foto e dalle cartoline storiche, che abbiamo recuperato grazie anche all’architetto Fabio Campolongo della Soprintendenza per i beni culturali.»
 

 
«Al piano terra è emerso il pavimento che si può vedere ora. Possiamo stimare sia del 1910: non è quello posato da Perghem ma ci siamo fermati: non sapevamo cosa ci fosse sotto e questo è al livello della strada.
«Dalle pareti sono riemersi alcuni affreschi, questi sicuramente dell’epoca del Perghem.
Lo scalone ha una valenza architettonica e contribuisce alla stabilità dell’edificio, così come la particolarissima tecnica usata per creare i piani.
«Sulla copertura c’è la lanterna in stile liberty da cui è possibile ammirare, con un suggestivo 360°, tutta la città.
«Molte delle travature sono quelle originali, per quelle sostituite sono stati usati legni adeguati al contesto. Le stanze, pur dotate dei moderni confort, sono state arredate con mobili antichi restaurati.»
 
Anche a causa della pandemia, la struttura non è stata inaugurata, sebbene sia operativa ormai da diverso tempo e abbia in breve ottenuto la classificazione di «Eccellente» su siti di riferimento turistico come Booking e Tripadvisor.