Si suicida un militare a Palazzo Grazioli, è il terzo in 6 mesi

Si chiamava Enrico De Mattia, al momento del suicidio era il «capo muta» a Palazzo Grazioli, la residenza romana di Silvio Berlusconi

Si chiamava Enrico De Mattia, il Caporal Maggiore di 25 anni, originario di Angri (Salerno), che ieri pomeriggio si è tolto la vita nei pressi della residenza romana di Silvio Berlusconi.
De Mattia, al momento del suicidio, era il «capo muta» a Palazzo Grazioli, inquadrato nell'operazione «Strade Sicure».
Il Caporal Maggiore Enrico De Mattia era effettivo al 1° Reggimento Granatieri di Sardegna e, per l'operazione «Strade Sicure», era inquadrato nel «Complesso Foxtrot, 2°gruppo tattico, Task Force 1 del Raggruppamento Lazio Umbria Abruzzo», comandato dal generale di brigata Paolo Raudino, che riveste il ruolo di comandante della Brigata Granatieri.
È quanto si apprende da un articolo pubblicato su GrNet.it, il sito web su Sicurezza e Difesa.
 
Da quello che si apprende, ieri durante il turno pomeridiano 13-19, verso le ore 15 circa, De Mattia si sarebbe recato in bagno portando con sé la pistola d'ordinanza e si sarebbe sparato in testa.
Non si conoscono, al momento, le motivazioni che hanno condotto il Caporal Maggiore De Mattia all'insano gesto ma quello che sappiamo è che questo è il terzo suicidio in 6 mesi di un militare sotto il comando del generale Raudino: a febbraio 2018 un bersagliere di 29 anni, di Taranto, si è tolto la vita nello stesso modo nella stazione metro di Barberini, al centro di Roma.
A dicembre 2017 un altro Granatiere di stanza a Spoleto si è impiccato mentre era in licenza dopo il periodo di servizio nell'operazione "Strade Sicure".
 
I ragazzi chiamati a svolgere il servizio nell'operazione Strade Sicure, da quello che ha potuto apprendere GrNet.it, sono tutti provati fisicamente (condizione che è peggiorata anche a causa del gran caldo e delle condizioni di lavoro) ma, soprattutto psicologicamente.
Per tale ragione 150 di loro hanno preso carta e penna ed hanno scritto all'avvocato che «non ce la fanno più».
Da quello che ha appreso GrNet.it, i soldati che a Roma svolgono questo servizio non «staccano mai»: vengono letteralmente bombardati di messaggi sul proprio cellulare provenienti dai propri ufficiali che sfruttano dei gruppi WhatsApp appositamente creati per inviare «cazziatoni» a qualsiasi ora del giorno e della notte.
 
Questi ragazzi, ci viene spiegato, non temono affatto l'attacco terroristico o altre forme di aggressioni esterne, ma temono soprattutto il generale, il colonnello, il capitano, insomma tutta la catena gerarchica che li terrebbe continuamente sotto pressione, anche se spesso i militari sarebbero costretti, a causa della mancanza di organico, a fare i doppi turni.