Banche italiane: l’età delle barriere è definitivamente finita
Storia, salute e scenari futuri dell'attività creditizia del Paese. Il protezionismo si sta sgretolando. Siamo maturi per una nuova ondata di acquisti oltre frontiera
Ai primi posti per il numero di
fusioni effettuate le banche italiane, sotto molti aspetti, hanno
raggiunto quelle europee. Ciò nonostante le dimensioni del nostro
sistema bancario rimangono ancora nettamente inferiori. Il perché
lo spiega Riccardo De Bonis, capo divisione statistiche monetarie e
finanziarie della Banca d'Italia, in «Che cos'è una banca»
(Carrocci Editore). Una piccola ma ricca guida dall'approccio
interdisciplinare che utilizza la storia economica, l'esame della
regolamentazione, la statistica e la teoria economica per far
capire com'è cambiata l'attività bancaria dall'Unità d'Italia ad
oggi; quali le funzioni svolte dagli istituti di credito; il motivo
per cui esse vengano sottoposte a controlli pubblici ma anche quali
siano gli andamenti recenti delle concentrazioni, della redditività
e dei tassi di interessi bancari.
«In passato il sistema era frammentato, con un basso livello di
concorrenza e compromesso politicamente, - dichiara De Bonis. -
Poi, nel 1990 le cose cambiarono nettamente con l'inizio
dell'ondata delle fusioni. Oggi se sommiamo i dati dei gruppi
bancari vediamo che le dimensioni sono paragonabili, anzi in certi
casi anche migliori, a quelli dei gruppi europei.»
Rispetto al «vecchio continente», fa notare il moderatore Roberto
Ippolito - direttore relazioni esterne dell'Università LUISS - il
nostro Paese ha un numero di sportelli nettamente superiori alla
media.
«Che significa questo - chiede Ippolito - c'è forse un eccesso di
capacità produttivo delle banche?»
A rispondere Nicola Forti, direttore editoriale di Bancaria
Editrice.
«Direi di no. Quindici anni fa la situazione era totalmente
diversa. Le banche erano piccole, concentrate sul territorio e con
pochi sportelli. Vigeva il peso di una cultura che considerava
l'attività bancaria esclusivamente come un pericolo.»
Oggi le cose sono nettamente cambiate. Il numero degli sportelli
sono triplicati ma con un'attenzione estrema ai costi. Più che la
presenza fisica del territorio l'attenzione, secondo i relatori,
dovrebbe però concentrarsi sulla strategia.
«La crisi di crescita ed il problema di produttività del sistema,
in generale, sono gravissimi. Le banche - dichiara Forti - hanno
cambiato regime ma, in questa fase, devono fare ulteriori
cambiamenti.»
Oggetto inevitabile del dibattito, svoltosi alla Biblioteca
comunale, le crisi bancarie. Quali le responsabilità degli istituti
di credito e quali le risposte delle attività di vigilanza?
«La crisi scoppiata, per esempio, la scorsa estate - ritiene
Giorgio Di Giorgio, presidente delle Facoltà di Economia
dell'Università LUISS - è stata causata da una somma di fattori
macro-economici. In altre parole è dipesa da operazioni azzardate
ad opera delle banche, americane in testa. Negli USA, tanto per
dare un'idea, dal 1982 al 2000 le riduzioni di anticipo richieste
per comperare un immobile sono passate da un minimo del 20% al 5%
del valore immobiliare. E ancora, nel 2000 i mutui "low
documentation" rappresentavano il 15% del totale. Sei anni più
tardi erano pari al 45% del totale.»
Le banche, insomma, hanno fatto la loro parte. A fronte di questo
ci sono state risposte di vigilanza molto efficaci. E' il caso, ad
esempio dell'Italia.
«La crisi finanziaria- afferma De Bonis - ha toccato anche noi ma
in modo molto più lieve rispetto ad altre realtà. Per il futuro io
mi sento ottimista. L'esposizione sarà molto limitata e questo
nonostante la crescita del credito al consumo. Tale aumento,
infatti, è ancora molto basso rispetto al credito internazionale
proprio perché la vigilanza è stata cauta e le banche hanno avuto
un atteggiamento molto prudente nel finanziamento.»
Ancora debole dal punto di vista di una vera e propria concorrenza,
il sistema bancario italiano - spiegano i relatori - è maturo per
acquisizioni oltre frontiera visto che il protezionismo si sta
sgretolando. Dormire sugli allori, però, è assolutamente proibito.
Sebbene i nostri istituti abbiano patito meno dei "colleghi"
europei la crisi del 2007 è giunto il momento di mettere in moto
un'ulteriore fase in cui le parole d'ordine dovranno essere:
maggiore trasparenza e chiarezza nei rapporti e soprattutto
ripristino di una relazione di fiducia con il cliente.