La memoria come capitale sociale. – Tradizioni e rappresentazioni di memorie storiche del lavoro ormai scomparse

Alla Camera di Commercio l'analisi di alcuni film storici che documentano e riportano alla luce mestieri e tradizioni ormai perduti

Giuseppe Ferrandi, direttore del museo storico di Trento dal 2003, ha riportato quest'oggi alla luce un modello di cinematografia molto particolare. Il professore ha infatti illustrato quella tipologia di film che tenta di far riscoprire quei mestieri di una volta, ricchi di tradizioni e di peculiarità di cui ormai si sta perdendo il ricordo.

Antonio Medici, uno dei registi presenti alla conferenza ha analizzato un film di recente realizzazione sulla ripresa economica italiana con riferimento particolare al settore petrolchimico; evitando di soffermarsi troppo sulla storia del film il regista ha tenuto a precisare come girare una pellicola del genere sia estremamente complesso.

«La mancanza di testimonianze è infatti quasi totale» ha specificato e allo stesso tempo vi sono delle complicazioni notevoli nel riportare alla luce quella che egli definisce la «la voce di coloro che non hanno voce» riferendosi nello specifico a tutti quei lavori sempre considerati «di bassa leva» e per questo non ben documentati. Antonio Medici conclude sostenendo come sia di fondamentale importanza proseguire in questa strada di «ricerca delle memorie», per non perdere le grandi tradizioni lavorative e per costruire, recuperare e dare di conseguenza nuova dignità ai mestieri dei nostri avi.

Emblematico in questo senso è stato l'intervento di Stefano Muti, regista del film «Fischio della sirena». Nel sua pellicola Muti ha preso in esame l'isola d'Elba ed in particolare l'attività mineraria che da millenni si svolge sull'isola dell'arcipelago toscano. La vita e le tradizioni lavorative vengono nel suo film portate alla luce nel dettaglio, mentre vi è una nota di grande rammarico quando all'inizio degli anni '80 l'attività mineraria viene improvvisamente interrotta per permettere all'isola d'Elba di diventare uno dei più apprezzati luoghi di villeggiatura italiani.
Muti argomenta con decisione come questo brusco cambiamento, abbia creato una vera e propria perdita di identità nei confronti degli abitanti dell'isola, sostenendo come tuttora essi «non abbiano fatto i conti con la propria realtà storica».
Molti elbani continua il regista, «hanno ancora il sangue dei minatori nel corpo», anche se ormai da anni pensano solo ed esclusivamente ai guadagni provenienti dal ben più "facile" e redditizio settore turistico.
Stefano Muti conclude la spiegazione della sua pellicola sostenendo, quanto sarà sempre più importante, da oggi in poi, dare voce a questa categoria di film storici "minori", affinché nel futuro ci possano essere sempre meno perdite di identità e di tradizioni e affinché anche i più giovani possano avere memoria storica degli eventi passati.

(jm)