Storie di donne, letteratura di genere/ 564 – Di Luciana Grillo
Ornella Civati, Il Giappone delle donne dal II secolo a oggi – L’autrice ci racconta la storia di sessanta donne, una più edificante dell'altra
Titolo: Il Giappone delle donne dal II secolo a oggi
Autrice: Ornella Civati
Illustrazioni: Ayano Otani e Kaori Yamaguchi
Editore: Nuinui, 2024
Pagine: 186
Prezzo di copertina: € 24,90
Le donne di cui ci racconta questo libro sono sessanta, a partire dal II secolo fino ai nostri giorni.
Scorrendo l’indice, vediamo che sono figure originali, c’è una sciamana, una sposa esemplare, una narratrice e una moschettiera, una geisha e una vendicatrice… appartengono ai tempi lontani, quando la vita delle donne era diversa da quella attuale – benché per raggiungere la parità di genere il Giappone debba ancora fare molta strada.
Mi ha colpito la storia di una poetessa, Ono no Komachi, vissuta nel IX secolo, considerata «grande», accusata di essere sprezzante e capricciosa e di aver copiato alcune poesie, condannata a una vecchiaia in solitudine.
Bellissime illustrazioni ce la mostrano intenta ad affidare una sua poesia a una barchetta di bambù.
Vive nel X secolo Murasaki Shikibu, autrice della «Storia del principe splendente», «precoce capolavoro con cui si sono confrontati, in un modo o nell’altro, tutti i successivi narratori del Sol Levante, tutti inesorabilmente sedotti dalla magia lirica di quella scrittura vaga e allusiva, fatta apposta per disegnare i contorni di un mondo di effimera perfezione».
Fra le illustrazioni che la riguardano, vediamo il giovane principe Genji che si innamora della bella Murasaki.
La più grande poetessa di haiku è Kaga no Chiyo, nata nel 1703 e diventata famosa a soli diciassette anni, quando si sposò. Ebbe un bimbo che morì subito e a diciannove anni rimase vedova.
«Non le passò minimamente per il capo di risposarsi. Si prese cura dei genitori anziani e, quando se ne andarono si fece monaca, non per rinunciare al mondo, ma per insegnare al cuore a essere trasparente come l’acqua».
È nata nel 1839 Nakazawa Koto, una «bella samurai alta e flessuosa come un fusto di bambù» che ha lasciato il suo paese insieme al fratello, travestita da uomo, per combattere per lo shogun.
Si racconta che abbia abbandonato gli abiti maschili nel 1869, al ripristino della pace e che «vestita da uomo faceva strage di donne, vestita da donna faceva strage di uomini».
Pioniera del femminismo è Toshiko Kishida che, dopo un inatteso discorso rivolto al pubblico sulla condizione femminile, viene arrestata dalla polizia.
Ha ventidue anni, è il 1905. La madre è stata la sua «maestra di vita», non le ha insegnato soltanto «cose da donna come l’ikebana e il koto, lo strumento musicale della tradizione, le ha aperto territori prettamente maschili come il cinese classico, il teatro, i testi sapienziali del buddhismo».
Sorprendenti e del tutto sconosciute a noi occidentali queste donne giapponesi!
È difficile per me scegliere… Masako Shirasu è l’inventrice dell’estetica giapponese, è lei che «con i suoi oltre sessanta saggi di arte e cultura ha gettato un ponte fra il Giappone arcaico e quello moderno, ha fatto emergere la continuità di un gusto, di uno stile».
D’altra parte, il fatto che i genitori a quattordici anni – era il 1924 – l’abbiano spedita in America «perché impari come va il mondo» e che poi abbia sposato un raffinato giovane appena rientrato da Cambridge ci fanno immaginare quanto Masako sia diversa dalle sue coetanee.
«I due sono belli, eccentrici, vestono raffinatissimo e girano in Bentley. Sembrano usciti da un numero di Elle».
La coppia durante la guerra si rifugia in campagna e si improvvisa contadina: da questa esperienza, Masako trae interesse per la relazione tra arte e natura.
Si è spenta nel 1998.
Avvicinandoci ai nostri anni, sempre accompagnate da illustrazioni splendide, incontriamo l’artista del sumie, Toko Shinoda, esponente dell’espressionismo astratto che fa della pittura un esercizio spirituale.
Le sue opere sono di altissimo livello e nei musei affiancano quelle di Rothko e Pollock, Toko è stata «la prima persona a essere comparsa ancora in vita su un francobollo giapponese».
È morta nel 2021 a 108 anni.
Chiudo, con il rammarico di aver trascurato tante altre donne, con Banana Yoshimoto, molto conosciuta in tutto il mondo come una star della narrativa contemporanea.
Il suo primo testo, Kitchen, pubblicato nel 1988, ha avuto sessanta ristampe ed è stato tradotto in venti lingue oltre che trasformato in quattro film e in serie televisive.
Attualmente, Banana (pseudonimo vegetale comprensibile dovunque) ha al suo attivo più di quaranta opere.
Del suo scrivere, rimangono impressi nella mente di chi legge la semplicità con cui racconta amore, solitudine, gioia di vivere e morte, le atmosfere oniriche e le famiglie inconsuete. In genere, il lieto fine è dietro l’angolo.
Io, che amo il Giappone, dove desidero tornare, ho amato questo libro, l’ho sfogliato mille volte, per gustare le atmosfere, la grafica, i colori accattivanti e l’ho letto con profondo interesse e appassionata curiosità. E ne sono entusiasta!
Luciana Grillo - [email protected]
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