Università di Trento, l’intelligenza artificiale esplora lo spazio

Allo studio sistemi di apprendimento automatico per aiutare le missioni in orbita e ridurre i margini di errore

Si rafforza la collaborazione tra Università di Trento e Esa - Agenzia spaziale europea. Per i prossimi tre anni al Dipartimento di Ingegneria industriale si cercherà di capire in che modo l’intelligenza artificiale può essere di supporto nelle missioni nello spazio. Il principal investigator del progetto è Paolo Rech (foto), ricercatore del Dii che da oltre quindici anni si occupa di affidabilità dei processori per applicazioni terrestri e adesso anche per la ricerca spaziale.
Insieme alla sua squadra, Rech metterà a punto dei sistemi automatizzati, cioè reti neurali dedicate all’uso in orbita, che possano affiancare il lavoro degli astronauti, agevolandoli ad esempio in operazioni che oggi eseguono fuori dalla navicella, o che possano recuperare informazioni utili dall’osservazione dei pianeti.
 
Ma non solo. Da satelliti, sonde o pianeti arriva un’enorme mole di dati che una volta a terra, bisogna elaborare e interpretare. Un processo che richiede una notevole larghezza di banda e tempi molto lunghi. Basti considerare che per inviare e ricevere messaggi tra la Terra e Marte occorrono diversi minuti. Qualunque movimento debba fare, il rover spaziale deve quindi attendere questo ritardo prima di eseguirlo. Si tratta di un tempo estremamente lungo, che rende impossibile prendere tempestivamente le decisioni urgenti e rapide che derivano dall'elaborazione in tempo reale dei dati.
«Ecco perché sarebbe importante mettere a bordo di satelliti degli acceleratori. Per rendere automatizzabili le azioni dei robot e le decisioni delle sonde spaziali», spiega Rech.
 
Per fare questo però, si deve fare i conti con l'ostacolo più arduo quando si parla di esplorazione del cosmo: la radiazione. Raggi di ioni, protoni, atomi di metalli pesanti, particelle con una carica energetica e una velocità altissime in grado di danneggiare i dispositivi elettronici bruciandoli, oppure di generare errori di calcolo nel sistema. Questi errori non comportano alcuna anomalia, ma possono portare a errori di calcolo che costringono il satellite in uno stato di fail-safe, in attesa di un intervento a terra. Nel caso estremo, gli errori indotti dalle radiazioni possono portare il rover a prendere una direzione sbagliata, il satellite a uscire dalla sua orbita o il braccio robotico della stazione spaziale a compiere un movimento imprevisto.
 
«Il nostro obiettivo – dice ancora Paolo Rech – è acquisire acceleratori di reti neurali che oggi sono già sul mercato, fare esperimenti con fasci di particelle che simulano l’ambiente delle radiazioni spaziali. Controllare se il dispositivo sopravvive e studiare che tipo di danni vengono causati dalla radiazione. Una volta che sappiamo cosa può succedere, cerchiamo di trovare il modo per ridurre o correggere queste falle».
 
Lo scopo degli esperimenti è quindi ottenere un’ampia casistica di anomalie possibili nelle reti neurali per prevenirle.
Il progetto è stato selezionato dall’Agenzia europea spaziale nell’ambito del programma Open Idea for Space (Osip) che sostiene idee innovative utili per lo spazio.
Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse di utilizzare applicazioni di apprendimento automatico basate su reti neurali artificiali nei sistemi spaziali.
 
Tuttavia, come sottolinea David Steenari, ingegnere di ESA e funzionario tecnico del progetto con UniTrento, «negli ultimi anni è cresciuto moltissimo l’interesse di integrare nei sistemi spaziali delle complesse applicazioni di machine learning basate su reti neurali artificiali. Però, l’uso di questi algoritmi nello spazio introduce una serie di sfide per garantirne l’affidabilità, a causa dell’ambiente radioattivo a cui sono esposti i circuiti elettronici. Questo progetto - aggiunge - contribuirà a valutare le ultime tecnologie integrate su microchip per l'inferenza di reti neurali in volo, aiutando ad aumentare le potenzialità delle future missioni spaziali».
 
Un primo esperimento, con risultati incoraggianti, è stato effettuato in Finlandia. Ne seguiranno altri in Belgio, in Inghilterra e all’Istituto di Trento per la fisica fondamentale e applicata (Tifpa).

Foto in alto ©Science and Technology Facilities Council (STFC) - Foro seguente ©Paolo Rech.