«Il futuro della nostra mente e degli schermi» – Di N. Clementi
A Villa Bortolazzi l’incontro con Mauro Berti e Serena Valorzi per parlare di In(e)voluzione Digit@le
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Il 19 settembre, nella splendida cornice di Villa Bortolazzi, Tremto, si è tenuto l'evento dedicato alla presentazione del libro «In(e)voluzione Digit@le: la nostra mente trasformata dagli schermi», scritto da Mauro Berti, ispettore in quiescenza della Polizia di Stato, e Serena Valorzi, psicologa e psicoterapeuta.
L’incontro, moderato dallo psicologo Michele Facci ha attirato molti partecipanti, tutti interessati a comprendere meglio l'impatto della tecnologia sulla nostra mente e sullo sviluppo delle nuove generazioni.
Al centro dell'attenzione del pubblico vi sono i contenuti del libro, che gli stessi autori definiscono «scomodi», poiché mettono in discussione l'attuale modello educativo e familiare, portando alla luce questioni spesso trascurate.
Gli autori provocano i lettori con un avvertimento: «Se volete farvi del male leggetelo e se amate davvero i vostri figli insegnate loro il valore della fatica».
Con questo monito, vogliono fin da subito sottolineare l'urgenza di prendere coscienza dei pericoli legati all'eccessivo uso della tecnologia.
Il libro propone un'analisi critica degli effetti della tecnologia digitale, in particolare degli schermi, sulla mente umana.
Gli autori esaminano con lucidità e rigore come la pervasività dei dispositivi digitali stia trasformando profondamente la capacità di concentrazione, la salute emotiva e le relazioni interpersonali.
Berti e Valorzi sottolineano come gli schermi, nati come strumenti di comunicazione, stiano diventando potenti mezzi di alienazione e dipendenza, soprattutto tra i giovani.
Il testo avverte del pericolo che la nostra vita venga progressivamente sottratta alla dimensione sociale, per essere invece monopolizzata dagli schermi, alimentando la popolarità e il profitto di altri.
Mauro Berti.
Mauro Berti, forte della sua lunga esperienza nella Polizia, ha affrontato nel suo intervento il tema cruciale della sicurezza online, concentrandosi sui rischi che giovani e adulti corrono a causa di un uso improprio di smartphone e social network.
Ha citato un caso di pedopornografia che lo ha maggiormente segnato nella sua carriera investigativa: la vicenda di Guido Bezzi, padre di Mattia, che ha scelto di rendere pubblico il proprio dolore, trasformandosi in un educatore autorevole della tragedia che stava vivendo, riconoscendo appieno la sua responsabilità di genitore.
Berti ha voluto sottolineare come i ragazzi trascorrano dalle sette alle otto ore al giorno connessi ai dispositivi digitali, riducendo drasticamente il tempo dedicato alle interazioni sociali reali.
A fronte di questa situazione, ha ribadito l'urgenza di vietare l'uso di smartphone ai minori di 14 anni, come già avviene in paesi come la Norvegia.
«Questo coinvolgimento eccessivo nel mondo digitale – ha ribadito Berti – non solo alimenta comportamenti problematici, come l'isolamento sociale, ma espone anche i giovani a rischi concreti, tra cui truffe e reati online.»
Inoltre ha evidenziato la crescente fragilità del ruolo genitoriale, osservando come molti genitori siano più impegnati a difendere i propri figli piuttosto che a guidarli.
Li ha definiti «genitori sindacalisti» per il loro atteggiamento eccessivamente protettivo, che finisce per indebolire la loro autorevolezza educativa.
Secondo Berti, i giovani di oggi non sono più abituati a misurarsi con la competitività e con le regole che un tempo costituivano le fondamenta dell'educazione.
La mancanza di regole e l’atteggiamento sempre più protettivo dei genitori stanno creando generazioni meno capaci di affrontare la frustrazione e il fallimento.
«La vita dei giovani è diventata troppo facile», – ha affermato Berti, sottolineando come non ci sia più spazio per la fatica o per il confronto con le difficoltà.
«Questo atteggiamento finisce per indebolire anche l'autorità degli insegnanti e delle istituzioni, compromettendo uno sviluppo equilibrato.»
Berti ha poi aggiunto: «Le capacità cognitive sono innate, ma se non le sviluppiamo, rimarranno quelle dell’Homo Sapiens».
Infine, Berti ha posto l’accento sul «digital divide» (divario digitale) non solo come disuguaglianza nell'accesso alla rete, ma anche come divario tra chi è consapevole dei rischi della tecnologia e chi ne subisce passivamente le conseguenze.
Un esempio illuminante è rappresentato dai manager della Silicon Valley, che scelgono per i propri figli scuole a basso contenuto tecnologico, consapevoli dei pericoli legati a un'esposizione precoce agli schermi.
Serena Valorzi.
Serena Valorzi ha analizzato con grande emotività le implicazioni psicologiche dell'iperconnessione, evidenziando come l'esposizione costante a stimoli digitali modifichi i processi cognitivi e crei nuove forme di disagio.
Uno degli esempi più emblematici è il «phubbing», ossia l'abitudine di ignorare le persone presenti per consultare lo smartphone, un comportamento ormai diffuso che mina le relazioni interpersonali.
Nel suo intervento ha inoltre sottolineato l'impatto devastante dei social media sull'autostima, specialmente nei giovani. L'enfasi sull'apparenza, amplificata dalla continua ricerca di approvazione attraverso i «like» e i consensi online, porta a una visione distorta del proprio corpo e del proprio valore personale.
Il risultato è un legame malsano tra autostima e riconoscimento digitale, che espone i giovani a continue frustrazioni e insicurezze.
Un altro punto cruciale sollevato da Valorzi è l’emergere delle dipendenze digitali, come la «nomofobia» (la paura di essere disconnessi) e il ghosting (l’interruzione improvvisa di una relazione online), segnali tangibili di come la tecnologia stia influenzando profondamente non solo le nostre abitudini, ma anche il modo in cui ci relazioniamo con gli altri.
Il fenomeno dell'«iperconnessione», secondo Valorzi, genera una dipendenza tecnologica che compromette gravemente le capacità di concentrazione e riflessione, isolando le persone e impoverendo le relazioni umane.
Anche i rapporti familiari ne risultano distorti: genitori sempre più iperprotettivi e figli sempre meno abituati a confrontarsi con regole e sfide.
In questo contesto, la tecnologia rischia di trasformarsi in una «baby-sitter digitale», ostacolando lo sviluppo dell'autonomia e della creatività nei giovani, impedendo loro di crescere in modo equilibrato e consapevole.
Il discorso di Valorzi è un richiamo all'urgenza di ripensare il nostro rapporto con la tecnologia, per evitare che diventi un ostacolo allo sviluppo personale e sociale.
L'incontro ha visto la partecipazione di esponenti di spicco del mondo accademico e istituzionale.
Marco Monzani, direttore del Centro Universitario di Studi e Ricerche di Scienze Criminologiche, ha elogiato l’approccio multidisciplinare del libro, che fonde la prospettiva investigativa di Berti con quella clinica di Valorzi.
Questa sinergia offre una visione completa e approfondita dei rischi digitali, arricchita da storie di vita quotidiana raccontate con un linguaggio semplice accessibile a tutti.
Monzani ha inoltre evidenziato come il fulcro dell’opera sia rappresentato da due concetti chiave: rispetto e consapevolezza, fondamentali per prevenire fenomeni di vittimizzazione.
Ha infine ricordato l'importanza di tenere a mente che la vita «vale oro».
Alberto Pedrotti, delegato al welfare del Comune di Trento, ha invece sottolineato l'importanza di un approccio integrato per affrontare questi fenomeni, coinvolgendo famiglie, scuole e comunità.
Ha richiamato l'attenzione sull’urgenza di educare i giovani a un uso consapevole e critico della tecnologia, una sfida che va oltre la semplice regolamentazione e richiede un impegno collettivo.
In chiusura, Michele Facci ha riassunto i valori chiave per affrontare la sfida educativa nell'era digitale: fatica, coraggio e gentilezza.
Questi valori, secondo Facci, rappresentano la bussola per guidare i giovani in un uso equilibrato e consapevole della tecnologia.
Il messaggio dell'evento è chiaro: la trasformazione digitale, inevitabile e potente, va compresa e gestita con attenzione, per preservare il benessere mentale e relazionale delle future generazioni.
Il libro «In(e)voluzione Digit@le» si rivela dunque una lettura essenziale per chiunque voglia comprendere i rischi e le opportunità dell'era digitale, offrendo uno sguardo critico e profondo sui cambiamenti in atto nella società.
Nadia Clementi – [email protected]