L'attualità di «Silenzio e attesa» – Di Daniele M. Bornancin

I richiami di monsignor Lauro Tisi alla festa del patrono della città di Trento

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Le Feste vigiliane del 2016 sono da poco concluse, ed ora inizia il periodo delle valutazioni, dei risultati sulle presenze e sulle ricadute turistiche ed economiche, sul grado di soddisfazione degli operatori del commercio, dell'artigianato e della ristorazione.
Una festa della città, che ha coinvolto tutti, un insieme di manifestazioni culturali, gastronomiche, storiche e di divertimento tanto da porre l'attenzione anche di persone provenienti dalle regioni vicine e dall'estero.
Questa trentatreesima edizione delle Feste Vigiliane ha portato alla gente anche nuove rievocazioni storiche del Concilio di Trento e momenti delle tradizioni e degli usi e costumi locali, che, se ve ne fosse stato bisogno lo ha confermato, è diventata una festa non solo della città capoluogo, ma anche dell'intero Trentino.
Il Palio dell'oca, la tonca, il tribunale, il corteo storico, la gara dei ciusi e dei gobj, (quest'anno la polenta è andata ai feltrini) come manifestazioni fondamentali, accompagnate da iniziative collaterali, che hanno coinvolto luoghi come il Muse e il Duomo.
 
Importante a questo proposito l'iniziativa Veni Creator che ha tratteggiato nella pittoresca cornice del Duomo il quadro del Concilio di Trento, dalla riforma luterana alla scelta di Trento, quale sede del Concilio, con una narrazione particolarmente riuscita.
Quello che però ha destato una non scontata attenzione è stato il messaggio del pontificale per il Patrono San Vigilio, espresso con un linguaggio semplice, umano e umile dal don Lauro Tisi, nuovo Vescovo di Trento e del Trentino alla sua prima volta di questa annuale ricorrenza.
Ci si può chiedere, dove stanno le novità per tanto e giustificato interesse?
Semplice nei ringraziamenti finali della celebrazione con un saluto fuori dagli schemi prefissati dal programma, rivolto ai tre giovani diventati sacerdoti da pochi giorni, un secondo grazie è stato dato a tutti i preti e alle suore del Trentino per il loro lavoro, uno infine esteso alle forze dell'ordine, dell'esercito, della finanza, carabinieri e polizia che hanno voluto essere presenti alla celebrazione di San Vigilio e anche per le visite fatte al vescovo in occasione della sua proclamazione.
 
Andiamo a toccare, sia pure in via generale, i tratti dell'omelia che è stata racchiusa in una pubblicazione denominata «silenzio e attesa» donata alle persone presenti, all'uscita dalla cattedrale.
Don Lauro, portando l'esempio di un'avvenuta contestazione tra due automobilisti per accaparrarsi il posteggio blu in una via centrale della città, ha messo in evidenza la vita odierna basata sulla fretta, sulla mancanza di tempo, sul non essere pazienti ed ascoltare gli altri.
Una sorta di lettera alla comunità che non può che portare a una personale riflessione.
Una domanda su tutte che lo stesso vescovo si è fatto, ossia se veramente si sta uscendo dal proprio io, da quel narcisismo ed egocentrismo che spesso caratterizza alcune persone, anche con ruoli importanti del vivere civile.
La necessità di lavorare congiuntamente, puntando insieme lo sguardo su un orizzonte comune, può rilanciare idee e far vivere e crescere la comunità.
 
Ecco, «arrivare ad ascoltare gli altri, ma anche noi stessi» dice don Lauro è una delle premesse per capire le lacerazioni che investono i più deboli, per capire anche le speranze di queste persone.
In questo si inserisce il silenzio, come luogo per riscoprire l'animo delle persone.
Un'ulteriore constatazione si è incentrata sulla società di oggi, meglio conosciuta come società liquida, i cui rapporti tra le persone si basano quotidianamente sull'uso di strumenti tecnologici che non vanno in profondità, ma rimangono in superficie, quel linguaggio occasionale di comunicazioni frammentate.
Infatti, si è constatato da più parti che si preferisce usare il telefonino anche per parlarsi durante una conservazione tra persone, magari seduti allo stesso tavolo del bar. Meglio un messaggino che una parola per dirsi ciao.
 
Il richiamo alla necessità di relazioni reali ed autentiche, quelle che di solito non tollerano l'ambiguità, ma si nutrono di sincerità e trasparenza, di franchezza, di quel dire dei vecchi tempi: «pane al pane, vino al vino», questo è ciò che si dovrebbe promuovere.
L'amicizia come valore, collocato ai piani nobili nella scala delle relazioni, dove non si può essere amici di tutti, perché allora l'amicizia diventa, si una realtà, ma molto superficiale e non basata sulla totale verità.
Un ulteriore tassello di queste riflessioni è quello di arrivare ad una verità condivisa, dove le tante informazioni che ogni giorno investono le menti dell'uomo, spesso assumono valenze particolari, magari trasformate e lontane dalla realtà. Nasce così la sfiducia verso l'altro, verso le istituzioni, verso la società.
L'urgenza di questo tempo è infatti di recuperare il rapporto tra verità e libertà, perché la verità rende libere le persone e la libertà porta alla verità.
 
Spesso la verità è difficile da raggiungere, non si adatta ai facili compromessi è una strada senza scorciatoie, per questo spesso impraticabile, ma oggi molto necessaria per la costruzione di ogni rapporto umano.
Quindi la condivisione, la compartecipazione delle idee e dei progetti è un obiettivo che deve diventare comune a tutti.
Solo se ci si rende conto che da soli non si percorre nessuna strada e non si va da nessuna parte, forse, si riesce a fare tutto meglio.
Un altro tema trattato è la mancanza del lavoro per i giovani o spesso con lavori saltuari e precari, i genitori in cassa integrazione o disoccupati con famiglia a carico. Il lavoro inteso come dignità della persona.
Da ciò la necessità di alleanze nuove, anche in Trentino tra imprenditori, categorie economiche e mondo della cooperazione, per trovare formule nuove e rilanciare l'economia e quindi l'occupazione. Il lavoro come punto principale dell'agenda della politica, della comunità, perché divenga un interesse generale, una risorsa per tutti.
 
Infine ha toccato uno egli aspetti più necessari oggi, ossia quell'abbassare i toni da tutte le parti, sia a livello locale che nazionale, per così capire meglio le esigenze e la domanda dei cittadini, siano essi stranieri o nostrani.
Tanti di voi si chiederanno perché scrivere un articolo sull'omelia di una festa che si ripete da tanti anni?
Credo personalmente che sia necessario dare e/o avere anche piccoli frammenti di notizie come queste, perché il comunicare sinceramente quello che si può intravedere dal pensiero di una persona che si è avviata ad intraprendere un difficile, ma importante compito per tutta la comunità trentina, sia per noi un naturale impegno, ma anche un dovere.
Ora, non posso affermare se sono riuscito nell'intento di una semplice e capibile informazione su un argomento complesso e particolare, ma spero però di aver colto almeno i punti salienti e le sensazioni di questo importante messaggio per tutti noi.
 
Daniele Maurizio Bornancin