La Via Serrana da Gibilterra a Siviglia/ 1 – Di Elena Casagrande
Un breve cammino nelle terre di Al-Andalus, con un clima perfetto per i mesi autunnali o invernali, dalle Colonne d’Ercole a Sevilla
La piastrella che indica la Via Serrana.
Decidiamo di fare questo cammino all'ultimo minuto
Sono stati mesi intensi di lavoro: bisogna staccare la spina.
«Andiamo in Andalusia a camminare?» – chiedo a Teo.
Abbiamo dei bei ricordi del «Camino Mozarabe» da Granada e della «Plata» da Siviglia, percorsi in inverno.
Stavolta, però, partiremo da Gibilterra, diretti lungo la Via Serrana, che è stata segnalata da poco.
Si chiama così perché attraversa la sierra (la catena montuosa) e, nello specifico, quella di Grazalema.
Lo decidiamo su due piedi, all’ultimo. E dato che non ci sono voli last minute non rimane che andarci in auto. Nevica.
Ceniamo in Val di Susa, con vista sulla Sacra di San Michele, in un bar pasticceria che è sempre aperto. Sono rimasti i panini tonno e peperoni. Forse stonano un po’ con il grigiore che avvolge la valle, rocca compresa, ma è tutto molto piemontese.
Mi emoziono se penso che ad agosto dell'anno scorso siamo arrivati qui, a piedi, da Le-Mont-Saint-Michel.
Tutt’intorno, sui banconi del locale, panettoni avvolti in cellophane colorati, torroni e croccanti ricordano che il Natale è alle porte.
«Dai che non manca moltissimo al tunnel del Frejus» – esclamo.
Ripartiamo.
La piana valenciana dall’autostrada.
Dopo il grigiore della Francia la luce della Costa Valenciana quasi ci acceca
Il traffico di Grenoble è sempre sfiancante, ma, con pazienza, riusciamo a passare questa «benedetta» Francia e ad entrare in Spagna.
Dormiamo alla Jonquera, dopo la frontiera, al «nostro» hotel. La notte vola.
Oggi ci aspetta l’ultima tratta, prima di arrivare alla base. Un’appassionata foodie (buongustaia) come me non può perdersi la paella di Chiva, vicino al circuito del MotoGP.
Siamo fortunati. Il ristorante Las Bairetas è aperto e c‘è un tavolo libero.
Ordino l’arroz a banda, con buona pace di Teo che vorrebbe la classica paella valenciana.
«Almeno non devi perder tempo a pulire gamberi, perché è già tutto sgusciato e tagliuzzato», – gli dico.
Fuori tira il forte vento del Levante… Quello che fa impazzire Penelope Cruz nella scena del cimitero all’inizio del film «Volver» di Almodóvar.
Ma oltre al Levante c’è il sole e c’è anche una luce abbacinante.
Oltre alla costa, bellissima, con le sue distese verdi di aranceti, i falò dei contadini e il blu del mare, in fondo. Siamo in inverno, ma non sembra.
L’arroz a banda del Ristorante Las Bairetas.
Una banale caduta rischia di mettere in forse i nostri programmi
Arriviamo a Siviglia a notte inoltrata. Per noi è come essere a casa. Anche se non vuole, mando Teo al Pronto Soccorso.
È caduto sullo scivolo d’ingresso di una gasolinera (stazione di servizio) lungo l’autostrada Castilla La Mancha - Extremadura e ha battuto malamente la schiena.
Pretendo che faccia degli accertamenti.
«Dobbiamo camminare! Devi vedere se puoi farlo» – gli consiglio, dicendogli di non fare storie.
Torna alle 3 del mattino. Anche se, per fortuna, sembra tutto a posto (a parte un gran ematoma blu), non riusciamo a dormire un granché.
Ci alziamo presto. L’auto è in garage. A piedi andiamo alla Estación Prado de San Sebastián a prendere il bus per la Línea de la Concepción - Gibraltar (Gibilterra).
Non c’è tempo da perdere se vogliamo iniziare oggi.
La Mesón di Venta Pinto.
Anche in autobus si respira la tradizione natalizia spagnola
Il viaggio in autobus è confortevole. L’autista ascolta alla radio l’estrazione della lotteria del Niño (la lotteria di Natale), un momento sacro per gli spagnoli. I bambini scandiscono, cantando, i numeri dei biglietti vincenti ed il pubblico piange, specialmente quando vengono annunciati i premi milionari.
Quando il bus si ferma, per la sosta a La Barca de Vejer, dico a Teo di scendere di corsa.
Ho riconosciuto dal finestrino la Venta Pinto, una locanda che da quattro secoli ristora i viandanti che passano di qui con un panino al lombo di maiale condito con la manteca colorà (una crema di lardo rossa, cucinata per ore con paprika e spezie).
La Mesón lo prepara seguendo una ricetta centenaria! L’avevo vista in tv su un canale di gastronomia, ma mai avrei pensato di arrivarci durante un «cammino».
Il panino è stupendo. Di fronte, sulla strada, dei vecchietti su sedie da campeggio vendono asparagi selvatici e mazzi di erbe di campo.
È tutto verde e sta per uscire il sole.
Il viale di palme a la Línea de la Concepción.
È spettacolare vedere la Rocca di Gibilterra dalle alture della sierra
Alle due del pomeriggio siamo in città. Davanti a noi le mitiche Colonne d’Ercole.
È il 22 dicembre ed il termometro alla frontiera con l’U.K. indica 25 gradi. Che meraviglia.
Purtroppo c’è poco tempo per visitare Gibilterra, dato che Teo vuole partire subito.
Il cammino comincia ufficialmente alla Chiesa di Santiago, purtroppo chiusa. Dopo la foto alla prima piastrella che indica la Via Serrana, usciamo percorrendo un lungo viale di palme.
La Polizia Nazionale non ci timbra la credenziale, ma, per fortuna, lo fa la Guardia Civil. Subito tolgo la giacca a vento.
Fa caldo. Saliamo tra i campi. Qua e là dell’immondizia abbandonata e persino un trolley (quel che resta di un furto?) tra ciuffi di narcisi bianchi.
Che peccato. Come si fa a rovinare questa natura? Per terra c’è un po’ di fango. Deve aver piovuto. Mi giro.
Dall’alto si vede bene la Rocca di Gibilterra: uno spettacolo!
La Rocca di Gibraltar dal cammino.
San Roque è una bella zona residenziale, ma priva di hotel o pensioni
Arriviamo a San Roque nel tardo pomeriggio. In giro non c’è nessuno. La piazza della Chiesa è carina, ma è vuota e i bar sono chiusi, come tutto il resto.
In centro ci avvicina una signora anziana, molto agitata. Dice che non riesce ad entrare a casa sua perché la chiave della porta non gira e ci chiede di aiutarla.
Io neanche ci provo. Sono negata. Invece Teo, dopo qualche tentativo, ce la fa e le apre il portone.
«Bravo, non conoscevo le tue doti di scassinatore» - gli sussurro!
Le domandiamo se l’hotel del posto è aperto.
«Nada» (niente). Ha chiuso e non c’è nessun affittacamere.
Si fermano due uomini, con la spesa in mano, che ci vedono spaesati e ci chiedono se stiamo cercando qualcosa.
Sono rumeni e stanno lavorando in zona. Ci consigliano di tornare in bus alla Línea de la Concepción.
«Lì è pieno di hotel. Poi domattina prendete il primo autobus e tornate qui per riprendere il vostro cammino» – ci dicono.
Mi sembra ragionevole. In città troviamo un bell’hotel 4 stelle pieno di inglesi e indiani che si abbuffano al self service serale «all you can it».
La Piazza di San Roque.
Poco a poco il cammino diventa inagibile per via delle ultime piogge
Di buon mattino raggiungiamo di nuovo il paese e, dopo una colazione a base di tostada de tomate (pane tostato e pomodoro) e cola-cao (latte e cacao), usciamo dalla zona degli orti. Primo riferimento per non sbagliarci è il centro ambientale della Alcaldeisa e la sua finca.
Ci passiamo, camminando su colline verdi, tra le mucche al pascolo. Incontriamo un signore che gioca con un aereo telecomandato: l’unico rumore della zona. Il sentiero si fa via via sempre più fangoso.
È già difficile stare in piedi, con lo zoccolo di terra sotto gli scarponi quando il nostro sentiero sparisce! Completamente allagato. Sembra un fiume impetuoso e non si può guadare.
Teo cerca un’alternativa. Purtroppo la strada vicina è sbarrata. Quando le speranze di uscire da questo posto vengono meno ecco arrivare un cane lupo.
Ho un po’ di paura, ma sembra tranquillo. Ci sorpassa e ci guida. Dopo una curva si ferma davanti ad un’angarilla (un ponte sospeso). Lo guardo e lo ringrazio.
«Sarà il cane di Santiago» – lo so. L’ho già incontrato (ma questa è un’altra storia).
Grazie al ponte tibetano possiamo attraversare il fiume.
Usciti dal bosco, una strada asfaltata ci porta, finalmente, a San Martín del Tesorillo.
Elena Casagrande – [email protected]
(La 2ª puntata della Via Serrana sarà pubblicata mercoledì 13 dicembre 2023)
Il ponte sospeso indicatoci dal cane.