Controcanto al maschile. – Di Vittoria Haziel

È necessaria una presa di coscienza collettiva... Una riflessione pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole e nelle università, nei luoghi della politica e dell'informazione, nel mondo del lavoro. (Sesta parte)

Il cammino dei due pellegrini antagonisti diretti a Santiago in diretta su radiotre (e scusate il gioco di parole) da poco concluso mi permette di tirare in ballo altri pellegrini speciali (della nostra specie). Il primo è scrittore illustre con quanto basta (in diritti d'autore) per sopravvivere per alcune generazioni, come lui stesso ha definito le sue sostanze.
È dunque innanzitutto in compagnia di Paulo Coelho che vorrei parlare di un cammino (soprattutto metaforico, s'intende) diverso da quello che l'umanità ha fatto da qualche millennio a questa parte. Parlo di un cammino per nulla basato sullo strapotere patriarcale responsabile di aver costruito un imprinting durissimo da sconfiggere anche con i più potenti anticalcare.
Cari «P(d)aV» e anche pellegini comuni detti brevemente «pc», giacché siete ancora in ballo nel senso che avete i muscoli caldi, vi vorrei parlare del «cammino femminile».
In una lunga intervista rilasciata allo scrittore e giornalista Juan Arias, Coelho nel raccontare il suo pellegrinaggio a Santiago di Compostela che diventa presto un viaggio interiore (come spesso è il nostro), rivela che per una gran parte della sua vita aveva battuto il sentiero tipicamente maschile, del «guerriero della luce» e della lotta. Poi ha scoperto l'altra strada. Era una via deserta, mai praticata: quella del suo femminile, da cui si era sempre difeso.
Il nuovo Coelho non ha nessun maestro che gli dice dove andare. Segue le indicazioni dell'intuizione e dei sogni. Insomma, il suo «cammino femminile» è un percorso libero, lontano da imposizioni razionali. Nell'andare c'è al contrario l'abbandono: alla compassione e alla meditazione che avvicinano alle radici della vita, alla terra. Ma la strada nuova è anche quella della contemplazione, che permette di scandagliare i propri abissi e di guardarli senza chiudere gli occhi.
«Mi sento simultaneamente uomo e donna», dice. Dentro di lui la logica va dunque a braccetto con l'intuizione. Che sia un maschio a dirlo è importante. Può sembrare un paradosso, però serve, specie se stupisce. Lo stupore fa miracoli.

Ma ecco venire incontro su questo cammino lo scrittore Peter H?eg.
«Credo davvero che per un uomo sia bene provare a entrare in contatto con il femminile che è in lui», dice.
Seguiamo il cammino del suo pensiero. «È una saggezza antica... Non siamo solo il nostro sesso biologico ma in noi c'è anche l'altro sesso, e per comprendere meglio una donna dobbiamo recuperare doti femminili: emotività, compassione.»
Altro passo. «Forse siamo andati troppo avanti e ora c'è un riflusso. Ma non credo affatto che gli uomini perdano autorità integrando l'altro sesso, al contrario. Alcune delle persone più forti che conosco sono riuscite a completare la propria personalità con ciò che non appartiene al loro sesso biologico. È l'unico modo per sperare di capire davvero una donna, per non sentirsi soli anche quando si è in due, e non cadere nella disperazione più insopportabile quando - e capita quasi sempre - la coppia finisce per rompersi.»
Insomma, anche H?eg, alla ricerca di «una spiritualità profonda in modo non dogmatico», non ha paura del suo lato femminile, non lo oppone al maschile, ma lo integra. Compagni di viaggio che ci garbano, che ne dite?

Anche noi pellegrini della terza via sappiamo che non si può abbandonare un cammino maschile per uno femminile: siamo consapevoli della necessità di seguirli entrambi, a seconda delle esigenze e delle situazioni. Insomma è la strada a dettarci il cammino (ritmo, fiato, animo, coraggio e via pellegrinando). Le necessità ci tirano fuori non solamente la virilità di Odifreddi che attacca verbo-samente la fede, né solo l'arrendevolezza totale al divino, più tipicamente femminile, del direttore Rai Valzania.
Noi coltiviamo indifferentemente la realtà e il sogno, la scienza e l'illusione, il calcolo e la fantasia. Coltiviamo la superstizione nella consapevolezza del gioco e il gioco talvolta con la massima serietà. Insomma, siamo in quel punto della conciliazione degli opposti in cui il numero uno e il suo doppio due sono superati dal tre. E che i matematici non ci scarichino addosso tutti i loro fulmini!
Alle nostre speciali locomotive in pelle-grinaggio verso il femminile possiamo attaccarne un'altra. Anzi, più d'una: e il nuovo mezzo di locomozione diventa un lungo treno.
Anche la destinazione è nuova. Altri maschi firmano un appello.
«La violenza sulle donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini.»
Una frase che lascia sbachiliti. Proprio così: una rivoluzione per le donne fatta da uomini. Non è una pièce teatrale. Succede in Italia nell'anno 2006. Accade che un gruppo di maschi si muova per fare propri i diritti di donne e battersi per questi.

Stiamo parlando di un treno volante di extraterrestri? No, cari pellegrini amici. I nomi di costoro che rivendicano una presa di coscienza mentre scrivo sono centinaia, e ci auguriamo di più ancora negli anni a venire. Persino il termine che ricorre è lo stesso della rivoluzione femminista: «coscienza», tirato fuori e rimesso a nuovo dal baule dei ricordi lontani di donne che oggi sono nonne o non ci sono già più. Erano femmine che tiravano su la testa dal giogo plurisecolare, desiderose di scoprire il proprio corpo e di togliere le foglie di fico dalle vergogne, stufe di essere azzittite solo per la colpa di essere donne.
Ora però è tempo di rivoluzioni fatte in due, o meglio di una «pace rivoluzionaria». Tempo di maschismo, contrapposto al femminismo separatista ormai datato (il termine è di mio conio, e sta a indicare appunto la nuova specie di uomini agganciata per la via lungo il viaggio).
Questi maschi alieni ammettono di essere poco originali e di copiare dalle femministe degli anni Settanta, confessano di assumere «la libertà conquistata dalle donne come occasione per interrogarsi e scoprire cose nuove su di sé». Pensano che per loro sia giunto il momento di assumersi delle responsabilità.
È necessaria una presa di coscienza collettiva... una riflessione pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole e nelle università, nei luoghi della politica e dell'informazione, nel mondo del lavoro.

Ora mi e vi chiedo: le nostre compagne pellegrine, con il rosario in mano e senza, sanno che c'è un universo maschile nascosto e silenzioso, protagonista di un mondo diametralmente opposto all'universo arrogante dei patriarchi? Ebbene, eccolo venire allo scoperto. Come uno sciame di formiche esce dalle crepe tra le pietre. Gli insoliti pellegrini coscienti agitano il vessillo del cambio di civiltà al posto dello scontro di civiltà. Alzano una bandiera bianca, anche se la intravediamo di lontano e sfocata: sventolano una richiesta di pace per la fine della guerra dei sessi combattuta attraverso secoli e paesi.
Il pennello del colore di pace è intinto in «una nuova qualità della relazione tra uomini e donne». Il documento prende atto della situazione problematica dei tempi che viviamo.
Uno dei firmatari è Gad Lerner, noto giornalista e conduttore televisivo. In un suo articolo sul settimanale «Vanity Fair» ha ricordato il «maschio di potere» che è «dominatore» e «si compiace di esibire arroganza sessuale», mette «le donne al posto loro» e si vanta con gli altri maschi delle sue prodezze di ripetute violenze. Proprio lui, ebreo, porta un esempio per tutti: quello del capo dello Stato ebraico Moshe Katzav, indagato per stupro e molestie sessuali ai danni di una decina di donne.

In casi come questo, Lerner mette in evidenza la fierezza dell'uomo di potere nell'«esprimere una forza maschile naturale, una superpotenza virile vera o falsa, ma comunque vantata come preliminare al ruolo di potere acquisito».
Riflette sulla differenza tra donne ridotte in schiavitù e donne che si abbandonano a un uomo, tra violenza ed erotismo. Ricorda inoltre quanto oggi i desideri «s'inaridiscano nel virtuale invece di concentrarsi su persone in carne ed ossa». Sottolinea la pratica consueta della «riduzione del corpo femminile a mero oggetto di scambio». Un copione ormai consumato e sbiadito, che ora conosciamo bene, ma che vorremmo riscrivere con battute nuove.
Confessa la colpa dei maschi di «saper desiderare e corteggiare sempre meno» le donne di oggi «sempre più provocanti».
Vero. L'altalena oscilla tra il «sempre meno» e il «sempre più».
Lerner si rivela un fotografo preciso della realtà di oggi, non c'è che dire. Con pochi tratti sa riprodurre l'anima complessa nel negativo.
I firmatari sono consapevoli del fatto che per cambiare il mondo occorre cambiare se stessi e quindi prima conoscersi.
«La crisi e lo spaesamento negli uomini richiedono una nuova capacità di riflessione, di autocoscienza, una ricerca approfondita sulle dinamiche della propria sessualità e sulla natura delle relazioni con le donne e con gli altri uomini.»

Dove andiamo pellegrinando per stanarli? Che nomi hanno i loro gruppi? Si riuniscono da una decina d'anni in associazioni sparse per l'Italia, affittano sale o usano abitazioni, parlano, discutono di questioni private e pubbliche spesso non facili da affrontare. Affondano sonde nei fenomeni della pedofilia e della prostituzione, nella guerra e nello stupro.
Ma indagano anche su questioni intime. Mettono sul tavolo la paura del proprio corpo che tende all'aggressività. Per natura o per cultura? Riflettono sul disagio del contatto fisico che non accomuna i maschi ma li divide, al contrario della complicità che c'è tra le femmine. Cercano i modi per conciliare dentro di sé tenerezza e desiderio, fuori di sé donne e madonne. E per conciliare gli opposti nella relazione con l'altro sesso. Proprio pellegrini della terza via!
Insomma, l'imperativo categorico è: parliamone. Già di per sé può rivelarsi costruttivo. Queste squadre speciali di uomini in cerca invece del positivo, si rendono conto che ogni volta che si parla di violenza alle donne si sottovaluta la questione maschile, cioè il rapporto che gli uomini hanno con il proprio corpo e con quello dell'altro sesso. I gruppi sono nati dalla necessità di «incidere sui meccanismi di costruzione dell'identità sessuale», di «educare alla civiltà della relazione, riconoscere l'autonomia e la libertà delle donne» non solo nella famiglia e nella scuola, ma ovunque. E di «puntare a un'alternativa di relazione: né simbiotica né gerarchica».

A questi speciali pellegrini saliti su dei vagoni rosa dico «grazie» anche a nome di molte femmine certe ormai che i maschi veri siano una specie in via d'estinzione. Volete saperne di più? E' già tutto scritto, anche se non proprio di sacra scrittura si tratta.
Chiedete al direttore gli estremi del mio libro che non vedo ancora recensito, oppure andate pellegrinando al Santuario Editoriale di Sant'Internet. Cercate e troverete.
Intanto vi lascio con un pensiero del Maestro, che sia faro di un lungo e sereno pellegrinaggio di vita: acquista cosa nella tua gioventù che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento. Per non sbagliare, personalmente in gioventù è proprio alla «Sapienza» di Roma che mi sono presa la laurea in Giurisprudenza.
Purtroppo a quei tempi ero ancora in…sipida io. Ma pellegrinando pellegrinando acquistiamo sapore, fidatevi (se impariamo a ragionare con le nostre teste).

Davincianamente vostra
Vittoria Haziel



Nota. La recensione del libro di Vittoria è in programmazione tra due settimane.
Nelle immagini: Vittoria Haziel con il suo opposto maschile, il marito Giorgio de Rienzo, critico letterario del Corriere della Sera. - Vignetta comica di spampo patriarcale.