Visione globale delle multinazionali e la sinergia Fiat Chrysler

Nel «giorno di Marchionne al Festival» si parla proprio delll’unione fra Fiat e Chrysler che ha dato vita alla «Fca»

  
Dino Pesole e Gianmarmo Ottaviano. 
 
Sono tante le sfide che si trova ad affrontare un gruppo che vuole avere un respiro ed una dimensione multinazionale.
La prima riguarda quella legata alla cultura della diversità: una cultura aziendale che deve essere alla base di una gestione corretta di un gruppo che voglia avere ambizioni sovranazionali.
L’obiettivo primo deve essere quello di valorizzare le sinergie tra le diversità dei Paesi in cui il gruppo si trova ad agire, considerando il diverso grado di sviluppo dei mercati, delle tecnologie, delle istituzioni e delle geografie socio-economiche.
 
Una visione emersa dall’incontro proposto questo pomeriggio dal Festival sul tema «Il governo di un gruppo multinazionale» moderato da Dino Pesole giornalista de «Il Sole 24 Ore»e che ha avuto come protagonista Gianmarco Ottaviano professore di Economia presso la London School of Economics and Political Science e l'Università di Bologna.
Proprio Dino Pesole ha introdotto l’incontro sottolineando come in questo terzo millennio.
«Alle imprese multinazionali venga affidato da molti un compito quasi messianico di contribuire a far aumentare il Pil del pianeta ma nello stesso tempo queste aziende si trovano spesso in contrato con la necessità di molti stati di salvaguardare la loro economia nazionale.»
 
Per delineare le forme di una multinazionale Gianmarco Ottaviano ha voluto prendere ad esempio, nel giorno di Marchionne al Festival (vedi servizio precedente), proprio l’unione fra Fiat e Chrysler che ha dato vita alla Fca.
«Si tratta di un caso che per ora possiamo definire di successo e di un tipo di operazione in cui altri colossi industriali in passato avevano fallito clamorosamente.»
Fallimenti che hanno segnato la storia delle multinazionali per alcune carenze individuate da Ottaviano.
«Una multinazionale deve saper mettere a fuoco e perseguire una strategia industriale che parte da una visione comune da parte dei manager, da obiettivi chiari e prestabiliti.
«Ma questi concetti all’apparenza così banali sono tutt’altro che scontati e lo si capisce leggendo i tanti fallimenti che hanno costellato questo tipo di processi.»
 
Per il professore dell'Ateneo bolognese infatti le cose stanno così.
«Ci sono principi di gestione delle risorse umane che funzionano meglio perché stimolano la creazione e la condivisione di nuove conoscenze tecniche all’interno dell’imprese.
«Principi che spesso vanno a cozzare appunto con l’irrazionalità e la mancanza di coordinamento che portato al fallimento.»
Il processo di fusione fra Fiat e Chrysler, secondo Ottaviano, ha seguito un concetto di integrazione e di visione comune del futuro grazie anche capacità del management di individuare un processo aziendale preciso pur nell’unione di due realtà così diverse come quella europea e statunitense.
 
Fra i concetti focalizzati da Ottaviano anche quello inerente le diversità in cui una multinazionale si trova sempre ad operare: diversità attinenti alla sfera culturale, a quella dei mercati, alle tecnologie e alle istituzioni con cui ci si deve confrontare.
«Per quanto riguarda i mercati ad esempio – ha sottolineato l’economista – anche la Fca dovrà avere la capacità di offrire prodotti differenziati ai diversi tipi di consumatori riuscendo a preservare le economie di scala della produzione di massa.»
Una sfida difficile che coinvolge anche il dialogo con i sindacati.
«Per aumentare la sua produttività anche il nuovo gruppo ha dovuto applicare gli stessi sistemi di produzione e organizzazione sia negli impianti degli Stati Uniti che in quelli europei dovendo però correlarsi in maniera assai diversa con le controparti sindacali e con i governi.
«Ma questa appunto è una delle sfide che una multinazionale, se vuole operare con successo su scala globale, deve sapere affrontare.»