Tra 24 ore scade l’80° anniversario dello Sbarco di Normandia
Oggi pubblichiamo la storia di un trentino che, arruolato nella Wehrmacht, si trovò a combattere proprio in uno dei bunker tedeschi della Normandia
Domani faremo un servizio puntuale sullo sbarco di Normandia, allo scadere degli ottant’anni dell’evento.
Oggi vogliamo raccontare un breve aneddoto che riguarda un roveretano che nel 1943 aveva solo 16 anni.
Lo chiameremo per comodità con il nome di fantasia Giuliano.
A quell’età non poteva essere arruolato né dall’Italia, né dal Reich. Però voleva prendere parte attiva a quel conflitto, caricato come era stato dalla propaganda fascista.
Il Trentino era stato incamerato dal Reich in quello che fu chiamato Alpenvorland, quindi tecnicamente non era più in Italia. Il Trentino aveva il suo esercito, sia ben chiaro, ma in realtà non fu mai impiegato.
E comunque aveva deciso di rivolgersi alla Wehrmacht, affascinato dai successi militari che aveva avuto nei primi anni di guerra.
Ovviamente contò balle sulla sua età, presentandosi ai tedeschi come diciottenne. E la Wehrmacht in quel momento non voleva andare troppo per il sottile. Lo arruolarono.
Indossata l’agognata divisa, dopo un rapido addestramento sull’uso delle armi, fu mandato in Normandia.
Si sapeva che gli alleati avrebbero tentato di sbarcare in Francia. Secondo Rommel sarebbero sbarcati proprio in Normandia, mentre per il Fuhrer sarebbero sbarcati a Calais. Tanto vero che le due divisioni corazzate destinate a respingere l’attacco erano state collocate nei pressi di Calais.
Il nostro Giuliano, inviato nelle fortificazioni costruite apposta per contenere eventuali sbarchi, si sentiva sereno e tranquillo. Aveva la sua divisa, il suo elmetto, la baionetta e il fucile e non pensava che avrebbe dovuto combattere.
Nei suoi turni di guardia scrutava il mare, certo che nulla sarebbe cambiato.
E invece, una mattina, guardando l’orizzonte, si accorse che c’erano centinaia di navi al punto che sembrava un agglomerato di terraferma.
Corse a dare l’allarme, poi tornò al suo posto di guardia. Alzò gli occhi al cielo e vide un aereo che aveva appena sganciato una bomba sul suo bunker. Scappò all’interno, sentì un fracasso spaventoso, ma non si fece male nessuno.
Quello era stato il suo battesimo di fuoco e da allora si trovò coinvolto solo in quella eterna ritirata della Wehrmacht che lui credeva invincibile.
Era giovane e non lo comandarono mai ad azioni pericolose, ma per un anno dovette solo cercare di sopravvivere.
Non partecipò alle grandi battaglie che avvennero prima dell’occupazione della Germania.
Ma quando giunse la fine, provò solo il desiderio di tornare a casa. Come fare?
Si tolse la divisa e indossò un paio di pantaloni corti, così sembrava un bambino e non un soldato in fuga.
Riuscì a tornare a Rovereto a piedi. Fu accolto amorevolmente dai suoi.
Due anni dopo l’Esercito della neonata Repubblica Italiana gli mandò la cartolina precetto per il servizio militare. Poteva evitarlo dicendo che aveva partecipato alla guerra. Ma no se la sentì di dire che aveva combattuto dalla parte sbagliata e accettò di fare la naia.
Era un veterano a tutti gli effetti, ma se ne guardò bene di farlo sapere.
Giuliano mi raccontò la sua storia e devo dire che è stata una delle persone più in gamba che abbia mai conosciuto.