«Secoli di ferro. Le armi di età moderna»
Al Museo Storico Italiano della Guerra dal 7 giugno al Castello di Rovereto

Ecco le novità del Museo Storico della Guerra di Rovereto.
1. Una nuova esposizione
A partire da domani, sabato 7 giugno, nel Castello di Rovereto saranno aperte al pubblico due nuove sezioni del Museo Storico Italiano della Guerra.
La prima è ospitata nel torrione Marino ed è dedicata alle armi di età moderna.
Sono esposte armi in asta, spade, corazze e armi da fuoco dei secoli XVI-XVIII, presentate nella evoluzione tecnica collegata al mutare del loro impiego bellico: le armi in asta e gli spadoni utilizzati dal quadrato dei mercenari svizzeri, alla supremazia conquistata dalle armi da fuoco munite di baionetta nel Settecento, passando per le guerre d’Italia combattute dalle Compagnie di ventura e dagli eserciti mercenari, le guerre condotte nell’Europa balcanica e sulle coste del Mediterraneo contro gli Ottomani, al duello, fino all’invenzione del fuoco di fila. Un capitolo a sé è dedicato alla caccia.
Una sala è dedicata agli strumenti dell’officina del fabbro armaiolo, l’artigiano che in ogni castello e in ogni esercito era incaricato sia della manutenzione e della riparazione delle armi, che della produzione e della cura degli attrezzi in metallo di uso comune. La sala presenta batterie a miccia e a pietra, spade, parti di corazza, oltre ad oggetti di uso quotidiano come perni per carro, serrature, lame, punte di freccia.
Un sistema multimediale permette di esaminare da vicino ogni singolo pezzo esposto.
Per il Trentino si tratta della più ampia esposizione permanente dedicata al tema.
Per l’occasione è stato realizzato un catalogo completo della collezione, curato da Francesco Rossi.
Nel torrione Malipiero è allestita la seconda sezione, che presenta materiali relativi al periodo che va dalla preistoria al Medioevo: da punte in selce lavorata ad armi in rame o in bronzo, rare spade di età longobarda e medievali.
In entrambe le sezioni, i materiali esposti sono per la gran parte frutto di donazioni pervenute al Museo dalla sua origine nel 1921 fino ai giorni nostri.
Una serie di brevi filmati di animazione inquadrano la storia di Rovereto.
Il Castello e la sua vicenda architettonica nel contesto del sistema dei castelli della Vallagarina, della storia della città di Rovereto e dell’Europa.
Il Museo Storico Italiano della Guerra è stato finora conosciuto, visitato e consultato soprattutto per le sue esposizioni relative alle guerre italiane ed europee dell’Ottocento e della prima metà del Novecento.
Ora, grazie al grande numero di armi di ogni epoca e di ogni tipo presente nelle sue collezioni, si può risalire dall’età contemporanea fino ad epoche lontane.
2. Una rivoluzione militare
Tra la fine del Quattrocento e l’età napoleonica ad inizio Ottocento, in uno scenario di continue guerre, si affermarono in Europa alcuni stati dotati di forti apparati organizzativi e di importanti risorse economiche con le quali mantengono costosi eserciti di soldati mercenari, come la Francia, la Spagna, l’Austria, ma anche la Prussia, la Repubblica dei Paesi Bassi, la Svezia.
Durante questi trecento anni l’Europa fu attraversata in lungo e in largo da eserciti in guerra.
Alle motivazioni politiche (la supremazia) se ne aggiunsero di religiose: era l’epoca della Riforma protestante avviata da Lutero, adottata da Calvino, Zwingli e Melantone, e della lotta tra stati cattolici e riformati.
Furono «secoli di ferro», che videro l’Europa stremata da eserciti che imponevano alle società dei paesi nemici (ma anche del proprio) prelievi enormi in grado di prosciugare ogni risorsa disponibile.
Durante questo periodo si verifica una lenta ma inarrestabile rivoluzione che toccò sia l’organizzazione degli eserciti che le armi.
Gli stati si dotarono di eserciti permanenti strettamente dipendenti dal sovrano, che sostituirono le truppe legate ai feudatari.
La fanteria, armata di picche e organizzata in quadrati, riuscì a contrastare efficacemente la cavalleria pesante.
Si diffuse l’arma da fuoco, dapprima come artiglieria nell’assedio di castelli e città, poi sul campo di battaglia.
Il moschetto e l’archibugio si rivelarono nettamente superiori alla picca e all’alabarda e, tra Seicento e Settecento, grazie alla baionetta, sostituirono le armi in asta.
Fu con le armi da fuoco che le flotte di Portogallo, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Inghilterra, salparono alla ricerca di nuovi mercati e posero le basi di grandi imperi coloniali
3. L’esposizione delle armi di età moderna
La prima parte del percorso espositivo presenta la dotazione individuale del soldato e del cavaliere: corazze e spade con cui gli uomini d’arme italiani e tedeschi entravano in battaglia; ma anche le picche e le alabarde con cui i fanti svizzeri o tedeschi - i lanzichenecchi - organizzati nei «quadrati» sostenevano e spezzavano l’urto della cavalleria nemica.
Le armi da fuoco individuali – archibugio e moschetto dotati di baionetta, pistola – nel Seicento e nel Settecento dapprima affiancarono e poi sostituirono le armi in asta. Il corsaletto da piede all’italiana e alla tedesca, la maglia di ferro, le spade e gli stocchi, le alabarde e le picche, copricapo come i morioni e i taschetti, gli archibugi, le pistole e i moschetti, registrano l’evoluzione delle armi e del loro impiego nel corso dei tre secoli.
Sono in mostra anche due particolari tipi di arma, legate a impieghi della violenza particolarmente praticati in quel tempo e strettamente imparentate alla guerra.
Il primo è il duello, prerogativa degli ambienti aristocratici che rivendicavano il diritto ad una «guerra» privata collegata al concetto di onore; il secondo è la caccia, che per gli aristocratici più che un mezzo per procurarsi il cibo, era un’attività preparatoria alla guerra, praticata come passatempo e svago, che prevedeva l’uso di armi in tutto analoghe a quelle impiegate in battaglia.
Una seconda parte dell’esposizione mostra da vicino, nell’officina del fabbro armaiolo, un aspetto poco considerato della vita degli oggetti: un dietro le quinte immancabile in un castello.
Là dove c’era una guarnigione, era indispensabile un fabbro che si prendesse cura della dotazione dell’uomo d’arme, per riparare, integrare, smontare e rimontare, talvolta costruire parti del suo armamento.
Il fabbro doveva occuparsi di tutto ciò che aveva a che fare con il metallo: dalla realizzazione di strumenti da lavoro alla riparazione di una serratura, dalla costruzione del cardine di una porta alla forgiatura del fornimento di un cavallo.
Il Museo presenta un vasto repertorio di strumenti dell’officina, assieme a parti di armature dell’uomo d’arme e maglie di ferro, sistemi di sparo a pietra, a miccia e a ruota, fiasche per la polvere, spade, materiali per la caccia.
4. Dalla preistoria al Medioevo
Il torrione Malipiero presenta una raccolta di materiali di armamento di epoche molto più antiche: dal periodo preistorico alle età del bronzo e del ferro, fino all’alto Medioevo.
Quasi sempre si tratta di armi vere e proprie, talvolta di strumenti adatti ad un uso promiscuo: caccia, lavoro, oltre che offesa e difesa. Sono materiali di grande interesse archeologico, provenienti in gran parte dal Trentino e dalla Vallagarina in particolare - su cui il torrione Malipiero si affaccia - giunti al Museo attraverso generose donazioni, anche recenti.
5. Il curatore del catalogo
Il catalogo della collezione di armi di età moderna del Museo Storico Italiano della Guerra è stato curato da Francesco Rossi. È un volume di 500 pagine e descrive l’intera raccolta costituita da circa 1.000 pezzi.
Francesco Rossi (Firenze 1939) è stato Conservatore presso i Civici Musei di Brescia, Direttore della Pinacoteca dell’Accademia Carrara di Bergamo, Membro di Atenei, Accademie e Deputazioni, Presidente della Associazione Nazionale Musei Locali e Istituzionali.
È associato allo IAMAM (International Association of Museums of Arms and Military History - UK); tra le sue competenze, è particolarmente riconosciuta quella di specialista dei documenti materiali metallici.
È autore di monografie, saggi e cataloghi di Mostre, di cui spesso è stato curatore.
6. Come si è costituita la collezione del Museo
La collezione di armi di età moderna si è costituita fin dagli anni della nascita del Museo, come documentazione di aspetti bellici di epoche lontane e delle radici nazionali di Rovereto e del Trentino.
Nuclei di materiali sono pervenuti dal Musée de l’Armée di Parigi, dalla famiglia Scrinzi, da Carlo Postinger, dal Museo Nazionale d’Artiglieria di Torino e dal Museo del Risorgimento di Brescia, da Giovanni Malfer e da Carlo Gerosa.
La raccolta si è consolidata nel 1946 con la donazione da parte delle famiglie Rabuffi di Milano e Tonini di Massone d’Arco, della collezione appartenuta a Riccardo Caproni (1884-1946), socio e consulente tecnico del Museo.
Nel 1949 una sala che esponeva la raccolta è stata dedicata alla sua memoria.
Nei decenni successivi, altre donazioni sono pervenute da Giovanni Bianconi, dall’Istituto di S. Ilario di Rovereto, dalle famiglie Bernardinatti-Campolongo e Angelini, da Angelo Zornetti, Edoardo de Pizzini, Francesco Tessore, Vittoria de Fogolari, Carlo Argan Chiesa, Giovanni Bertagnolli, Giovanni Francescotti, dagli eredi di Giovanni Giovannini, da Valerio Gibellini, Antonio Grossi. Giuseppe Chiocchetti, Alberto Miorandi, dalla Fonderia Bossini di Brescia, dal Museo Nazionale di Castel S. Angelo, dalla Repubblica di San Marino e dal Museo Militare di Praga.
Il Museo ha arricchito la raccolta anche con assegnazioni provenienti da provvedimenti giudiziari e con alcune acquisizioni mirate, la più importante delle quali è stata il corsaletto da piede alla tedesca (2006), grazie ad un contributo della Provincia autonoma di Trento.