«Ridistribuire una quota degli utili per creare un reddito universale»
E' la proposta dell’economista Kaushik Basu, chief economist e senior Vice-President della Banca Mondiale
Una certa quota degli utili e dei profitti dovrebbe essere data alle persone più povere, che perdono il lavoro a causa delle tecnologie, come una sorta di reddito universale.
Un’idea utopica, lo ha ammesso anche lui, ma forse l’unica che potrebbe realmente invertire la tendenza.
L’ha proposta oggi, al Festival dell’Economia di Trento, l’economista Kaushik Basu, chief economist e senior Vice-President della Banca Mondiale, recentemente nominato presidente eletto di International Economic Association.
«In passato – ha detto Basu – ci siamo fidati troppo della cosiddetta mano invisibile dell’economia, in realtà i meccanismi di mercato funzionano bene, ma c'è bisogno dell’intervento stato e della società civile, altrimenti le disuguaglianze aumenteranno, perché le nuove tecnologie stanno riducendo i fabbisogno di manodopera.
«Dobbiamo ristrutturare la struttura dell’economia mondiale.»
Kaushik Basu ha quindi criticato il pensiero economico dominante, che si perde dietro teorie astruse e non riesce poi a spiegare perché alcune economie prosperano e altre no e quale potrebbe essere la natura e il ruolo dell’intervento pubblico.
Venendo ai problemi dell’Europa, Basu ha auspicato che venga rivisto il trattato di Lisbona, perché così come è adesso «non aiuta a costruire un'unione monetaria europea basata sul principio di responsabilità solidale.
«In passato tutti questi paesi che si erano uniti nell'unione monetaria si prestavano denaro senza capire che prestare soldi alla Spagna e al Portogallo non è lo stesso che prestarli alla Francia.
«Oggi – ha detto Basu – paghiamo ancora il prezzo di quell'errore, perché non capimmo i rischi dell'operazione.»
«Adesso ogni paese – ha ricordato Basu – si assume la totale responsabilità dei propri debiti, invece ci vorrebbe una condivisione maggiore dei debiti che andrebbe a beneficio di tutti.
«Quando c’è un'unione monetaria ci vuole più condivisione. E questo che non si è capito in passato. Mettere in campo politiche monetarie eterogenee non è positivo per nessuno.»