Finalmente paragonata la crisi attuale alla quella del ’29

Lo ha fatto oggi l'economista israeliano Assaf Razin. «Il confronto fra la Grande Depressione del '29 e l'attuale crisi ci insegna un sacco di cose»

La crisi economica, innescata dallo scoppio della «bolla» dei mutui subprime, esplosa negli Stati Uniti e poi propagatasi in tutto il mercato globale, ha subito fatto dire a molti cronisti, ma anche ad alcuni economisti, che ci si trovava di fronte ad uno scenario del tutto simile a quello della Grande Depressione del 1929.
Ci ha pensato oggi l'economista israeliano Assaf Razin, docente presso le università di Tel Aviv e di Ithaca (New York) a fare un po' di storia e di chiarezza nel corso dell'incontro svoltosi al Castello del Buonconsiglio.
Le due crisi, ha detto in conclusione Razin, hanno certamente alcuni elementi in comune, ma anche molte differenze. Una delle più vistose e fortunatamente positive è stata la diversa reazione allo scoppio della bolla delle banche centrali. Ma per evitare che il dramma si ripeta, occorrono regole certe e condivise e soprattutto trasparenza.


È stata una lezione di storia economica, quella impartita dall'economista israeliano Assaf Razin, che dopo esser stato introdotto e presentato da Giorgio Guido Fodor, docente di politica economica all'Università di Trento, ha avuto un esordio legato ai suoi ricordi personali.
«Se oggi mio padre fosse ancora vivo e avesse potuto essere qui, al castello di Trento, ad ascoltare quel che ha detto di me il collega Fodor, sarebbe stato orgoglioso. Mia madre, poi, avrebbe bevuto ogni sua parola. Grazie.»

Dopo la parentesi legata alla sua biografia (raccolta tra l'altro di recente in un grosso volume), Razin è immediatamente entrato nel merito del tema che il Festival dell'Economia 2009 gli ha assegnato: «È come la Grande Depressione?»

«Forse non sarebbe giusto prendere in esame solo la grande crisi depressiva che va dal '29 al '35 - ha esordito l'economista, - perché dalla fine del secondo dopoguerra a oggi sono stati ben diciotto i casi di regressioni economiche e di crisi registrati in diverse parti del mondo. Ma per comodità prendiamo come termini di paragone la cosiddetta Grande Depressione a cavallo degli Anni Venti e Trenta e l'attuale crisi dei «subprime» americani.
«Le somiglianze che possiamo registrare sono sei. - prosegue Assaf Razin. - Entrambe le crisi sono nate a seguito di bolle speculative; sono cominciate nel settore finanziario e si sono poi gradualmente diffuse nell'economia reale, facendo fallire numerosi istituti finanziari oppure rendendo necessari in alcuni casi interventi «salva-banche»; in tutti e due i casi la crisi sembra essere iniziata con lo scoppio della bolla, anche se forse i prodromi erano già avvertibili in precedenza; il credito delle banche s'è prosciugato in entrambi i casi; sia nel '29 che nel 2008-09 si è fatto ricorso alla politica dei tassi zero negli Stati Uniti. Ultima somiglianza, sia allora sia oggi la crisi è cominciata negli Stati Uniti e poi si è successivamente estesa ad altri Paesi.»
[In Europa, a partire dall'Austria, si è verificata nel 1933. - NdR]

Ma, secondo l'economista israeliano, le analogie finiscono qui.
«Esistono infatti delle differenze fondamentali che rendono l'attuale crisi profondamente diversa da quella del '29 - ha affermato Assaf Razin. - Le risposte delle politiche fiscali e monetarie, ad esempio, quelle dei governi e delle banche centrali oggi sono state molto più rapide e vigorose di quanto furono durante i primi tempi della Grande Depressione. Allora gli Stati Uniti, presidente Hoover, rimasero cocciutamente legate al "gold standard", al tasso fisso di cambio del dollaro legato al valore dell'oro e solo dopo il 1933, con Roosvelt presidente, venne temporaneamente sospesa la convertibilità all'oro e si procedette a svalutare il dollaro. Quando poi gli Stati Uniti rientrarono nel regime di gold standard in un momento in cui il prezzo dell'oro era più alto, affluirono nel Paese grosse quantità di metallo prezioso, provocando un aumento della massa monetaria che mise fine ai timori di una deflazione. Oggi gli USA non vivono più in regime di gold standard e, anzi, nel corso di questi ultimi anni, senza tasso di scambio fisso, il dollaro s'è notevolmente deprezzato, favorendo quindi le esportazioni ed una politica monetaria espansiva.»

Il «gold standard», cioè la moneta legata al valore dell'oro, è stato l'argomento che ha dominato un po' tutto il periodo della Grande Depressione negli USA e in tutti gli stati d'Europa. In Italia la politica monetaria di Mussolini, che voleva a tutti i costi il rapporto Lira-Sterlina a «Quota Novanta», è stata frutto in buona sostanza di queste differenti visioni economiche dei vari stati di allora.
Le grandi potenze europee erano convinte che Mussolini non sarebbe riuscito a mantenere il rapporto perché il costo si sarebbe riversato sulla popolazione italiana. Gli Italiani soffrirono, è vero, ma il Paese uscì molto meglio di tanti altri (Austria, Germania e Francia incluse), anche perché il regime fondò l'IRI che provvide ad acquistare le grandi banche in procinto di fallire (come oggi in USA e GB).
Asset che il paese ha privatizzato solo agli albori della Seconda Repubblica.
NdR


La situazione di stagnazione che va dal'29 al '33, seguita dalla ripresa che cominciò a partire dal '33, registra le seguenti caratteristiche.
Se il bilancio federale negli anni di Hoover era stato perlopiù equilibrato, il deficit del bilancio americano nell'attuale situazione di crisi va dal meno 8 al meno 10%. Se dal 1929 al 1933 la massa monetaria statunitense addirittura conobbe una riduzione (provocando a volte addirittura deflazione), la massa monetaria oggi è quasi doppia rispetto alla situazione di pre-crisi.

E ora le differenze.
«Il tasso di disoccupazione, nel 1930, raggiunse il 25%, mentre nel febbraio del 2009, in America, s'è attestato intorno all'8,1% (e raggiungerà nel breve solo il 10%); la produzione industriale diminuì del 25% dal '29 al '33, mentre dal 2007 (situazione di massimo picco positivo) all'ultimo trimestre 2008 (massimo picco negativo) siamo intorno al -2% e stiamo già viaggiando verso quote di segno positivo.»
Differenze, quelle trattate da Assaf Razin, dovute sostanzialmente alla diversa strutturazione industriale del mondo occidentale. Una grande fabbrica americana ha l'incidenza del lavoro che raramente raggiunge il 10% della distinta base.
Le crisi, in realtà, cambiano il nome, i tempi, le reazioni, ma in sostanza sono tutte uguali, sono sempre dovute a bolle speculative che qualcuno ha colpevolmente lasciato che si formassero.

Ma ha comunque qualcosa da insegnarci, secondo l'economista israeliano, la Grande Depressione del '29? Riusciamo a vederci, in nuce, quegli elementi che, se applicati al mercato globalizzato di oggi, scongiurerebbero o renderebbero la crisi più palese, e quindi affrontabile per tempo?
«Certo che ci sono elementi sui quali riflettere - ha concluso l'economista israeliano. - Dobbiamo riflettere sul perché il mercato dei mutui, e quindi delle banche, dei titoli tossici abbia potuto prosperare in un clima di deregulation e di poca trasparenza.»
Ecco, più trasparenza e regole applicate potrebbero essere gli antidoti per far sì che l'economia globale possa esplicitare tutti i suoi potenziali positivi. Su questa speranza e convinzione Assaf Razin ha chiuso la sua conferenza lanciando un monito.
«Il mercato globale è una gran bella cosa, purché i rischi vengano equamente condivisi e suddivisi tra i vari soggetti. Come? Riducendo le possibilità speculative e rifuggendo dai titoli "finti" e tossici...»
In altre parole, basando lo sviluppo più sull'economia reale che su quella fittizia.