A un anno dalla chiusura del Trentino – Di Paolo Farinati
La Costituzione italiana invoca la pluralità nell'informazione: la Comunità trentina chiede un nuovo giornale!
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta a ad autorizzazioni o censure.»
Così l'art. 21 della Costituzione auspica e tutela con giusto rigore la libertà e il pluralismo nell'informazione.
L'informare e l'essere informati è un diritto assoluto, esserlo da più fonti costituisce un pilastro solido su cui si fonda ogni democrazia.
È trascorso un anno dall'annuncio ufficiale della chiusura della versione stampata dello storico giornale TRENTINO.
Ancora oggi molti sono stati i messaggi di meraviglia, di incredulità, di dispiacere, di viva solidarietà verso i giornalisti, i collaboratori e i dipendenti tutti, gran parte dei quali vivono tuttora un disagio umano e occupazionale.
Certamente siamo di fronte ad una pagina molto triste per la nostra comunità trentina. Ancor più se pensiamo chi fondò e come nacque e di sviluppò in tutto il nostro territorio il quotidiano TRENTINO.
Ma, come tante storie e vicende ci insegnano, nella vita nulla è definitivo.
Con intelligenza e forza di volontà si possono ipotizzare, studiare e proporre soluzioni che possono ridare vita ad un qualcosa che oggi è ritenuto perduto.
Ritengo sia quanto mai necessario ribadire qui l'importanza di una nuova voce giornalistica per l'intera nostra comunità.
Il TRENTINO per oltre 75 anni è stato un fedele amico per tantissimi abitanti delle nostre vallate, delle nostre città e dei nostri paesi.
Aver avuto a disposizione una voce alternativa all'altrettanto storico e valido giornale L'ADIGE, è stato fonte e stimolo per un confronto sempre chiaro e proficuo per tutti noi.
Merito indiscusso delle proprietà, dei direttori e dei giornalisti che hanno concorso a garantire moltissime pagine di libertà e di democrazia.
Status e valori ben radicati sul nostro territorio, anche grazie alle pagine dei due suddetti giornali.
In questi mesi la nostra comunità si è chiesta: cosa si può fare? E la domanda è tuttora di grande attualità.
L'editore on. Michl Ebner, a suo tempo, ha verificato i conti facenti capo al quotidiano TRENTINO, li ha ritenuti per lui insostenibili e ha preso la sua decisione imprenditoriale. Giustamente da rispettare.
Sulle modalità di comunicazione ai dipendenti e sui possibili trattamenti da riservare loro post chiusura, certamente molto meglio ci si poteva comportare.
Ma tutto questo ormai è storia, guardiamo e andiamo avanti.
La testata TRENTINO non è in vendita? Vi sono altre strade da poter percorrere.
La comunità trentina ritengo abbia il dovere di pensare ad una proposta per dare vita ad un altro quotidiano.
Va dato indiscusso merito al Presidente degli Industriali del Trentino Fausto Manzana, il quale da mesi sta lavorando ad un preciso nuovo progetto editoriale.
Molti "rumors" ci dicono che con lui anche il vasto mondo della cooperazione trentina sia ben disposto ad essere della partita.
Molto bene: tutto questo onora i suddetti protagonisti e, indirettamente, tutta la nostra comunità.
Stupisce il silenzio e l'assenza della Camera di Commercio del Trentino, espressione dell'intero mondo economico della nostra Provincia.
Lo scrivo anche da piccola Partita IVA da oltre 32 anni.
Qui gioca infelicemente il palese conflitto di interessi in cui si trova il Presidente dell'ente Giovanni Bort, che siede pure nel Consiglio di Amministrazione di S.I.E. Società Iniziative Editoriali, soggetto che edita il giornale L'Adige e che fa capo al Gruppo Athesia dell'on. Michl Ebner.
Mi chiedo: ma alla C.C.I.A.A. di Trento comanda uno solo o c'è un plurale Consiglio Direttivo?
Una domanda che pongo con il massimo rispetto verso tutti e tutto.
Ma torniamo, opportunamente, a cosa si può fare e al come più soggetti, trentini e no, possano mettersi al fianco del Presidente Manzana e supportarlo nel suo progetto.
Faccio liberamente questo sforzo di riflessione anche da storico abbonato al giornale L'Adige(!).
Qui la normativa societaria ci indica più possibili strade e più strumenti giuridici. Provo qui ad indicarne un paio.
La Società ad azionariato diffuso (S.a.d.), o in inglese public company. È un'impresa che suddivide il proprio capitale sociale tra molti azionisti; è una tipologia di società poco sviluppata in Europa, in Italia sono circa il 20% della totalità delle società, mentre sono più diffuse negli USA e spesso là sono pure quotate in Borsa.
Le Società ad azionariato diffuso sono società di diritto e proprietà privata. Come già detto in precedenza, hanno una struttura polverizzata, ovvero il capitale di rischio è suddiviso in modo tale da impedire ai Soci di possedere un numero di azioni superiore ad una percentuale minima del totale, solitamente tra il 3% e il 5%.
Questo genera il fatto che non vi sia un gruppo di controllo tra gli azionisti. Spetta invece al gruppo dirigente prendere le decisioni inerenti alla gestione della società.
Perciò la S.a.d. la si può definire un 'impresa manageriale, che delega la dirigenza a dei professionisti, i quali non ne diventano i proprietari.
Questa forma di società mediamente ha una grande capacità di attirare investimenti e risorse, ancor più se la gestione si presenta positiva.
Se gli obiettivi aziendali sono condivisi dai molti azionisti, come ad esempio nel nostro caso la salvezza e la futura tutela di un importante giornale per una comunità, e se gli stessi azionisti nominano manager capaci, questa forma societaria è molto garantista.
La dirigenza dell'impresa, al fine di mantenere intatto e alto il valore dell'azienda, nonché di conservare il proprio posto di lavoro, sarà motivata a consolidare e fidelizzare sempre più gli azionisti.
L'altra ipotesi che qui mi permetto di indicare è la Società cooperativa.
Ha aspetti simili alla S.a.d., con un azionariato certamente ancor più diffuso, leggasi un 'azione per ogni Socio, intendimenti più solidali, idealmente una conduzione non sempre finalizzata al profitto o ad acquisire dividendi annuali.
Entrambe le forme societarie qui proposte hanno, come si è soliti dire, dei pro e dei contro.
Si può pensare anche ad un sano compromesso: il Presidente Fausto Manzana e la Cooperazione trentina potrebbero certamente essere i soggetti capofila, avendo la maggioranza assoluta del capitale sociale e, conseguentemente, vedendosi affidata la governance della nuova Casa Editrice e del nuovo giornale.
Ma allo stesso tempo, vedrei assai bene che molti altri soggetti possano avere una quota, anche minima, del capitale sociale del suddetto nuovo soggetto.
Questo fatto darebbe grande forza e maggior senso di appartenenza all'ambizioso progetto.
Chi di noi non sarebbe disposto a versare 100 euro, o suoi multipli, pur di garantire maggior libertà e trasparenza all'informazione nel nostro amato Trentino?
Singole persone e soggetti d'impresa. Tutti certamente aventi le risorse e le idee per unirsi motivati in questa storica intrapresa, finalizzata a farci ritrovare in edicola un'altra voce amica.
Paolo Farinati