Margherita de Cles: in viaggio ai tempi del Coronavirus/ 3

Sono stata sin troppo protetta nelle mura familiari ma il mio istinto d’avventura chiedeva libertà. L’Africa per me simboleggia una sorta di mia iniziazione interiore

(Link alla puntata precedente)
 
Zimbabwe, 22 aprile 2020.
Passano i giorni anche se ogni giorno sembra essere lo stesso. Quando ero in Italia, il lunedì era per me il giorno più drammatico, tante cose da fare con il commercialista, riprendere la palestra dopo un week end di bagordi. Invece questo periodo mi fa amare tutti i giorni allo stesso modo.
Stiamo vivendo un momento storico che i nostri figli studieranno ben presto sui libri di scuola… Mi sono arresa a leggere le notizie che girano, sono abituata a vivere nella verità e nella trasparenza ma qui penso che nessuno di noi sappia davvero cosa stia succedendo.
L’inverno in Zimbabwe è arrivato e anche se la mattina il risveglio è caldo, la sera già alle 18 l’aria è al quanto pungente. La mia amica Mirella, italianissima ma ormai zimbabweana di adozione, l’altro giorno mi ha di nuovo sorpresa portandomi alcuni dei suoi maglioncini caldi, dandomi virtualmente degli abbracci virtuali.
Il mio amico Samir è sempre protetto nel suo bellissimo hotel nella foresta di Vhumba, una sorta di esilio in un paradiso incantevole ma allo stesso tempo una sorta di prigione d’orata.
 
In questo momento siamo tutti estremamente fragili soprattutto se siamo abituati a vivere le nostre vite senza un vero senso profondo ma siamo abituati ad essere travolti dagli eventi della vita quotidiana, appuntamenti e doveri. Ma è davvero tutto qui?
Non si è mai preparati a certe situazioni, ma in cuor mio posso dire che avere frequentato India e Africa mi hanno dato una sorta di fermezza e solidità, ogni tanto penso che se fossi rimasta tra le sole mura di casa non avrei potuto assaporare e conoscere in questi silenzi il vero scopo della mia esistenza…
Il mio bisogno di evadere è sempre stato forte, dall’età di 13 anni quando finii a Cortina dalle suore ai viaggi frequenti in India a contatto con i templi, gli asharm, le stoffe, la gente… avevo bisogno di capire cosa c’era fuori e soprattutto avere delle risposte dalle persone.
Quelle risposte che non ero in grado di darmi da sola perché l’educazione mi aveva in un certo senso programmata.
 
Sono stata sin troppo protetta nelle mura familiari ma il mio istinto d’avventura chiedeva libertà.
L’Africa per me simboleggia una sorta di mia iniziazione interiore.
Ricordo ancora il mio primo periodo in Sud Africa come fosse ieri, era il 2009, decisi di andare là per fare un’esperienza in un’azienda agricola nella zona di Constantia.
Il sud Africa altra terra meravigliosa, conquistata dagli olandesi, i primo a portare le barbatelle, in quell’aria poco fuori da una delle più belle città al mondo, una delle 7 meraviglie, Città del Capo.
Trascorrevo le giornate in cantina con dei ragazzi dello Zimbabwe, cristiani praticanti dall’animo puro e gentile, ogni tanto veniva qualche cliente per delle degustazioni; all’epoca perfezionavo l’inglese ed era la seconda volta che affacciavo al mondo dopo un'esperienza di lavoro a Long Island, in America.
Oggi posso dire che mi sono divertita tanto con quei ex rhodesiani, giravamo le bottiglie di sparkling wine, filtravamo il malbec nelle botti e ogni tanto facevo la spesa per loro perché la paga era troppo bassa per risparmiare qualcosa per la famiglia.


 
Ogni tanto mi raccontavano della ricchezza della vecchia Rhodesia e di quanto fosse bello e sicuro questo paese e io mai avrei pensato di trascorrere così tanto tempo qui e vivere a pieno contatto con un popolo che vive in situazioni economiche disastrose e precarie ma il cui approccio positivo e fiducioso non fa mai mancare loro un sorriso sulle labbra. Quanto da imparare...
Ognuno ha un luogo o un momento della vita che dà il via a una vera e propria svolta.
Incontrare Amaresh, un bellissimo ragazzo indiano, a Città del Capo in piena carriera è stato per me un altro pezzo del mio puzzle, che seppur non abbia avuto un lieto fino mi ha dato l’opportunità di conoscere un’altra cultura meravigliosa, quella indiana e avere un debole per gli indiani.
E se il nostro love affair non ha avuto un happy ending chi ne ha giovato è stata la mia curiosità e spirito d’avventura o forse incoscienza.
 
Viaggiare porta chiunque sia aperto a cogliere aspetti di sé con estrema semplicità e con occhi più attenti.
In questo periodo siamo tutti a casa ma il viaggio più bello che possiamo fare è dentro di noi, e conoscere strade di noi o grotte nascoste che non avevamo mai potuto vedere perché troppo impegnati nella routine e magari cogliere questi momenti di totale unione con noi per abbandonare certi pesi sul cuore e sentirci davvero liberi.
L’India ha segnato per me una vera svolta spirituale nella mia esistenza e se oggi riesco a vivere bene situazioni drammatiche lo devo anche al calore e all’affetto che questo paese mi ha dato.
Mi sono ritrovata in un luogo che avevo forse vissuto nella mente o che coltivavo già inconsciamente nel cuore.
Strade dissestate, invase da immondizia stagionata, autisti impazziti che schivano le mucche sacre che pascolano incuranti, poveri che fanno la carità vendendo ventagli di pavone per 100 rupie, le donne dei fiori fuori dai templi e ancora i profumi di gelsomino e gli incensi e lo street food, una totale confusione, ma questo è il primo impatto quando guardavo ancora con gli occhi e non col cuore l’India, una delle popolazioni più antiche, mistiche e soppressa da obsolete tradizioni come le caste e gli intoccabili; qui ho trovato un perfetto equilibrio.
Perché se in Europa o nei paesi occidentali vige apparente ordine nelle città perfettamente tenute, dai negozi profumati e ordinati dove ti rendi conto di non avere bisogno da comprare nelle persone eleganti e super preparate ma con una vena egoista e opportunista, in questi luoghi ho potuto scoprire un approccio genuino e autentico dei rapporti sulla base di valori dimenticati della fiducia e condivisione, della tolleranza e rispetto.
 

 
Una sorta di risveglio, forse lo stesso che questo Covid-19 potrebbe scatenare, una rinascita interiore basata su principi e valori che hanno scritto la storia umana.
Lontana da tutti e circondata da nuovi amici, mi rendo conto di avere la possibilità di scrivere davvero la mia storia più autentica, ma dopo avere ascoltato tanti racconti che mi hanno permesso di potere costruire la mia.
Se pensiamo a quando riordiniamo l’armadio, in ogni capo che tiriamo fuori ci sono infiniti ricordi che hanno segnato momenti belli e brutti…
Riordinare la mente e lasciare i vecchi schemi e le vecchie paure, penso siano la giusta spinta per entrare in quella che sarà una nuova era di benessere collettivo.
Non ci sarà forse più la frenesia che ci distrae e fa dimenticare chi siamo e dove stiamo andando, ma si troverà il tempo per gustare cibo e persone con più consapevolezza e, perché no, riavvicinandoci alla fede nel modo più spontaneo.
 
Sto comprendendo così il senso di ogni volo preso e perso, ogni passo lento e veloce che ho condotto, anche quando mio padre mi chiamava dall’Italia per farmi tornare a casa perché gli mancavo, o a mia madre coi suoi pluri nomignoli, desaparecida e anima in pena…
Insomma la vita è una continua scoperta e solo noi sappiamo dove e come vogliamo andare, dobbiamo solo imparare a non farci travolgere dagli eventi ma cercare di vedere il lato positivo delle cose…
Ognuno è in grado se vuole di viaggiare con la mente e col cuore perché la nostra mente è colei che ci può portare ovunque lo desideriamo...

Margherita de Cles
(Continua)