Fulber, mostra antologica a Palazzo Trentini – Di Daniela Larentis

«Universi visionari. Pittura e arte sequenziale», curata da Maurizio Scudiero, è dedicata a uno dei protagonisti più poliedrici del panorama artistico trentino

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È stata da poco inaugurata a Trento alla presenza delle autorità, nelle splendide sale di Palazzo Trentini, «Universi visionari. Pittura e arte sequenziale», l’antologica dedicata a Fulber, nome d’arte di Fulvio Bernardini, uno dei protagonisti più poliedrici del panorama artistico trentino, apprezzato sia a livello nazionale che internazionale.
Curata dal critico d’arte Maurizio Scudiero, resterà aperta al pubblico dal 16 settembre fino al 15 ottobre 2022.
L’importante mostra, accompagnata da un esaustivo catalogo, si propone di raccontare attraverso grandi tele ad olio alcune correnti pittoriche, quali la Pop Art, la Street Art, il Surrealismo, l'Astrattismo e il Futurismo. Si tratta di rivisitazioni, in chiave ironica, di famose opere di indiscussi esponenti dell’arte contemporanea.
 
Sottolinea il Presidente del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento Walter Kaswalder: «Una mostra fuori dagli schemi, questa, che tra l’altro farà scoprire al pubblico la versatilità di Fulvio Bernardini, noto soprattutto per le fortunate strisce e illustrazioni a fumetti. Qui Fulber si misura con la pittura ad olio, tecnica prescelta per questa avventura espressiva certo ambiziosa, per quanto cerca di abbracciare un enciclopedico mondo dell’arte mondiale, che va da Roy Lichtestein a Basquiat, da Picasso a Dalì, da Haring fino a Modigliani.»
 

 
Spiega il curatore della mostra, in un passo del suo intervento critico: «Bernardini si lancia, trasversalmente, attraverso gli anni ’80 del secolo scorso, andando a «rivedere» due mostri sacri del Post-Pop: da una parte il figlioccio di Andy Warhol, quel Jean-Michel Basquiat che, come una super-nova, ha dato tutto e si è bruciato in pochi anni sull’altare della sregolatezza e dell’eccesso di eroina a soli 28 anni; dall’altra il primo, il re, dei graffitisti, passato dai muri della Subway a quelli del MOMA, quel Keith Haring pure lui bruciato giovane, a 32 anni, ma dall’AIDS.»

«Al primo dedica l’opera Angels, che cita un suo dipinto del 1982 titolato Fallen angel (Angelo caduto). La postura usata da Bernardini è la stessa dell’opera di Basquiat, ma il trattamento è del tutto diverso, in quanto se nell’originale, un angelo nero su fondo arancio è steso con la tipica pennellata nervosa, gestuale, dell’artista newyorkese, Bernardini riconduce il tutto alla più nitida orditura dello stile Lichtenstein.»
 
«Quanto a Keith Haring, Bernardini realizza l’opera titolata Gharing, nella quale mette assieme il grande graffitista americano con il suo personaggio dei fumetti più longevo, quel Gary, un cane pastore Bobtail, che inventò nel 1977 e che è tuttora pubblicato. Il pattern, la trama, di base del dipinto è quella tipica di Haring, ma la figurazione che Bernardini definisce per inversione di colore, è quella fumettistica di Fulber, con il suo cane Gary che agguanta la tipica silhouette degli omini di Haring. Qui, il rivisitismo è doppio, e non riguarda Lichtenstein, ma sia Haring che lo stesso Bernardini-Fulber.»
 

Cliccando l'immagine si avvia lo splendido gioco animato creato da Fulber.
 
Ed è sempre Maurizio Scudiero a evidenziare, a proposito di tre recenti opere che rivisitano il mito di altrettanti personaggi.
«La prima, titolata Elvis portrait (Ritratto di Elvis) è un omaggio a Elvis Presley, una delle più grandi icone Pop di sempre. Nel 45° anniversario della sua scomparsa, questo dipinto strizza l’occhio ancora una volta al cubismo di Pablo Picasso, una scelta stilistica che deriva anche dall’esigenza di rappresentare il volto di Elvis in modo inconsueto, cioè più spigoloso e dinamico, rispetto all’iconografia circolante.
«Ma, oltre ad Elvis, Bernardini presenta altri due dipinti che spaziano nel tempo, nella storia dell’arte di oltre un secolo, e cioè omaggiando da una parte Van Gogh, e dall’altra Frida Khalo, ovviamente nel suo inconfondibile stile che si è fatto negli ultimi anni via via sempre più raffinato.»
 
L’esposizione si pone l’obiettivo di andare oltre, coinvolgendo il visitatore in un’esperienza sensoriale molto particolare, grazie alla tecnologia digitale A.R. (Augmented Reality). Questa nuova tecnica consente alle opere d’arte e ai personaggi di animarsi, dando vita ad uno spettacolo unico nel suo genere e contribuendo a creare un maggiore dialogo emotivo tra l’opera e il visitatore, prolungandone anche il ricordo nel tempo: basterà inquadrare il dipinto esposto attraverso la fotocamera del proprio smartphone o tablet, per mezzo di una App scaricabile gratuitamente.
 

Nel notiziario di arte contemporanea, cultura pop e dintorni «Il Corriere visionario» (Graphic Line Studio - Fulber Creazioni), lo stesso artista racconta l’esperienza della realtà aumentata.
«Sempre più musei e spazi espositivi si stanno adattando alle nuove tecnologie digitali della Realtà Aumentata per esplorare modi differenti per interagire con il pubblico. Questa innovazione utilizzata anche nelle mie mostre espositive è data dalla tecnologia digitale AR, ovvero Augmented Reaality (da non confondere con la Realtà Virtuale) per creare dinamismo, azione e sonorità nelle opere esposte, e aumentare il coinvolgimento emotivo del pubblico.
«La tecnologia AR, che non toglie assolutamente nulla all’emozione che si percepisce nell’osservare l’opera appesa al muro, può essere infatti attivata e disattivata in qualsiasi momento, mentre la tela esposta è comunque sempre fisicamente presente.
«Il neologismo ART-E-MOTION©, configura un progetto proiettato verso l’Art Motion, una tecnica di animazione che permette all’opera d’arte e a i personaggi rappresentati di muoversi grazie alla digitalizzazione e al montaggio video, dando vita a un’esperienza suggestiva.»
 

 
Fulber, artista dalla personalità eclettica, nella sua lunga carriera ha sperimentato diversi generi, dal fumetto alla pittura ad olio, il suo primo amore (al quale è ritornato con opere di grandi dimensioni ispirandosi alla corrente artistica della Pop Art), all’editoria fino al linguaggio multimediale.
La sua produzione artistica è davvero notevole, ha realizzato collane illustrate, produzioni televisive per ragazzi, sigle animate e mostre di pittura nelle principali città europee, centinaia di iniziative connesse al rivisitismo, creando opere ispirate ai grandi maestri della pittura, da lui reinterpretate.
 
Conta al suo attivo prestigiosi riconoscimenti, fra i quali una Menzione Speciale per un lavoro a fumetti dedicato al grande etnografo trentino Giuseppe Šebesta, fondatore peraltro del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige, dal titolo L’uomo del Mondo altro.
Un suo lavoro, omaggio al grande artista futurista Fortunato Depero, è stato promosso da un istituto bancario trentino, riprodotto in grande scala ed esposto nel 2012 all’ingresso del Mart, museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
Successo anche per Pop Art, la recente esposizione allestita a Molveno da metà luglio a fine agosto di quest’anno.
Fulber firma le sue opere in maniera singolare: protagonisti delle sue tele sono infatti gli animaletti gialli, una sorta di spiritelli che rappresentano un marchio di fabbrica.
 

 
Mette in luce a tale proposito la critica d’arte e curatrice di mostre Francesca Barbi Marinetti, nipote di Filippo Tommaso Marinetti e figlia di Luce Marinetti.
«Se i contesti rivisitati mutano, da Dalì a Modigliani, da Picasso a Cézanne, un elemento distintivo è la presenza reiterata di piccole mascottes che popolano le opere di Fulber.
«Sono esserini gialli privi di tratti somatici, animaletti o demonietti con l’aureola, che interagiscono con la rappresentazione pittorica, come piccoli alter-ego dell’artista col ruolo di aiuto-regia per animare la scena.
«Fulber ricompone, con sensibilità rinnovata e alleggerita, opere originariamente cariche di pathos riposizionando i connotati psichici dei soggetti.»
 

 
Sonia Sbolzani, esperta di strategia e comunicazione d’impresa, giornalista specializzata in arte, cultura e turismo, enfatizza un aspetto particolare di alcuni lavori dell’artista.
«Molto interessante, a mio parere, nell’ottica di un Fulber maestro di storytelling, è il suo innovativo impiego di parole-chiave o descrittori in alcune sue opere (che per certi aspetti richiamano i suoni onomatopeici inseriti nei quadri di Lichtenstein), non solo e non tanto in funzione decorativa, ma anche come complemento essenziale della creazione in quanto elementi esplicativi che agevolano la lettura e la comprensione del lavoro stesso dell’artista.
«O meglio, di un artmaker che, nella sua determinazione progettuale rivisitistica, gioca con i codici della contemporaneità per restituircene un’immagine più umana, meno alienata, proiettata verso un futuro in cui valga la pena di credere.»

In conclusione, quella in corso a Palazzo Trentini è una mostra che rende omaggio alla sconfinata creatività di un artista che non cessa mai di stupire.

Daniela Larentis – [email protected]