La neuroscienza al Festival dell’Economia

Frans Van Winden spiega come abbattere la paura degli estranei

È necessario mettere in essere delle passerelle, dei ponti. Far sì che le persone stringano relazioni, vivano esperienze condivise e le diffondano ad amici e conoscenti. Solo così si creeranno effetti duraturi. Solo così i timori verso gli sconosciuti potranno essere sconfitti.


L'interazione promuove il legame sociale a patto che sia volontaria e che creai benefici comuni. Solo quando lo scambio di idee, emozioni, opinioni è pianificata e non legata al caso, subentra difatti l'interesse e la fiducia verso il proprio interlocutore.
Anzi. C'è di più. Se tali condizioni si verificano il rapporto diventa talmente intenso da farci condividere, in parte, la stessa identità dell'altro. E' dunque fondamentale migliorare i contatti fra i gruppi, etnici e non. Riuscire ad abbattere i pregiudizi.
Il pensiero in questione è quello di Frans Van Winden, docente di Economia all'Università di Amsterdam e noto esperto di economia delle scelte politiche, economia sperimentale, economia comportamentale e neuro-economics.

Pioniere nella sperimentazione di quanto le emozioni incidano sulle scelte economiche Van Winden sostiene che la diffidenza verso l'altro sia un segnale di un preciso processo psicologico che va compreso e ricostruito. Il tutto con uno scopo ben preciso: mettere in atto una catena che ci porti a «prenderci cura ed a fidarci vicendevolmente».

Un aiuto in tal senso può arrivare dalla neuroscienza, disciplina nata all'inizio degli anni '80 per mano di alcuni studiosi dell'Università di Harvard volta ad indagare l'encefalo attraverso l'ausilio di esperimenti in laboratorio e macchinari quali la tomografia e la risonanza magnetica. Strumenti che, contrariamente alle precedenti metodologie fisiche, rendono possibile indagare il cervello umano o animale nella sua assoluta integrità, senza invasività e alcuna interferenza con le normali funzioni cerebrali. Seguendo il flusso ematico, ad esempio, si scoprono quali aree celebrali vengono attivate e, di conseguenza, quali saranno i comportamenti, le reazioni che la persona attiverà.
«È molto importante sentire di appartenere a dei gruppi - spiega l'esponente della scuola di Amsterdam - Questo ci porta ad intrecciare legami sociali e a costruire insieme una rete, anch'essa sociale, che dà vita ad una identità comune e ad un sentimento di fiducia. Rete destinata però a dissolversi nel momento stesso in cui si ha a che fare con una persona non conosciuta.»

La dimostrazione arriva dal cosiddetto «gioco del bene comune». La gran parte degli estranei si comporta in maniera scorretta. Gli attori sono consci dell'esistenza di un beneficio comune ma individualmente non vogliono contribuire ad esso.
La prospettiva si ribalta completamente se le parti in causa sono amici. Sia il giocatore «A» che quello «B» si comportano in modo corretto. Da qui la domanda cruciale: È possibile far sì che gli estranei propendano per il bene dell'altro in mancanza di fiducia?
La risposta è affermativa, assicura il professor Frans Van Winden, ma non è cosa facile. La conditio si ne qua non? Stare assieme.
Migliore è l'interazione, più positivo è il rapporto sociale, più un individuo si preoccupa dell'altro.

Cosa possono fare i politici in questo senso? chiedono dal pubblico. Come può lo Stato garantire una pacifica convivenza tra i propri cittadini e gli immigrati, quando essa è imposta anziché voluta?
La soluzione, per Van Winden, è sempre la stessa: facilitare un'interazione significativa. Trovare forme di partecipazione multietniche tese al bene comune, come per esempio le attività di sicurezza del quartiere. La chiave vincente è proprio questa: fornire momenti di collaborazione, di confronto, di unione. Occasioni che ci facciano capire, una volta per tutte, che l'altro non è così diverso da noi. Che l'estraneo non è, per forza di cose, sempre e solo sinonimo di pericolo, di minaccia.

Chi non conosciamo può diventare amico. Chi, a priori, temiamo può rivelarsi meritorio della nostra fiducia. Bisogna pensare positivo, diffondere i buoni esempi di integrazione. In parole semplici, crederci.