L’autonomia del Trentino oggi – Di Mauro Marcantoni – 3
La prima esperienza regionale e la crisi del Primo Statuto
La prima esperienza regionale si basò su un’alleanza tra DC e SVP, che diede vita a una Giunta regionale presieduta dal democristiano Tullio Odorizzi.
A metà degli anni Cinquanta, tuttavia, i rapporti tra DC e SVP cominciarono a incrinarsi e l’iniziale collaborazione lasciò il posto a un clima di sospetto e diffidenza reciproca.
La SVP accusava il Governo centrale della mancata emanazione delle norme di attuazione e di voler riprendere le politiche di snazionalizzazione attraverso massicce immigrazioni di italiani.
Ma il principale elemento di contrasto era rappresentato dall’applicazione dell’articolo 14 dello Statuto, che la Volkspartei interpretava in una prospettiva di massimo trasferimento di competenze alle Province; la DC invece, più propensa a mantenere uno stretto contatto con il Governo italiano, insisteva sui benefici amministrativi e sulle semplificazioni burocratiche garantite dall’autonomia.
Nell’ottobre 1956 l’Austria riaprì la «questione altoatesina», sostenendo in un Memorandum che «non tutte le disposizioni del trattato di Parigi erano state attuate» e chiedendo l’istituzione di una Commissione mista italo-austriaca per l’esame di tutte le pendenze ancora irrisolte, al fine di assicurare la sopravvivenza del gruppo etnico sudtirolese.
In questo clima di esasperata conflittualità, in settembre si verificarono alcuni episodi di violenza che destarono grande preoccupazione.
Nei mesi successivi, gli attentati si moltiplicarono in tutto l’Alto Adige.
L’eco sulla stampa nazionale ed estera fu enorme, creando imbarazzo non solo nella classe politica trentina, ma anche nel Governo centrale.
Ai primi di febbraio 1957, Roma respinse con una nota tutte le accuse di inadempimento contenute nel Memorandum austriaco, pur dichiarando la disponibilità a prendere in considerazione ulteriori misure per la minoranza.
Nel frattempo, agli inizi del 1957, un’operazione delle forze di polizia aveva portato alla cattura degli esecutori degli attentati dei mesi precedenti. Tra gli arrestati figurava anche Friedl Volgger, personalità di spicco del mondo sudtirolese, ex deputato, vice segretario della Volkspartei e direttore del quotidiano Dolomiten.
La Volkspartei reagì aspramente, mentre il Sottosegretario agli Esteri Franz Gschnitzer a Innsbruck evocò nuovamente l’ipotesi di plebiscito per l’Alto Adige.
Ai primi di marzo venne emanata la tanto attesa sentenza della Corte Costituzionale sulla questione dell’articolo 14 dello Statuto, con una interpretazione assai restrittiva, dando così ragione a Odorizzi e alla classe politica trentina: fu un’ulteriore delusione per i sudtirolesi, che assunsero posizioni ancor più radicali.
A fine maggio si svolse il X Congresso della Volkspartei. La vecchia classe dirigente del partito di lingua tedesca, con un’azione a sorpresa, venne rimossa e sostituita dagli esponenti della corrente più intransigente e radicale, costituita per lo più da ex «optanti».
Tema dominante del Congresso furono il categorico rifiuto di dipendere dalla Regione e la rivendicazione dell’autonomia integrale per il Sudtirolo.
La nuova classe dirigente della SVP, guidata da Silvius Magnago, si apprestava, dunque, a guardare più a Innsbruck e a Vienna che a Roma.
Rielaborazione giornalistica dei contenuti del volume di Mauro Marcantoni STORIA, della Collana Abitare l’Autonomia - IASA Edizioni, Trento. |