Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi / 25

Sudtirolo: il ritorno del malcontento, italiano e tedesco – Di Mauro Marcantoni

Negli anni Ottanta, quando ormai le norme di attuazione erano arrivate a coprire quasi per intero le aree di intervento previste dal nuovo Statuto, in provincia di Bolzano tornò ad acutizzarsi il contrasto etnico.
Il gruppo linguistico italiano si trovò ad affrontare una situazione del tutto nuova, per la quale era in larga parte impreparato e alla quale faticava ad adeguarsi. Sotto la spinta di un malessere diffuso e generalizzato, vaste aree dell’opinione pubblica italiana cominciarono a mettere in discussione il Pacchetto, arrivando al punto di rifiutarne lo spirito e la filosofia di fondo.
 
Alle elezioni comunali del maggio 1985, questo disagio trovò espressione nella clamorosa débâcle dei partiti italiani sostenitori del Pacchetto e nella netta affermazione del Movimento Sociale Italiano, che in campagna elettorale aveva lanciato una petizione, sostenuta da numerosissime firme, per l’abolizione delle norme speciali sul bilinguismo e sulla proporzionale etnica.
A Bolzano il Movimento Sociale divenne il primo partito. A tutto ciò, la SVP rispose con un semplice documento in cui chiedeva una maggiore comprensione del significato dell’autonomia da parte degli italiani.
Il partito sudtirolese non volle dunque confrontarsi con le ragioni del malcontento, né riconoscere le contraddizioni che avevano caratterizzato i processi culturali, economici e sociali degli ultimi anni (che pure, occorre ricordarlo, avevano consentito al Sudtirolo di conseguire risultati notevoli nel campo dell’economia e dell’occupazione, grazie anche alle accresciute possibilità finanziarie assicurate dall’allargamento delle competenze provinciali).
 
In verità, una certa inquietudine serpeggiava in quegli anni anche nel gruppo dirigente della Volkspartei.
Innanzitutto perché alcune importanti norme di attuazione dovevano ancora essere emanate: in particolare la norma sull’istituzione del TAR di Bolzano e quella sull’uso della lingua tedesca nei procedimenti giudiziari e nei rapporti con la pubblica amministrazione.
Un ritardo per larga parte imputabile all’oggettiva complessità delle questioni rimaste in sospeso e che avrebbe portato, in realtà, notevoli vantaggi ai sudtirolesi, con l’emanazione nello Statuto di norme di attuazione particolarmente aperte.
Basti pensare che per la definizione della parificazione linguistica furono necessarie più di cento sedute della Commissione paritetica dei 6.
 
Il malessere interno al gruppo dirigente del partito era dovuto però anche alle crescenti difficoltà che la SVP incontrava nel proporsi come «Sammelpartei», ovvero come interlocutore politico unico nella soluzione della questione sudtirolese.
A destra della SVP erano nati, infatti, movimenti e partiti (il Südtiroler Heimatbund di Eva Klotz – successivamente trasformatosi nella Union für Südtirol – e il Freiheitliche Partei Südtirols) che facevano della secessione dall’Italia e dell’autodeterminazione la propria bandiera politica.
A sinistra invece i Verdi, con Alexander Langer, avevano avviato una lunga battaglia contro le cosiddette «gabbie etniche» e in generale contro l’intera filosofia del Pacchetto, fondata a detta dei Verdi non sull’integrazione, ma sulla netta separazione dei gruppi linguistici.

Mauro Marcantoni
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