«Aldo Moro, il dovere di un politico di fronte al mondo»

Intitolata allo statista la sala conferenze di Bellamonte: Messa celebrata da mons. Bressan, lectio magistralis di Paolo Pombeni, il ricordo della figlia Maria Fida

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«In ricordo di Aldo Moro che nella quiete e bellezza di questi luoghi trovò rinnovata serenità per il suo agire di uomo e di politico.»
È stata scoperta ieri pomeriggio la targa che intitola ad Aldo Moro la Sala Conferenze del Centro Servizi di Bellamonte.
A fianco l’opera Il dialogo, del sacerdote e scultore roveretano Marco Morelli.
E proprio all’uomo del dialogo è stato dedicato l’intero pomeriggio di ieri, primo appuntamento tra quelli organizzati dall’Amministrazione di Predazzo per ricordare il centenario della nascita dello statista italiano, che qui ha trascorso le sue vacanze in famiglia dal 1964 al 1977.
 
 L’OMELIA DI BRESSAN 
Si è iniziato alle 16 con la Santa Messa celebrata dall’arcivescovo emerito di Trento monsignor Luigi Bressan, che nella sua omelia ha posto l’accento sull’impegno europeo di Aldo Moro e Alcide Degasperi, anche lui legato a Predazzo, paese natale della madre.
«In questo momento difficile per i dissensi interni, per le sfide economiche, per i movimenti xenofobi, per le azioni terroristiche, per la necessità di un nuovo umanesimo guardiamo a questi due leader, per trarne la forza di non gettare la spugna e ripiegarci in un fallace narcisismo.»
Ad animare la cerimonia, il coro Negritella, molto amato da Aldo Moro, per il quale si era più volte esibito, anche in occasioni informali.
 

 
 I SALUTI ISTITUZIONALI 
Dalla cerimonia religiosa a quella civile: la sindaca Maria Bosin ha sottolineato come sia importante ricordare Aldo Moro per ciò che ha fatto, pensato e detto in vita e non solo per la sua morte. Sono stati poi letti i messaggi istituzionali giunti all’Amministrazione.
«Aldo Moro, che tanto ha amato la vostra terra, è stato un uomo di grandi visioni e saggezza politica, – sono le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. – La sua natura intellettuale, la sua capacità di lettura della società lo hanno reso un riferimento nella crescita democratica dell’Italia del Dopoguerra.
«Questa sua attitudine si combinava in lui con una sincera propensione al dialogo con le persone che gli stavano attorno e con una viva attenzione alle loro esigenze e ai loro bisogni.
«Mi auguro che questi segni della storia vengano trasmessi alle giovani generazioni le quali, giustamente proiettate verso le innovazioni e verso il futuro, saranno più forti se affronteranno i necessari cambiamenti con i valori migliori della loro comunità.»
 
Il segretario particolare del presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato il saluto di Matteo Renzi.
«Inesorabilmente una comunità senza memoria s’impoverisce di culture e la conoscenza del vivere di un passato, non troppo lontano, in questi tempi che corrono veloci e non lasciano il tempo alla riflessione, costituisce esigenza imprescindibile per saggiare la strada del nostro cammino.»
 
Il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha definito Moro «un autentico costruttore di pace», mentre il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Papa, ha scritto: «Auspico che la straordinaria esperienza dell’uomo politico e del credente, susciti negli amministratori della cosa pubblica e in tutti i cittadini rinnovato impegno nella costruzione della città terrena, nella costante e fruttuosa promozione nella cultura del nostro tempo degli autentici valori umani e cristiani.»
 

 
 LA LECTIO MAGISTRALIS DI POMBENI 
«Il dovere di un politico di fronte al mondo» è il titolo della lectio magistralis di Paolo Pombeni (foto sopra), che ha ripercorso le vicende di Moro, dalla sua formazione giovanile nella Azione Cattolica all’esperienza nell’Assemblea Costituente («quella che da più di un punto di vista formò il carattere della sua esperienza politica»), fino al suo ruolo all’interno della Democrazia Cristiana, mettendone in evidenza le fasi più importanti e quelle più critiche.
Pombeni ha sottolineato che «per Moro, come dimostrerà in tutta la sua vita, la politica era una professione nel senso alto ed etimologico della parola: una dichiarazione di fedeltà al proprio mandato di membro della classe dirigente.»
Lo storico ha poi concluso: «Aveva sempre mantenuto fede a quella formazione che gli aveva insegnato che la politica è responsabilità di fronte al mondo, alla storia e, per un credente, al disegno divino.
«Responsabilità che significava essere costruttori di concrete evoluzioni e non semplici annunciatori di speranze che non si sapeva quanto potessero essere realizzabili.»
 

 
 IL RICORDO DELLA FIGLIA 
Il ricordo di Maria Fida Moro ha avuto come filo conduttore quello dei canti di montagna. Dopo l’esecuzione del brano preferito di Aldo Moro, Monte Canino, la figlia ha sottolineato come questo genere di musica rappresenti al meglio suo papà.
«I canti di montagna parlano quasi esclusivamente di guerra, ma senza rancore. Ricordano la vita di mio padre che, come tanti soldati su queste montagne, ha affrontato la vita e la morte con coraggio e mitezza, senza odio.»
Maria Fida Moro ha quindi invitato i presenti a ricordare suo papà intonando tutti insieme «Zom zu la Belamonte».
 

 
 I RICORDI DEGLI AMMINISTRATORI DI ALLORA 
Italo Craffonara era sindaco quando Aldo Moro decise di trascorrere le vacanze prima a Predazzo e poi a Bellamonte.
«Ricordo che amava fare lunghe camminate. Scherzando, dicevo che nella campagna di Predazzo aveva ritrovato il suo Tavoliere delle Puglie.
«Veniva sempre a trovarmi e chiacchieravamo a lungo: ha dimostrato grande sensibilità, prendendosi a cuore i problemi del paese, come per esempio l’esigenza di un nuovo edificio per le scuole medie.»

Sulla stessa linea i ricordi di Giacomo Boninsegna, sindaco negli ultimi anni di vita di Moro.
«Una volta, per lasciarlo in pace durante le meritate vacanze, non l’ho invitato al tradizionale incontro. È stato lui a contattare la segretaria comunale per chiedere di essere ricevuto: è stata per me, giovane amministratore, una grande lezione sull’importanza del rispetto dei ruoli istituzionali.
«L’ho salutato per l’ultima volta il giorno dell’Epifania del 1978: era scosso per un attentato appena successo a Roma. Sembrava avesse un presentimento su ciò che sarebbe successo a lui stesso pochi mesi dopo.»
 
Infine, la testimonianza di Valentino Felicetti, ex corista del Negritella, che ha ricordato le lunghe e divertenti serate trascorse con la famiglia Moro nella taverna dell’Hotel Bellamonte. Moro era molto affezionato al coro Negritella, tanto che in più di un’occasione lo sostenne anche con alcuni contributi.
A chiudere la celebrazione, l’assessore provinciale Mauro Gilmozzi, che ha portato il saluto del presidente della Provincia Ugo Rossi.