L’impronta del cambiamento climatico sul volto della Terra

Al via un progetto che utilizza i dati satellitari per comprendere quanto e come il cambiamento climatico incida sul nostro pianeta

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Estensione delle aree desertiche. Variazioni nella flora e nella fauna. Territori consumati da fenomeni naturali estremi. Il cambiamento climatico sta trasformando il volto della Terra.
Per analizzare i dati satellitari disponibili da quasi 30 anni e comprendere cosa stia accadendo alla superficie terrestre c’è ora un progetto innovativo («High Resolution Land Cover Essential Climate Variable»), che ha avuto il suo atto iniziale ieri a Frascati nella sede del Centro europeo per l'osservazione della Terra (Esrin) dell’Agenzia spaziale euroepa (Esa).
 
Il progetto, coordinato dal Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione dell’Università di Trento, vede la partecipazione della Fondazione Bruno Kessler e di istituti di ricerca internazionali leader nel settore del telerilevamento e in ambito climatologico.
Il progetto a guida UniTrento è inserito in un programma scientifico di punta dell'Agenzia spaziale europea sul Climate Change, a cui potrà dare un apporto di primo piano.
Al team di ricerca è chiesto, infatti, di sviluppare un sistema per elaborare i dati satellitari e generare mappe di copertura del suolo da integrare all’interno di modelli climatici.
 
I risultati così ottenuti contribuiranno a stilare il rapporto sul clima che viene poi usato a livello politico internazionale per decidere le strategie di mitigazione.
Il coordinatore Lorenzo Bruzzone, professore del Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione dell’Ateneo di Trento, dove è responsabile del laboratorio di telerilevamento (RSLab), sottolinea: «Il nostro è l’unico progetto a guida italiana dell’intero programma Esa sul Climate Change e nella prima fase sarà finanziato con un milione e 700 mila euro.»
 
Bruzzone racconta: «I satelliti per l’osservazione della Terra sono ormai un’irrinunciabile sorgente di informazione per studiare l'evoluzione della copertura della superficie terrestre. Analizzeremo l'enorme mole di dati satellitari (big data) acquisiti attualmente dalle costellazioni di satelliti in orbita e quelli disponibili negli archivi a partire dal 1990. Il sistema di elaborazione automatica utilizzerà sofisticate tecniche di elaborazione e riconoscimento immagini basate su reti neurali artificiali deep e intelligenza artificiale.»
 
Quale sarà il metodo di lavoro del team, coordinato da Bruzzone? «Nel progetto prevediamo di inserire l'informazione proveniente dall’elaborazione dei dati satellitari nei modelli climatici per studiare e comprendere meglio i cambiamenti degli ultimi 30 anni. Ciò sarà fondamentale per supportare le previsioni di quello che avverrà sulla base dell’impiego dei futuri dati satellitari che verranno elaborati automaticamente dal nuovo sistema. La prima fase del progetto studierà in dettaglio a livello sub continentale l’Amazzonia, l’Africa sahariana e la Siberia. Un aspetto molto rilevante è che i risultati di questo progetto diventeranno una fonte importante di informazione per elaborare il rapporto sul clima che viene poi usato a livello politico internazionale per decidere le strategie di mitigazione.»