Il fenomeno Nibali, uno «squalo» al Giro d’Italia
All’Auditorium Santa Chiara Il fascino della corsa in rosa raccontata dal campione siciliano
Foto ©Marco Oss.
Il Giro d’Italia è da 110 anni - la prima edizione risale al 1909 - è l’avvenimento sportivo più iconico del nostro Paese.
Al Festival dello Sport ne hanno parlato Vincenzo Nibali, il ciclista italiano più forte degli ultimi 40 anni, e il presidente di Rcs MediaGroup, Urbano Cairo.
«Il Giro d’Italia – ricorda Nibali – è un insieme di cose. Era il mio desiderio fin da bambino, poi è diventato un’emozione nel 2007 tanto da togliermi il sonno nei giorni precedenti il mio esordio e, successivamente, è diventato gloria, con le mie due vittorie.»
La passione dei tifosi è nel ricordo di Cairo.
«Anch’io lo guardavo da bambino – ricorda il presidente Rcs – e mi riavvicinai al Giro qualche anno dopo grazie alle gesta di Pantani.
«Oggi ho l’onore di trascorrere qualche tappa a bordo dell’ammiraglia del direttore di gara e ogni volta mi impressiona la passione che questa corsa si porta dietro.»
Il Festival dello sport ha ricordato la figura di Felice Gimondi, fenomeno delle due ruote recentemente scomparso.
«È stato uno dei grandi dello sport. A lui ho sempre ammirato una qualità, lo sprint che a me manca», – ammette Nibali.
Dopo Gimondi, gli uomini del Giro d’Italia hanno anche celebrato un altro campione scomparso, Marco Pantani.
Il Giro d’Italia 2020, l’anticipazione è arrivata oggi, regalerà un arrivo a Madonna di Campiglio.
L’appuntamento dedicato alle due ruote ha chiuso il festival e sul palco per i saluti finali, oltre a Cairo, c’erano anche il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, e il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti.
«È stata un’edizione straordinaria e il mio ringraziamento va a quanti hanno lavorato per questo risultato, dalla Gazzetta dello Sport a Trentino marketing al personale della Provincia di Trento. Arrivederci al prossimo anno.»
Vincenzo Nibali ha conquistato due volte la maglia rosa, nel 2013 e nel 2016, firmando una tappa epica: l’arrivo alle Tre Cime di Lavaredo sotto una nevicata imprevista.
Per arrivare sul podio del Giro d’Italia, Nibali ha attraversato la Penisola, partendo dalla Sicilia e passando per la Toscana.
«Il trasferimento in un centro sportivo della Toscana – racconta il fenomeno delle due ruote – mi fu consigliato dai tecnici.
«La mattina si studiava e il pomeriggio si pedalava e questo mi portò nel 2002, a 17 anni, a vincere il bronzo ai mondiali juniores e, due anni dopo, la seconda medaglia a Bardolino, sempre in una gara a cronometro.»
I ricordi di Nibali al Giro, seppur con una carriera ancora aperta, tornano agli esordi.
«Nel 2005 il giro partiva da Reggio Calabria, dal lungomare. Io non ero convocato ma il direttore sportivo di allora mi chiamò per farmi passare una settimana con i compagni e Petacchi. Fu un’emozione vedere la partenza del Giro. Sapevo che di lì a pochi anni ci sarei stato io.»
E Nibali il Giro lo interpreta da protagonista nel 2010.
«Avevo vestito la maglia rosa per la prima volta, vincendo ad Asolo nella cronometro a squadre. Persi la maglia sulle strade bianche di Siena e fu una delusione difficile da dimenticare.»
Il Giro d’Italia incorona lo Squalo nel 2013, anno segnato dal passaggio alla nuova squadra, l’Astana: «Eravamo un team fortissimo e puntammo decisi al Giro d’Italia».
Il secondo giro arriva nel 2016, grazie ad un compagno di squadra, Michele Scarponi, suo compagno di squadra morto nel 2017: «Lui era in fuga per la vittoria ma rallentò fino a portarmi al traguardo.»
Una nuova pagina di storia, Nibali la scrive nel 2017 quando, sotto una nevicata, vince la tappa con arrivo alle Tre Cime di Lavaredo: «È stata una prova incredibile perché nessuno si aspettava di trovare la neve in cima».
Dal presidente Cairo arriva un auspicio: «L’italia dovrebbe accompagnare con maggiore coinvolgimento il Giro, perché è il migliore messaggio dell’Italia che portiamo in 194 paesi di tutto il mondo. In Francia il Tour è molto più partecipato anche da parte delle istituzioni.»
A dividere il palco con Vincenzo Nibali e Urbano Cairo, ci sono anche Paolo Bellino, direttore generale di Rcs Sport, Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia, Davide Cassani, Ct della Nazionale di ciclismo, e Auro Bulbarelli, direttore di Rai Sport, già prima voce del ciclismo in Rai.
Dalla conversazione tra i protagonisti del Giro sono arrivate due anticipazioni sull’edizione 2020 del Giro d’Italia: la partenza a Budapest e l’arrivo a Madonna di Campiglio.
Di Trentino si è parlato anche grazie alle gesta di due atleti di casa, Matteo Trentin (secondo classificato) e Gianni Moscon (quarto) ai recenti mondiali di ciclismo.
Grazie a loro, l’Italia è stata ad un passo dalla conquista di un titolo che manca da troppi anni.
È il loro commissario tecnico, Davide Cassani, il testimone della delusione ma che comunque conferma il valore dei nostri ciclisti.
«Dopo la gara sono entrato nel tendone dove c’era Trentin che batteva i denti per il freddo. Accanto a lui, la moglie piangeva. Matteo non è riuscito a dirmi nulla della sua corsa generosa e del suo argento. Voleva vincere. Tutti quanti abbiamo sperato di vincere e quell’urlo ci è rimasto in gola.»