Daniel Gros ne è convinto: «L'Austerità alla lunga paga»

Forse il direttore del Ceps di Bruxelles ha ragione, ma intanto ci siamo giocati il futuro dei nostri figli

L'austerità alla lunga ricompensa gli sforzi messi in campo, ne è convinto Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies di Bruxelles, oggi in video conferenza con Tito Boeri, Angelo Baglioni e Silvia Merler nell'incontro promosso da «lavoce.info», coordinato da Pino Donghi.
«Da quando è iniziata l'unione monetaria, l'Italia e il Belgio sono entrati entrambi con lo stesso debito pubblico, ma poi il Belgio ha applicato una politica fiscale molto restrittiva, mentre in Italia si è fatta una scelta opposta.
«Ebbene, durante la crisi il Belgio non ha avuto difficoltà, a differenza dell'Italia, e nonostante la sua austerity da molti giudicata eccessiva è cresciuto molto più dell'Italia.»
 
Daniel Gros ha quindi portato il caso greco, spiegando che «nella democrazia non sempre vincono gli argomenti migliori, quanto la maggioranza».
Angelo Baglioni, che insegna Economia politica presso la Cattolica di Milano, ha portato una tesi diversa, spiegando che la crisi ha fatto prevalere, a livello di governance europea, il cosiddetto metodo intergovernativo che impedisce una «visione europea» a favore di una «contrattazione fra le nazioni, dove l'interesse del più forte, ovvero del paese più grande, finisce per prevalere».
E il caso Grecia è emblematico in questo senso: «Qui la trattativa è fra Germania e Grecia, mentre le istituzioni europee sono sullo sfondo».
 
A rispondere alla domanda della conferenza è stata Silvia Merler, «affiliate fellow» a Bruegel, che ha spiegato come l'Europa abbia già imparato dai suoi errori, visto che – anche se ci ha impiegato un po’ – dopo la crisi ha introdotto «meccanismi di salvaguardia del debito sovrano».
E poi, di fronte ai rischi di crisi fiscali ha «istituito regole fiscali» precise, mentre di fronte ai rischi di inflazione ha creato una «banca centrale indipendente».
Rimangono però molte problematicità: «La divisione nord sud alla quale siamo tristemente abituati in Italia sta diventando la norma anche in Europa», senza considerare la necessità di un lungo aggiustamento dopo la crisi, che avrà un costo sociale molto alto.
 
Infine Tito Boeri, presidente dell'Inps oltre che direttore scientifico del Festival dell'Economia, ha puntato l'attenzione sul fenomeno della disoccupazione.
«In Europa, a differenza che in altri Stati, è continuata a crescere anche dopo la crisi e non solo va evidenziata la grande dispersione della disoccupazione in Europa, con l'aumento del divario fra i paesi che ha raggiunto i 15 punti percentuali.»
Questo fenomeno altrove è molto più contenuto: «Negli Usa il divario al massimo è di 5 punti.»
Le motivazioni, secondo il presidente dell'Inps [Boeri – NdR], dipendono da più fattori, in particolare da un'interazione fra «lo shock che hanno subito i paesi durante la crisi e le riforme istituzionali».
Vi è poi un dato che non è mai stato messo in evidenza, che mostra come questa crisi sia stata diversa in Europa rispetto agli Usa: «Si tratta del tasso di partecipazione alla forza lavoro. Generalmente durante la crisi la partecipazione tende a diminuire, perché ci sono persone che vanno in pensione prima o si ritirano dalla vita attiva. Ebbene, in questa crisi a differenza che in passato il tasso di partecipazione è continuato da aumentare e questo ha creato forti tensioni.»
 
Tito Boeri ha quindi portato l'esempio di due paesi, Spagna e Germania: nel primo è aumentata la disoccupazione in modo esponenziale, nel secondo è diminuita, perché si è lavorato molto sulla flessibilità dei lavoratori.
Diversi i margini di azione per l'Europa: «Bisognerebbe potenziare la compensazione che si dà ai lavoratori dopo licenziamento, introdurre un sistema di assicurazione per la disoccupazione a livello europeo, permettere ai paesi una maggiore flessibilità sulle pensioni. È necessaria una maggiore tutela, l'Europa potrebbe in tal senso premiare i governi che adottano soluzioni migliori.»